III, 2020/1

Michael Knapton
Andrea Gardi, Gian Maria Varanini, Andrea Zannini (eds.)

Una Repubblica di uomini

Review by: Enrico Valseriati

Authors: Michael Knapton
Editors: Andrea Gardi, Gian Maria Varanini, Andrea Zannini
Title: Una Repubblica di uomini. Saggi di storia veneta
Place: Udine
Publisher: Forum Editrice
Year: 2017
ISBN: 9788832830262
URL: link to the title

Reviewer Enrico Valseriati - Istituto storico italo-germanico, FBK

Citation
E. Valseriati, review of Michael Knapton, Andrea Gardi, Gian Maria Varanini, Andrea Zannini (eds.), Una Repubblica di uomini. Saggi di storia veneta, Udine, Forum Editrice, 2017, in: ARO, III, 2020, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2020/1/una-repubblica-di-uomini-enrico-valseriati/

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Nato con l’intento di omaggiare l’autore in occasione del suo pensionamento, il volume ripercorre la carriera di uno dei più noti e prolifici specialisti di storia veneziana degli ultimi decenni, attraverso la ripubblicazione di nove saggi, di cui sette in italiano e due in inglese, usciti in sedi editoriali disparate tra il 1981 e il 2014, selezionati tra i ben 230 contributi firmati dall’autore tra il 1975 e il 2017 (pp. XXXI-XLVII). Michael Knapton, considerato dai curatori – a ragione – un vero e proprio “ponte linguistico e culturale tra due ambienti e due storiografie” (p. XIX), è stato tra i primissimi studiosi di Venezia ad aver connesso il grande interesse per la storia lagunare coltivato nel mondo anglosassone alla tradizione storiografica italiana, impersonata nello specifico da Gaetano Cozzi, con cui Knapton creò a Venezia una proficua collaborazione dopo essersi formato a Oxford sotto il magistero di Philip Jones. La scelta dei saggi è stata compiuta tenendo conto dei principali filoni di ricerca battuti dall’autore, da sempre distintosi per un’attenzione particolare non solo all’unicità di Venezia come case study a sé stante, ma anche alle dinamiche politiche, sociali e culturali del suo ‘Stato da terra’, un’area piuttosto trascurata, in precedenza, dalla storiografia inglese e americana.

Il rapporto di forza, inizialmente non del tutto conflittuale, tra Venezia e il suo Stato in formazione nel corso del XV secolo viene ripercorso nella prima sezione della raccolta, in cui l’attenzione è concentrata principalmente sul caso padovano a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. Prendendo spunto dagli studi di Angelo Ventura [1], Knapton riconosce con originalità i limiti del delicato equilibrio tra Venezia, le campagne e le sedi principali di podesterie (Padova, Vicenza, Verona, Brescia e Bergamo), basato su un fragile sistema di accordi bilaterali siglati tra dominante e dominati agli inizi del XV secolo. Padova, una città che aveva espresso nel medioevo una forte coscienza di sé negli organismi comunali e poi signorili, funge da esempio perfetto per comprendere la “penetrazione del governo veneziano” (p. 9) e l’esautorazione delle élites locali messe in atto da Venezia al principio della sua espansione nell’entroterra. L’autore, a tal proposito, riconosce cinque cause principali: 1) l’esclusione del notabilato padovano dall’attività giudiziaria, affidata in maniera esclusiva a magistrati provenienti dalla laguna; 2) la vicinanza geografica alla capitale; 3) la penetrazione fondiaria veneziana, che erose importanti patrimoni terrieri in pianura ai nobili patavini; 4) la presenza dello Studium, su cui Venezia eserciterà vere e proprie forme di controllo, ma solo a partire dal Cinquecento; 5) l’eccessivo carico fiscale sostenuto da Padova, specie rispetto agli altri capoluoghi di Terraferma, fatta eccezione per Brescia. Tali ragioni fomentarono “il risentimento e il nervosismo di un’élite consiliare fortemente intrisa di giuristi” (p. 75), sfociati infine, dopo la rotta di Agnadello (1509), nel distacco da Venezia e quindi nella dedizione a Massimiliano I. Il merito dell’analisi di Knapton risiede inoltre nell’aver posto l’accento su un possibile terreno d’incontro tra Padova, una città assai poco indagata anche in tempi recenti [2], e Venezia, ovvero le politiche più strettamente economiche (“Certainly, there was convergence between the Paduan civic élite and Venetian government in fundamental tenets of policy regarding land”, p. 134).

