V, 2022/2

Chiara Giorgi, Ilaria Pavan

Storia dello Stato sociale in Italia

Review by: Giovanni Bernardini

Authors: Chiara Giorgi, Ilaria Pavan
Title: Storia dello Stato sociale in Italia
Place: Bologna
Publisher: Il Mulino
Year: 2021
ISBN: 9788815291288
URL: link to the title

Reviewer Giovanni Bernardini - FBK-ISIG e European University Institute

Citation
G. Bernardini, review of Chiara Giorgi, Ilaria Pavan, Storia dello Stato sociale in Italia, Bologna, Il Mulino, 2021, in: ARO, V, 2022, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2022/2/storia-dello-stato-sociale-in-italia-giovanni-bernardini/

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Sono molte le ragioni per cui l’ampio volume di Giorgi e Pavan è destinato ad affermarsi come riferimento per la storiografia sull’Italia contemporanea. Innanzitutto, esso non si limita a condensare l’esperienza accumulata dalle due autrici negli ultimi anni, attraverso lavori individuali e congiunti, sulla storia dello stato sociale italiano. Trascendendo il contributo di conoscenze e approfondimenti che il libro fornisce su aspetti specifici, infatti, esso fa della lunga durata la sua prima ragione di forza. Dopo un’introduzione che dà conto, tra l’altro, del dibattito internazionale sul concetto e sulla tipizzazione del welfare state, i sei capitoli in cui lavoro è diviso scandiscono l’evoluzione dello stato sociale italiano attraverso le varie fasi del «breve Ventesimo secolo», che gli hanno conferito molti dei caratteri riconoscibili ancora oggi. Da qui la prima evidenza dell’utilità del volume: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, la scelta del lungo periodo finisce per evidenziare più le continuità che le rotture. Dalla ricostruzione emergono quindi vizi, tare, ritardi prodotti da dinamiche ormai secolari, che nemmeno i ripetuti cambi di regime hanno potuto, saputo o voluto modificare radicalmente ma tutt’al più contenere e adattare ai tempi nuovi. Non è dunque un caso che termini come «particolarmismi» e «frammentazione» tornino costantemente tra le pagine e che il lettore possa considerarli come caratteristiche ancora attuali del sistema previdenziale, assistenziale e sanitario italiano. Su questo sfondo, il volume ha buon gioco nel mostrare come straordinarie (nell’accezione letterale del termine) le fasi e le iniziative nelle quali a prevalere è stato piuttosto quell’approccio universalistico che ha trovato ben maggiore diffusione in altri contesti nazionali: è innanzitutto il caso della lunga e laboriosa costruzione del Servizio Sanitario Nazionale, inaugurato nel 1978, cui il volume dedica un intero capitolo.

Altri elementi di riflessione, caratterizzati dalla compresenza di sorprese e conferme, vengono dalla scelta delle scansioni cronologiche, alle quali grossomodo corrisponde la struttura del volume. Significativa è la scelta di aprire con un capitolo dedicato alla tarda epoca liberale e soprattutto alle iniziative intraprese in campo sociale dall’élite politica e governativa già durante la Prima guerra mondiale, che non cessa di rivelarsi come vero «battesimo di sangue» del XX secolo anche sotto questo punto di vista. Il capitolo rivela così quanto ampio e urgente sia stato il dibattito dell’epoca attorno alla necessità che il nuovo protagonismo delle masse determinato dal conflitto trovasse una soddisfazione, se non addirittura un risarcimento per i sacrifici sofferti, nella creazione spesso ex novo di una legislazione e di apparati dediti alla questione sociale. Accanto a significative innovazioni e a tentativi di imitazione delle esperienze d'oltreconfine, quel breve periodo pose le basi (tra luci e ombre) di un’impalcatura che il fascismo prossimo a venire, al di là della propaganda battente tipica del «regime della menzogna», si guardò bene in molti casi dal rimettere in discussione. Questa evidenza introduce un’altra costante su cui il volume insiste a più riprese: la ripetuta discrasia tra le cesure della storia politica italiana e di quella istituzionale, in questo caso in ambito sociale. L’altro merito innegabile è l’impietosa disamina con cui molti dei miti duri a morire sulla dimensione sociale del fascismo vengono affrontati e decostruiti con dovizia di particolari. In sostanza, soprattutto a partire dagli anni Trenta, il regime mussoliniano rese il sistema dello stato sociale italiano ancora più clientelare, paternalistico, discrezionale su base politica e morale, nonché sottofinanziato a paragone di quanto accadeva negli altri paesi europei, di quanto non fosse già accaduto in epoca liberale; nel contempo le istituzioni previdenziali e assistenziali create in quegli anni subivano un’elefantiasi che ne minava l’efficienza e ne faceva presto delle macchine da finanziamento indebito per le iniziative belliche.

Dopo il crollo del regime, la difficile nascita della sicurezza sociale nella prima era repubblicana rivela la compresenza irrisolta tra le genuine intenzioni di miglioramento di una parte del mondo politico e la perpetuazione di istituti, prassi e mentalità del periodo precedente. In tal senso, il volume sottolinea la permanenza gravida di conseguenze di un welfare incentrato sulla figura del lavoratore maschio, sulla costruzione sociale di un ruolo subalterno per la donna, sulla centralità della famiglia cui restano demandate mansioni sociali fondamentali, sulla continua presenza (soprattutto in ambito sanitario) delle istituzioni di natura religiosa. Al di là degli innegabili miglioramenti apportati, i primi due decenni post-1945 appaiono dunque come una sorta di transizione incompiuta del welfare italiano, che affrontò in affanno e con scarsa preparazione gli sconvolgimenti apportati alla società italiana dall’epoca del «miracolo economico». A tale situazione cercò di porre rimedio con alterne fortune la formula governativa del centrosinistra, le cui riforme sono oggetto del capitolo successivo e di quello già citato sulla creazione del Servizio Sanitario Nazionale. Il giudizio delle autrici, in definitiva, ribadisce la tensione irrisolta tra i tanti miglioramenti che quella fase recò al welfare italiano e la delusione per quanto rimase soltanto sulla carta, a cominciare dal quadro complessivo della programmazione in cui il rinnovato stato sociale si sarebbe dovuto inscrivere.

Chiude il volume un capitolo sui difficili anni Ottanta, che videro aggravarsi le distorsioni e le contraddizioni irrisolte senza che le molte proposte di riforma trovassero una sintesi e soprattutto un’applicazione concreta; distorsioni e contraddizioni amplificate nel decennio successivo dagli ulteriori vincoli esterni posti all’economia e alla società italiana dall’approfondimento del processo di integrazione europeo, a cominciare dal Trattato di Maastricht.

In definitiva, il volume non ha come obiettivo la polemica sulla necessità di riforme dello stato sociale italiano, quanto piuttosto quello di alimentare tale indifferibile dibattito politico attraverso una seria e vasta ricerca storica e una sintesi accessibile a qualunque lettore. Ricerca che, inoltre, apre la strada a innumerevoli future esplorazioni di specifici segmenti tematici o temporali: spunti preziosi per un campo in cui la storiografia italiana ha ancora molto lavoro da fare.

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