IV, 2021/3

Giuseppe Dossetti
Enrico Galavotti, Fabrizio Mandreoli (eds.)

L'Eterno e la storia. Il discorso dell'Archiginnasio

Review by: Luigi Giorgi

Authors: Giuseppe Dossetti
Editors: Enrico Galavotti, Fabrizio Mandreoli
Title: L'Eterno e la storia. Il discorso dell'Archiginnasio
Place: Bologna
Publisher: Edizioni Dehoniane Bologna
Year: 2021
ISBN: 9788810559765
URL: link to the title

Reviewer Luigi Giorgi - Istituto Luigi Sturzo

Citation
L. Giorgi, review of Giuseppe Dossetti, Enrico Galavotti, Fabrizio Mandreoli (eds.), L'Eterno e la storia. Il discorso dell'Archiginnasio, Bologna, Edizioni Dehoniane Bologna, 2021, in: ARO, IV, 2021, 3, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/3/l-eterno-e-la-storia-il-discorso-dellarchiginnasio-luigi-giorgi/

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Giuseppe Dossetti è stato una delle figure centrali nel Novecento italiano e non solo. Un personaggio ineludibile per comprendere alcune delle dinamiche e degli eventi più importanti del cosiddetto «secolo breve». Nato a Genova per puro caso nel 1913, si trasferirà ben presto nel reggiano. Docente universitario poi partigiano e presidente del CLNP reggiano, sarà quindi costituente, fra i protagonisti di quella stagione, nelle fila della Democrazia cristiana, di cui fu due volte vicesegretario partecipando alla stagione riformistica del centrismo (Cassa per il Mezzogiorno, riforma agraria). Lasciata la politica alla fine degli anni Cinquanta, diventerà collaboratore del cardinale Giacomo Lercaro, del quale sarà al seguito durante i lavori del Concilio ecumenico Vaticano II, cui fornirà un apporto originale e determinante. Trasferitosi poi in Medio Oriente, dopo aver impiantato in Italia una famiglia monastica (la Piccola Famiglia dell’Annunziata), diverrà attento osservatore delle dinamiche internazionali e nazionali, spendendo la propria voce per la difesa della pace e dei valori costituzionali.

Il libro curato da Galavotti e Mandreoli, che da anni lavorano proficuamente attorno alle vicende di Giuseppe Dossetti, propone una ricostruzione del contesto nel quale il Comune di Bologna conferì al monaco reggiano, il 22 febbraio 1986, l’Archiginnasio d’oro, la più alta onorificenza cittadina. In tale occasione Dossetti tenne uno dei suoi discorsi forse più noti, anche perché formulato dopo un lungo silenzio: «Quello finalmente pronunciato il 22 febbraio 1986 sarebbe stato in ogni caso il primo vero intervento pubblico di Dossetti da trent’anni a quella parte», ricorda Galavotti (p. 78).

Il testo si compone del discorso del sindaco della Bologna di allora, Renzo Imbeni, di quello di Giuseppe Lazzati che rimedita la biografia dell’amico e dell’intervento dello stesso Dossetti. Nella seconda parte Galavotti ricostruisce il contesto nel quale esso si svolse; Mandreoli propone i tratti di continuità della riflessione dossettiana tentando di valutarli alla luce delle vicende dell’oggi. Nel testo si trova, inoltre, una breve appendice in cui compaiono una lettera del cardinale di Bologna Biffi a Dossetti (inedita), un messaggio di quest’ultimo al sindaco Imbeni, nonché la risposta del primo cittadino, anch’essa inedita.

Il piccolo volume, pur affrontando un tema già da tempo all’attenzione degli storici, ha il merito di ricostruirlo nella sua completezza fornendogli una diversa risonanza nell’economia del pensiero dossettiano e nel contesto locale e nazionale nel quale si inserì.

Il discorso dell’Archiginnasio costituisce, come scrive Mandreoli, «un discorso di soglia» (p. 99) nella vicenda dossettiana, perché apre una nuova stagione: «che se da un lato ricapitola tappe decisive dell’esistenza di Giuseppe Dossetti, dall’altro apre a una serie di penetranti considerazioni – poi proposte nei successivi dieci anni – sulla vita cristiana, su quella sociale e politica» (pp. 99 - 100).

È un discorso in cui Dossetti, in maniera prospettica, getta i semi dei suoi interventi futuri segnati dalla constatazione di una crisi generale del mondo occidentale e cristiano, e dalla necessità di rispondere a queste sfide in modo nuovo. È un intervento fondamentalmente di speranza, che riformula le criticità sulle quali aveva riflettuto negli anni Cinquanta e che, seppur di fronte alle difficoltà, non perde la volontà di comunicare una sorta di fiducia nel futuro. Vi saranno in seguito momenti difficili nei quali egli spenderà parole gravi e dense (come in occasione della Prima guerra del golfo) mai però perdendo la visione di una speranza: «Egli sostiene un cristianesimo interiore e una presenza nella storia non ossessionata dalla rilevanza, dalla visibilità, dal successo immediato», ricorda Mandreoli (p. 136).

I curatori pongono in rilievo la capacità di lettura dei processi storici ed ecclesiali di Dossetti, per molti versi: «di faglia», scrive Galavotti (p. 98). Essa rappresenta uno dei motivi, tra altri, per i quali il Consiglio comunale felsineo gli conferì l’onorificenza.

Una motivazione che, come si evince dal discorso di Imbeni, risentiva anche di una interpretazione se vogliamo «interessata» della sinistra rispetto a Dossetti. Il riferimento è al passaggio nel quale il sindaco bolognese faceva riferimento alla contrarietà dossettiana al Patto Atlantico (cfr. p. 17). Affermazioni che Andreatta, intervenendo in Consiglio comunale, contestò, ricorda Galavotti (cfr. pp. 74-75).

Lazzati dipinse il percorso dossettiano come un cammino per condurre le masse, uscite dalla Seconda guerra mondiale, oltre il liberalismo e il marxismo, verso un’attiva partecipazione alla vita politica: «da perseguire attraverso una coscientizzazione non fatta di pura conflittualità ma di appropriata comprensione dei rapporti, vero intreccio di diritti e di doveri, di cui dovrebbe vivere la città dell’uomo secondo il dettato della Costituzione» (pp. 23-24).

Uno dei passaggi a mio parere più significativi del discorso di Dossetti, nel quale egli con poche parole ricapitola una parte del suo impegno, è quello dove descrive la vita del cenobio monastico non come fuga ma, proprio perché distaccata, dice, da ogni curiosità verso il transeunte e la cronaca quotidiana, come comunione con l’Eterno «con tutta la storia, quella vera non curiosa, non frantumata nella pura quotidianità, non cronachistica, la storia della salvezza: di tutti gli uomini e soprattutto la storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, di coloro che non hanno 'creatività' » (p. 48).

Ecco forse il messaggio ultimo di Dossetti, veicolato attraverso quell’intervento: il tentativo di colmare, partendo da se stessi, le fratture della storia e andare incontro cristianamente agli ultimi.

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