Il volume, nel secondo e nel terzo blocco di saggi, dà spazio ad altri due campi d’interesse in cui l’autore si è cimentato con profitto durante la sua carriera, ovvero la visione di sintesi sullo Stato veneziano in età moderna [3] e le recensioni. Non potendo dar conto di tutti i contributi, varrà la pena almeno accennare al saggio La trasmissione delle conoscenze di governo nelle relazioni dei rettori veneziani (pp. 154-198). Questa recente riflessione sulle relazioni dei rettori – i rapporti consegnati dai rappresentanti della sovranità marciana al Senato alla fine del proprio mandato in Terraferma – fa luce su una tipologia documentaria tanto utilizzata quanto forse poco compresa o mal interpretata [4]. Frutto sicuramente di una precisa volontà di conoscenza del Dominio da parte delle alte magistrature veneziane, le relazioni, come ricorda l’autore, “hanno carattere ben diverso dalla documentazione per così dire ordinaria, corrente” (p. 177). Benché non debba essere sottovalutato il valore documentale di queste preziose fonti, Knapton ci ricorda che le relazioni tendono pur sempre a presentare l’operato dei rettori in un’ottica esclusivamente positiva, a fronte di difficoltà politiche, economiche e sociali più o meno contingenti e reali. Difficile è poi stabilire quanto queste scritture, spesso basate su modelli letterari e strutturate secondo uno schema piuttosto ripetitivo, siano state lette e utilizzate dalle alte magistrature veneziane per effettivi “scopi d’ufficio” (p. 197).

Quanto all’ultima sezione del libro, merita certamente un cenno la recensione-saggio ‘Nobiltà e popolo’ e un trentennio di storiografia veneta (pp. 267-292), apparso per la prima volta su “Nuova Rivista Storica” (fasc. LXXXII, 1, 1998). Il contributo inserisce con intelligenza il volume di Ventura, già richiamato sopra [1], entro una precisa stagione politica e storiografica, ponendo in risalto gli apporti più innovativi dell’opera e ripercorrendo la ricezione del celebre volume ‘gramsciano’ di Ventura. Knapton, che fornisce una più moderna interpretazione sullo Stato veneziano e sui rapporti centro-periferia, riconosce il notevole apporto di Ventura in merito, soprattutto, a una visione più sociale e meno istituzionale dell’azione politica veneziana in Terraferma, nella quale si manifestarono esplicite rimostranze verso le aristocrazie locali, chiusesi progressivamente in senso oligarchico a partire dalla fine del Quattrocento. Ma è proprio nell’aperta critica anti-aristocratica avanzata da Ventura – un pendant del paradigma storiografico della crisi – che Knapton vede uno dei limiti di 'Nobiltà e popolo'; un libro, ad ogni modo, che ha indicato “fruttuosamente la strada da percorrere” a molti studiosi nell’ultimo quarto del Novecento (p. 292).

Una Repubblica di uomini è un libro indispensabile per chiunque si avvicini alla storia della Repubblica di Venezia, a prescindere dalla declinazione epistemologica che le mode storiografiche ‘impongono’ alla storia politica europea dell'età moderna. Forse non sarà facile riconoscere un unico filo conduttore all’interno dei saggi qui raccolti, tale da restituire una compatta visione d’insieme sullo Stato regionale veneziano. Ma questo non è nemmeno lo scopo del libro, che vuole essere piuttosto un primo strumento per approfondire l’opera storiografica di uno studioso veramente internazionale; un inglese che ha saputo affrontare da prospettive assai diverse e con fini capacità analitiche un attore fondamentale dell’Italia del Rinascimento, quale fu la Repubblica, sentendosi “a suo agio tanto nelle austere sale delle università della madrepatria, quanto nelle osterie di Venezia o di Padova” (per usare le sentite parole dei curatori: p. XIX).

 

[1] A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del ’400 e ’500, Bari, Laterza, 1964.

[2] Si auspica che nell’immediato futuro vedano la luce ricerche più aggiornate dal punto di vista storiografico sul ceto dirigente padovano nella piena età moderna, in linea con le acquisizioni scientifiche maturate, negli ultimi decenni, sui casi di Verona, Vicenza, Brescia e Bergamo. Costituisce una positiva eccezione il volume di A. Caracausi, Dentro la bottega. Culture del lavoro in una città d'età moderna, Venezia, Marsilio, 2008. 

[3] Oltre ai contributi pubblicati nel volume, converrà ricordare almeno i capitoli redatti da Knapton in La Repubblica di Venezia nell’età moderna, I (con G. Cozzi), Torino, Utet, 1986 (Guerra e finanza, 1381-1508, pp. 273-353) e II (con G. Cozzi e G. Scarabello), 1992 (Tra Dominante e dominio, 1517-1630, pp. 201-549).

[4] Per l’edizione cfr. Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, 14 voll., a cura dell’Istituto di Storia economica dell’Università di Trieste, dir. A. Tagliaferri, Milano, Giuffrè, 1973-1979. Si veda inoltre, sulla fonte in questione, il volume d’indagine critica  A. Tagliaferri (ed), Venezia e la Terraferma attraverso le relazioni dei rettori, Atti del convegno (Trieste, 23-24 ottobre 1980),  Milano, Giuffrè, 1981.

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