VI, 2023/3

Nadine Rossol, Benjamin Ziemann (eds.)

Aufbruch und Abgründe

Review by: Gustavo Corni

Editors: Nadine Rossol, Benjamin Ziemann
Title: Aufbruch und Abgründe. Das Handbuch der Weimarer Republik
Place: Darmstadt
Publisher: wbg (Wissen, Bildung, Gemeinschaft Verlag)
Year: 2021
ISBN: 9783534273751
URL: link to the title

Reviewer Gustavo Corni - già Università di Trento

Citation
G. Corni, review of Nadine Rossol, Benjamin Ziemann (eds.), Aufbruch und Abgründe. Das Handbuch der Weimarer Republik, Darmstadt, wbg (Wissen, Bildung, Gemeinschaft, 2021, in: ARO, VI, 2023, 3, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2023/3/aufbruch-und-abgrunde-gustavo-corni/

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Esce in contemporanea in versione tedesca e inglese - con il più asciutto titolo Oxford Handbook on the Weimar Republic Oxford University Press – un fondamentale volume curato da due storici, l’uno tedesco e l’altra irlandese, emigrati nel mondo anglosassone e lì profilatisi come studiosi fra i più attivi della storia della prima repubblica tedesca. Le dimensioni sono impressionanti: poco meno di mille pagine a stampa di grande formato, con 32 contributi scritti da storici tedeschi, anglosassoni, svizzeri e olandesi; una bibliografia imponente che copre una novantina di pagine. Spiace solo che sia del tutto trascurata la produzione in lingua francese e quella italiana. Penso al fondamentale studio di Rusconi sui rapporti fra stato e classe operaia, che la storiografia internazionale non ha mai preso in considerazione.[1] Si tratta senza dubbio del più ambizioso e articolato tentativo di fare i conti con quel periodo così breve, ma altrettanto denso e complesso, della storia tedesca ed europea. Un periodo che per lungo tempo è stato preso in esame solo (o soprattutto) in quanto rifletteva le conseguenze del conflitto mondiale dalle cui ceneri la repubblica era emersa e/o come prodromo per certi aspetti ineluttabile dell’avvento al potere di Hitler con la sua brutale ed aggressiva dittatura.

In un breve, ma denso saggio introduttivo i curatori, scorrendo le principali tappe dell’interpretazione data dagli storici a quella vicenda, esprimono con chiarezza il loro obiettivo: fare il punto di una storiografia internazionale debordante offrendo a un pubblico il più vasto possibile gli strumenti per capire la complessità e contraddittorietà della vicenda weimariana, cercando di superare «i ben noti clichées e formule». Il volume è organizzato secondo lo schema dei fortunati Handbooks di matrice anglosassone, che da noi non hanno mai avuto fortuna (forse perché i volumi pesano troppo?): raccogliere secondo una struttura ben articolata e ponderata dai curatori una fitta serie di contributi specifici e settoriali, che si possono leggere allo stesso tempo singolarmente e tutti assieme. Contributi che a stampa occupano una ventina di pagine e poco più ciascuno e sono stati scritti da studiosi di primo piano, in molti casi giovani accademici, in qualche altro (Jones, Banarowski, Geyer, Nolan) specialisti di lungo corso. Singolarmente i contributi offrono un’analisi compatta e aggiornata sullo stato delle conoscenze di un determinato aspetto – quasi una mini-monografia. Presi nel loro insieme ci danno una ben più articolata e densa bussola per capire il tema: in questo caso la repubblica cosiddetta di Weimar. Fra l’altro, i curatori sostengono che uno dei primi ad usare questa formula sminuitiva sarebbe stato Hitler – un po’ in parallelo con la Repubblica di Salò nostrana.

