III, 2020/1

Flavio Rurale

Ecclesiastico e gentiluomo

Review by: Umberto Grassi

Authors: Flavio Rurale
Title: Ecclesiastico e gentiluomo. Clero, sesso e politica nella prima età moderna
Place: Viterbo
Publisher: Sette Città
Year: 2018
ISBN: 9788878537927
URL: link to the title

Reviewer Umberto Grassi - University of Maryland

Citation
U. Grassi, review of Flavio Rurale, Ecclesiastico e gentiluomo. Clero, sesso e politica nella prima età moderna, Viterbo, Sette Città, 2018, in: ARO, III, 2020, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2020/1/ecclesiastico-e-gentiluomo-umberto-grassi/

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Con Ecclesiastico e gentiluomo Flavio Rurale ha scritto un’importante pagina della storia della Chiesa in Italia nell’epoca moderna, aggiungendo ulteriori elementi a un terreno già dissodato da autori come Giovanni Romeo e Michele Mancino (Clero criminale). Il tema è quello della “mondanità” del clero. Rurale si concentra, in particolare, sull’influenza della cultura aristocratica su una parte del ceto ecclesiastico, e su come questa abbia dato forma ai suoi rapporti con la politica, l’arte della guerra e il sesso. Primo e secondo stato (chierici e nobili) erano strettamente legati. In un contesto in cui la carriera ecclesiastica costituiva lo sbocco privilegiato per i figli cadetti delle famiglie aristocratiche, l’ordinazione non segnava una rottura radicale con il passato. Ecclesiastici di rango erano politicamente impegnati a difendere l’onore e gli interessi materiali e politici del proprio casato, condividendo con i loro pari percorsi di istruzione, riferimenti culturali e codici comportamentali. Questi ultimi erano quelli elaborati, nel corso del Cinquecento, da testi di formazione celeberrimi come Il Cortegiano di Baldassare Castiglione (1528), Il Galateo di Giovanni della Casa (1558) o La Civil Conversazione di Stefano Guazzo (1574). Nel corso del Seicento poi, attraverso l’istituzione dei Collegi, l’ordine dei Gesuiti assunse il monopolio nella formazione della classe dirigente, contribuendo attivamente a dare forma alla figura del moderno aristocratico, pronto a cimentarsi con le esigenze mondane tanto quanto doveva esserlo a coltivare la pietà cristiana.

Questi ideali di civiltà e “urbanità” andavano di pari passo con la celebrazione del valore militare e incarnavano una mascolinità permeata dall’etica della conquista. È questo aspetto dell’etica dell’“ecclesiastico gentiluomo” a determinare la condotta sessuale, esuberante e sregolata, del clero rinascimentale. In essa si mescolavano ostentazione della virilità ed esercizio del potere e della violenza di genere. Tra il XVI e il XVIII secolo, l'intera classe dirigente, di cui il clero era parte integrante, sembrava infatti sottrarsi alle rigide norme della morale sessuale cristiana. Questa constatazione, documentata con cura nei casi concreti che Rurale ha riportato alla luce nella terza e quarta parte del libro, lo porta a concludere che, riguardo alla questione della libertà sessuale e del “diritto al piacere”, non è possibile “tracciare una netta separazione … tra il libertinismo cinque-seicentesco da una parte, contrassegnato da attributi che ne definiscono l’assoluta alterità (anticuriale, irreligioso, ateo addirittura, e ovviamente aperto a ogni tipo di esperienza sessuale), e la predominante cultura cristiana dall’altra (cattolica o protestante non fa differenza)” (p. 205).

Nel fare questo, tuttavia, Rurale non cede alla tentazione di una lettura anacronisticamente secolarizzante della società del tempo. Nel corso del libro, non cessa di ribadire come la fede, per gli uomini e le donne di allora, contasse davvero. La commistione di fede e politica non era percepita con la stessa dissonanza con cui oggi molti di noi la interpretano. Né la si può ridurre a un semplice uso della religione per “ragione di stato”. Molti principi aspiravano realmente alla salvezza dell’anima e si preoccupavano di comprendere come la volontà di Dio si dispiegasse nella storia per potersi porre in sintonia con essa e realizzare, così, le loro fortune. Il fatto che queste fossero poi spesso ispirate a visioni estremamente limitate, se non egoistiche, costituiva contraddizione che non tutti percepivano come tale all'epoca.

