VI, 2023/3

Damien Tricoire, Lionel Laborie (eds.)

Apocalypse Now

Review by: Michele Lodone

Editors: Damien Tricoire, Lionel Laborie
Title: Apocalypse Now. Connected Histories of Eschatological Movements from Moscow to Cusco, 15th-18th Centuries
Place: London - New York
Publisher: Taylor & Francis (Routledge)
Year: 2022
ISBN: 9780367532345
URL: link to the title

Reviewer Michele Lodone - Università di Modena e Reggio Emilia

Citation
M. Lodone, review of Damien Tricoire, Lionel Laborie (eds.), Apocalypse Now. Connected Histories of Eschatological Movements from Moscow to Cusco, 15th-18th Centuries, London - New York, Taylor & Francis (Routledge), 2022, in: ARO, VI, 2023, 3, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2023/3/apocalypse-now-michele-lodone/

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Nel 2001 Sanjay Subrahmanyam indicava nella «congiuntura millenaristica» che nel Cinquecento attraversò il continente eurasiatico un promettente esempio di storie connesse[1]. A poco più di vent’anni di distanza Damien Tricoire e Lionel Laborie hanno raccolto la sfida, riunendo una decina di specialisti e specialiste intorno ad alcune domande comuni: perché idee e movimenti escatologici sono tanto diffusi nell’epoca che in occidente si definisce prima età moderna? Esistono delle connessioni tra movimenti apocalittici e messianici pressoché contigui, nello spazio o nel tempo, ma nati nell’ambito di culture e religioni diverse? Rispetto al saggio di Subrahmanyam il baricentro geografico dell’indagine qui è spostato più ad occidente (non più tra il Portogallo e l’India, ma tra il mondo slavo e il continente americano). Lo spettro dei fenomeni considerati è inoltre più variegato, perché in luogo dei “movimenti politici millenaristici” studiati da Subrahmanyam – interessato al millenarismo non tanto come strumento nelle mani degli oppressi, quanto come «ideologia usata dagli stati per consolidare le proprie posizioni»[2] – il volume si concentra su “movimenti escatologici” composti da uomini e donne che per varie ragioni affermavano di vivere alla fine dei tempi e della storia umana. La persistenza del termine “movimento” è da sottolineare, e meriterebbe una riflessione a parte: dal momento che non ricorre nelle fonti della prima età moderna, viene da chiedersi quando e come sia diventato una categoria storiografica. L’elasticità del concetto (che può indicare un comportamento collettivo più o meno spontaneo o organizzato) e la sua natura interdisciplinare (perché tale comportamento può fondarsi sull’adesione a comuni principi politici, religiosi e così via) lo rendono comunque uno strumento utile per lo studio delle credenze escatologiche e delle loro conseguenze politiche e sociali, e i saggi riuniti da Tricoire e Laborie lo mostrano nel modo più evidente.