Il volume è suddiviso in cinque parti. La prima è intesa come un inquadramento cronologico di massima, che in qualche modo offre un contesto per le successive, più monotematiche. Quattro saggi inquadrano i quattro periodi nei quali convenzionalmente si può scandire la vicenda repubblicana: la rivoluzione (che i curatori definiscono più opportunamente come un processo intenso e quasi frenetico di mobilitazione politica di massa), il periodo dell’inflazione fino al 1923, la seconda metà del decennio, segnata da una coesistenza non priva di contraddizioni fra «formazione di coalizioni» e «frammentazione politica», e la quarta, che segna la transizione dalla democrazia alla dittatura. Segue una parte particolarmente ricca (otto contributi) sulle «condizioni di quadro della politica», in cui specificamente vengono analizzati la costituzione, sistema elettorale ed elezioni, il ruolo delle forze armate, la politica estera, la politica sociale ed altri aspetti più propriamente politici. I curatori ammettono in effetti che la chiave analitica prevalente adottata nel volume è quello della storia politica. Ciò è dimostrato anche da una terza parte (cinque saggi), che esamina alcuni aspetti dei sistemi partitici. Al nazionalsocialismo è dedicato ovviamente un interessante saggio specifico. La quarta parte ha per titolo generale Società ed economia e consta di otto capitoli/saggi, in cui vengono presi in esame, oltre a più convenzionali categorie, come la stratificazione sociale, anche aspetti meno consueti, come le questioni di genere, la transnazionalità e la visione della modernità, gli ebrei e l’ebraismo, la gioventù. La quinta e ultima parte prende in esame un altro topos degli studi weimariani: la cultura. Sono sette saggi che offrono letture di più ampio respiro sulle scienze sociali, le arti visuali, la letteratura, le culture religiose. Rispettando la loro impostazione metodologica i curatori sottolineano che le punte più avanguardistiche della cultura del periodo non possono essere schematicamente assunte a cifra per interpretarlo nel suo insieme; non ci si può dimenticare che la Germania non è Berlino e che accanto alle avanguardie larghi settori della popolazione sono legati a schemi culturali antiquati, tradizionali, tutt’altro che d’avanguardia. Questa ultima parte rispecchia senza dubbio più direttamente la tendenza della storiografia anglosassone, ma anche di lingua tedesca, più recente.

L’aspetto a mio avviso più interessante è che il manuale non calca la mano su una prospettiva analitica: quella di storia politica, o quella di storia sociale, o quella culturale, ma persegue un equilibrio fra stagioni differenti e approcci differenti alla vicenda della repubblica. I curatori e i singoli autori dei contributi sono molto attenti ad equilibrare discontinuità e continuità, a mettere in evidenza gli aspetti moderni, avanguardistici della vicenda repubblicana non trascurando però quelli che rimandano alle continuità culturali, sociali, economiche e politiche. La cifra del volume è quella della complessità, della varietà, della contraddittorietà, che non può assolutamente essere ricondotta a unità, in una lettura monotematica: “Weimar come esperimento”, “Weimar come anticamera del nazionalsocialismo”, “Weimar come fallimento”.

Questa impostazione di metodo non è sovrapposta dai curatori, a mo’ di chiave interpretativa, ma emerge dai contenuti dei singoli, interessanti, contributi. Non ci possiamo certo soffermare in questa recensione sulla grande ricchezza di ciascuno di essi. Tuttavia, ne constatiamo complessivamente una grande ricchezza di approcci, che rendono questa manuale un aiuto prezioso per tutti coloro che intendessero comprendere un poco meglio uno dei momenti cruciali della storia europea, oltre che tedesca, rifuggendo dai luoghi comuni.

Peccato che dall’asfittica editoria saggistica di casa nostra probabilmente questo volume sarà considerato “troppo pesante”, troppo costoso, e temo di non sbagliare nel prevedere che non verrà tradotto.

 

[1] G. E. Rusconi, La crisi di Weimar. Crisi di sistema e sconfitta operaia, Torino, Einaudi, 1977.

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