Ecclesiastico e gentiluomo ha il pregio di non limitarsi al punto di vista maschile. Molte donne, nell’aristocrazia italiana del tempo, avevano un ruolo importante nelle complicate operazioni diplomatiche che regolavano i rapporti sia tra Stati sia tra Chiesa e potere secolare. Promuovevano programmi di riforma politica e spirituale, appoggiando personaggi a volte pericolosamente vicini all’eterodossia religiosa. Nonostante la preponderanza dello sguardo dell’uomo, esse non emergono dalle fonti del tempo solo come oggetti di piacere, ma anche come soggetti in grado di interloquire francamente e apertamente con coloro che gestivano il potere. Tra questi, ecclesiastici di diversa formazione e rango, sulle cui decisioni potevano influire e la cui ascesa sociale, o i cui progetti di riforma politica e spirituale, avevano il potere di promuovere e sostenere. La relazione complessa tra donne e religiosi, come emerge bene dagli studi di caso presentati da Rurale, è stata a più riprese oggetto di un severo controllo da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Controllo che raggiunse il culmine nel rigoroso disciplinamento della pratica della direzione spirituale da parte dei tribunali ecclesiastici, attraverso la creazione del dispositivo giuridico della sollicitatio ad turpia.

Il libro, in linea con gli intenti della collana in cui è pubblicato ("Plus Ultra – Studi di storia" dell’editore Sette Città), mira a raggiungere un pubblico ampio. Lo stile di Rurale è accattivante e cattura il lettore. Per me, storico delle sessualità trasgressive, è stato un invito a ripensare il tema del “diritto al piacere” da una prospettiva più ampia e inclusiva, non solo in ambiti di sovversione (fossero essi di élite o di resistenza popolare e dal basso). Inoltre, dall’analisi dei casi concreti, e in particolare di quello del frate minore Cesare Arrigoni nella Modena estense, emerge chiaramente come gli ecclesiastici fossero, negli antichi stati italiani come nelle grandi monarchie iberiche, veri e propri “intellettuali organici” al servizio, nelle corti, dei loro patroni (p. 177). Arrigoni non era un membro dell’aristocrazia che utilizzava la mondanissima arte del governo per proteggere, o accrescere, gli interessi del proprio casato. Il duca Cesare d’Este lo nominò suo teologo di corte, proteggendolo dalle inimicizie che la loro relazione privilegiata aveva alimentato nel convento di cui il religioso faceva parte e nel quale rischiò perfino di essere ucciso. A chi dunque gli ecclesiastici dovevano giurare fedeltà, ai loro superiori o ai principi secolari? Non si trattava solo di interessi materiali e politiche familiari, ma di “quanto fosse labile allora il confine tra le materie di Stato (politiche, finanziarie e militari) e le questioni ‘di coscienza’ di competenza del confessore e del teologo di corte” (p. 188).

L’analisi dei casi è preceduta, nelle prime due parti del libro, da una sintesi storica che mira a fare chiarezza su due questioni di grande rilevanza per comprendere il contesto in cui essi avevano avuto luogo: come si sia affermato il principio del celibato ecclesiastico e come, nel corso del medioevo, il legame tra aristocrazie ecclesiastiche e militari sia diventato organico. Il tentativo di introdurre temi così complessi in una forma agile e godibile per un pubblico non specialistico è arduo. Se dal punto di vista stilistico esso è perfettamente riuscito, il ricorso frequente a similitudini tra passato e presente apre alcuni problemi. Stimolando un approccio basato sul senso comune, esso fa sfuggire quali siano le condizioni, e i rapporti di forza, che fanno sì che il senso comune si costruisca come tale. Al contempo, il libro corre il rischio di far prendere al lettore, soprattutto a quello non specialista, una parte per il tutto. Sebbene il suo centro sia il nesso tra aristocrazia e clero, risulterebbe opportuno segnalare come il fatto che le gerarchie sociali fossero riprodotte nelle gerarchie interne alla Chiesa costituisse un elemento strutturale della società del tempo. Le profonde connessioni esistenti tra basso clero e ceti popolari, anche per quanto riguarda la morale sessuale e gli ideali di mascolinità aggressiva, sono un aspetto importante di questa storia che crediamo non possa essere isolato completamente, se non al prezzo di restituire l’immagine di un mondo a compartimenti stagni. A parte queste piccole considerazioni di metodo, il libro illumina aspetti inediti della vita culturale, religiosa e politica del tempo, aprendo una pagina importante nella storia delle relazioni tra sessualità, fede e potere nell’epoca moderna.

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