Il volume è composto da undici saggi, suddivisi in tre sezioni intitolate Reformations, Messianisms e Messianic Kings. La prima sezione è aperta dal contributo di Martin Pjecha, Táborite Revolutionary Apocalypticism: Mapping Influences and Divergences, che passa in rassegna le possibili fonti dell’ala più radicale del movimento hussita, quella dei Taboriti, per cercare di comprenderne la novità. I Taboriti furono degli apocalittici “rivoluzionari”, nella misura in cui miravano a creare, anche per mezzo della violenza, un mondo radicalmente nuovo. L’associazione tra apocalittica e violenza rivoluzionaria, tuttavia, non aveva precedenti. Se in passato si sono suggerite le “influenze” più diverse (i valdesi, il Libero Spirito, i lollardi, l’eredità di Gioacchino da Fiore), il saggio spiega i limiti di queste proposte – anche della pista più interessante, quella gioachimita, a favore della quale depongono diversi manoscritti di profezie circolanti in Boemia, lette e usate però, a quanto pare, dagli avversari degli hussiti o da hussiti moderati. Pjecha sottolinea inoltre la possibilità di un’ispirazione meno eterodossa, quella del neoplatonismo cristiano: un’indicazione che ricorda l’idea di Delio Cantimori di un nesso tra il neoplatonismo fiorentino e gli eretici italiani del Cinquecento, e che potrebbe rivelare ulteriori connessioni nel tempo e nello spazio. Proprio il rapporto tra eresie medievali e Riforma protestante è al centro del saggio di Ingrid Würth, Heretical Eschatology and Its Impact on Radical Reformation Movements: The Flagellants of Thuringia in the Fourteenth and Fifteenth Centuries, Thomas Müntzer, and the Anabaptists, che ipotizza una continuità tra le attese apocalittiche dei Flagellanti, presenti in Turingia fino alla fine del Quattrocento, e l’apostolato promosso nella stessa regione da Thomas Müntzer. All’interpretazione apocalittica del diffondersi della Riforma come segno della fine dei tempi è dedicato invece il contributo di Damien Tricoire (Terror, War and Reformation: Ivan the Terrible in the Age of Apocalypticism), che si concentra non sulle reazioni del mondo cattolico, studiate da tempo, bensì sul modo in cui la Riforma ha favorito l’emergere di attese apocalittiche in Moscovia. In particolare, Tricoire spiega lo scatenarsi del terrore contro gli oppositori e i critici della guerra in Livonia, durante il regno di Ivan IV il Terribile (1547-1584), alla luce dei conflitti religiosi che negli stessi anni attraversavano la Francia e in generale l’Europa del Cinquecento.

La seconda parte, la più ampia del volume, comprende cinque saggi incentrati sulle connessioni tra le attese messianiche diffuse nel mondo ebraico e in quello cristiano. Moti Benmelech (A Messiah from the Left Side) mette in luce gli elementi cristiani presenti negli scritti dell’ebreo convertito Diogo Pires, alias Shlomo Molcho. Negli anni Venti del Cinquecento Molcho tornò alla fede ebraica, e prima di essere arrestato per ordine di Carlo V e condannato a morte (a Mantova, nel 1532), elaborò una dottrina messianica nutrita anche del dialogo col mondo cristiano, come mostrano la sua nozione di peccato originale e la sua interpretazione di Isaia 53. Il contributo di William O’Reilly, Millenarian News and Connected Spaces in 17th-Century Europe, è dedicato invece alla comparazione tra alcune coeve espressioni messianiche proposta dal diplomatico e storico inglese Paul Rycaut (1629-1700). Già autore di un best seller sulla situazione politica e sociale dell’Impero ottomano (The Present State of the Ottoman Empire, 1666), nel 1669 Rycaut, allora console britannico a Smirne, pubblicò una History of the Three Late, Famous Impostors: in quest’opera le recenti vicende di tre profeti, e soprattutto di Sabbatai Zevi, consentivano all’autore di criticare indirettamente il millenarismo coltivato nell’Inghilterra del tempo, insistendo sui pericoli economici e politici del fanatismo religioso e sulla stretta connessione tra libertà di commercio e tolleranza religiosa. Sina Rauschenbach (Carvajal and the Franciscans: Jewish-Christian Eschatological Expectations in a New World Setting) si concentra sui rapporti tra messianismo ebraico e cristiano in Messico, analizzando una fonte eccezionale: l’autobiografia e le lettere di Luis de Carvajal, condannato a morte dall’Inquisizione nel 1596. Secondo l’autrice, l’evidente intenzione di Carvajal di presentarsi come un martire ebreo non esclude che egli abbia elaborato parte delle proprie dottrine (ad es. rispetto al ruolo escatologico attribuito al Nuovo Mondo) sulla scia del millenarismo dei francescani, con cui era entrato certamente in contatto negli anni trascorsi presso il collegio imperiale di Santa Cruz di Tlatelolco. Le tracce impresse, al contrario, dall’ebraismo sul millenarismo cristiano sono indagate nei saggi di Elisa Bellucci (Kabbalistic Influences on “Pietistic” Millenarian Expectations: Philipp Jakob Spener’s (1635-1705) Eschatological View Between Scripture and Christian Kabbalah) e Agnieszka Zaganczyk-Neufeld (Everyday Apocalypse: Russian and Jewish “Sects” at the End of the Eighteenth Century). Bellucci studia il peculiare millenarismo di Spener, pronto a ricorrere anche alla Kabbalah per capire il senso della Scrittura e fiducioso – a differenza di Lutero – nel contributo che l’umanità poteva dare, con l’aiuto della grazia, nel costruire il regno di Dio sulla terra. Zaganczyk-Neufeld si concentra sulle possibili influenze dell’ebraismo, in particolare nella sua variante caraita, su alcune sette religiose diffuse in Russia nella prima età moderna, i Molocani e i Subbotniki.

La terza e ultima parte del volume mette a fuoco le figure messianiche attese prima della fine dei tempi. L’idea di un re “nascosto” (encubierto), che al momento opportuno sarebbe provvidenzialmente emerso dall’oscurità è un tratto noto della cultura politica e religiosa iberica; il saggio di Claudio César Rizzuto, Margins of the Encubierto: The Messianic Kings’ Tradition in the Iberian World (15th–17th Centuries), ha tuttavia il merito di studiare in maniera congiunta le numerose interconnessioni tra la tradizione messianica portoghese, quella spagnola e le attese diffuse, nei domini iberici al di là dell’oceano. In Mirror Images: Imperial Eschatology and Interreligious Transfer in Seventeenth-Century Greek Orthodoxy, Nikolas Pissis esplora le profezie sulla prossima fine dell’Impero ottomano coltivate dalla fine del XVI secolo dai greci residenti nell’Impero e a Venezia. Questo immaginario, che rimase principalmente un fenomeno testuale, non ispirò un vero e proprio movimento messianico o millenaristico, ma diede un fondamento escatologico a diverse rivolte anti-ottomane. Nel caso studiato da Pissis emerge inoltre chiaramente l’intreccio tra le tre diverse linee concettuali che informano il volume: gli scambi interreligiosi, la percezione reciproca delle attese apocalittiche presenti in altre religioni, e la possibilità di risposte culturali analoghe ad analoghe sollecitazioni politiche o sociali. Nell’ultimo capitolo (Restorers of the Divine Law: Native American Revolts in the New World, Christianity, and the Quest for Purity in the Age of Revolution), Catherine Ballériaux e Damien Tricoire inseriscono in una storia su scala più ampia di quanto fatto finora le ribellioni guidate nel Settecento dal messia peruviano Juan Santos Atahualpa e dal profeta Delaware Neolin. Ballériaux e Tricoire mostrano le implicazioni riduttive dei tentativi di individuare in Atahualpa e Neolin elementi genuinamente nativi, rimasti al di fuori della storia, e propongono al contrario di intendere le loro attese come una originale rivisitazione dell’escatologia cristiana.

In conclusione, la lettura del volume conferma il suo assunto di partenza, ovvero che lo studio dei movimenti escatologici sia diventato «one of the most promising fields of global history» (p. 4). A questo promettente campo di studi i saggi raccolti da Tricoire e Laborie portano un contributo notevole sia dal punto di vista dei contenuti, attraverso ricerche di prima mano, sia dal punto di vista del metodo, spingendo chi legge a riflettere sui problemi della trasmissione delle attese apocalittiche, della loro ricezione, funzione e persistenza in luoghi, culture e religioni diverse.

 

[1] S. Subrahmanyam, Dal Tago al Gange: una congiuntura millenaristica del Cinquecento, trad. it. in Id., Mondi connessi. La storia oltre l’eurocentrismo (secoli XVI-XVIII), a cura di G. Marcocci, Roma 2014, pp. 27-61; ed. orig. Du Tage au Gange au XVIe siècle: une conjoncture millénariste à l'échelle eurasiatique, «Annales. Histoire, Sciences Sociales», 56, 2001, pp. 51-84.

[2] Subrahmanyam, Dal Tago al Gange, p. 59.

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