VI, 2023/2

Massimiliano Livi (ed.)

Migration – Region – Integration / Migrazione – regione – integrazione

Review by: Anna Grillini

Editors: Massimiliano Livi
Title: Migration – Region – Integration / Migrazione – regione – integrazione
Place: Innsbruck, Wien
Publisher: Studien Verlag
Year: 2019
ISBN: 9783706542258
URL: link to the title

Reviewer Anna Grillini - Istituto Storico Italo Germanico | Fondazione Bruno Kessler

Citation
A. Grillini, review of Massimiliano Livi (ed.), Migration – Region – Integration / Migrazione – regione – integrazione, Innsbruck, Wien, Studien, 2019, in: ARO, VI, 2023, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2023/2/migration-region-integrationmigrazione-regione-integrazione-anna-grillini/

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Il volume curato da Massimiliano Livi prende spunto dall’assunto che, mentre l’intervento sull’acquisizione e l’esercizio dei diritti dei migranti in ambito lavorativo, scolastico e partecipativo può essere collocato su un piano politico generale o nazionale, l’integrazione culturale e sociale si svolge su un piano locale, sovente addirittura soggettivo. Questo processo, inoltre, non è necessariamente accompagnato dalla mobilità sociale che, invece, dipende in parte dai processi trasformativi che vive la comunità ospitante.

Inserendosi nel filone di studi inaugurato da Jochen Oltmer col volume collettaneo Migrationsregime vor Ort und lokales Aushandeln von Migration del 2018, Massimiliano Livi e gli autori dei contributi si propongono di esaminare il fenomeno migratorio attraverso quattro casi studio attraverso cui approfondire «il nesso tra migrazione e integrazione in relazione alla dimensione regionale». I territori presi in considerazione sono Prato, il bacino della Ruhr, Wolfsburg e alcune aree della Repubblica Democratica Tedesca; in tutti i saggi sono analizzati i processi di negoziazione dell’integrazione in realtà profondamente segnate dal fenomeno migratorio nel corso del XX secolo.

Il primo contributo proposto è quello di Christoph Lorke che analizza in prospettiva storica l’incontro interculturale nelle imprese statali della DDR negli anni Settanta e Ottanta.

Alla fine degli anni Ottanta i lavoratori extraeuropei impiegati nelle aziende statali erano oltre 90.000, l’impiego di personale proveniente da Cuba, Mozambico, Algeria, Angola e Vietnam rappresentava una considerevole sfida per queste realtà che dovevano, nella pratica, farsi garanti dell’inclusione e allo stesso tempo sorvegliare i comportamenti di questi migranti. Mentre l’apparato burocratico si rivelava essere molto restrittivo, fino a prevedere sanzioni per i congedi per malattia, la sorveglianza che veniva applicata sugli alloggi o sul tempo libero era dipendente dalla rigidità dell’incaricato locale o dall’interesse dei collettivi dei lavoratori delle singole imprese nel coinvolgimento dei migranti. In particolare per quest’ultimo caso, la quasi totale assenza di attività del dopolavoro che potessero esercitare un’attrattiva per i lavoratori extraeuropei implicava la ricerca di modalità di intrattenimento individuali e indipendenti.

L’aspetto più interessante del contributo è l’emergere di un ritratto sfaccettato e complesso delle imprese statali della DDR e del loro approccio all’integrazione dei lavoratori extraeuropei, facendo chiaramente emergere la necessità di una maggiore considerazione per le peculiarità locali e/o regionali.

Lutz Raphael analizza le biografie lavorative e le strategie di sostentamento delle famiglie di minatori turchi nel bacino della Ruhr tra il 1970 e il 2000, attraverso il sapiente utilizzo dei documenti raccolti dal Sozio-oekonomisches Panel (SOEP), in particolare di interviste condotte con cadenza annuale per almeno quindici anni su 630 nuclei famigliari impiegati in tutti i principali settori industriali. Gli anni considerati dal saggio sono quelli decisivi del declino industriale della regione, con un considerevole calo negli occupati nel settore minerario e una politica di prepensionamenti e premi per il rimpatrio volta a rendere socialmente accettabile questo passaggio di ristrutturazione economica. Dalle biografie di queste famiglie emerge come la crisi della regione le costrinse ad adattarsi a uno stile di vita più precario e flessibile. Rispetto ai meri dati statistici, inoltre, affiora come la stabilità famigliare abbia enormemente influenzato le strategie di sopravvivenza. La presenza di figli minori o di figli occupati nel settore, la disoccupazione dei genitori con la famiglia che grava sulle spalle del/dei figli lavoratori risiedenti in casa sono modelli che ricorrono spesso nell’elaborazione di strategie per la sopravvivenza.

L’integrazione della manodopera temporanea straniera (Gastarbeiter) a Wolfsburg è trattata da Alexander Kraus e Michael Siems attraverso l’analisi della percezione pubblica verso i lavoratori italiani, la costituzione e lo sviluppo del Comitato di contatto italo-tedesco, la politica scolastica e la situazione abitativa. Già dai primi anni Sessanta la criminalizzazione degli italiani, la loro descrizione come predatori sessuali o uomini rissosi si era ampiamente diffusa diventando un punto fermo in ogni discussione sulla loro condizione come Gastarbeiter. Questo pregiudizio e il numero di presunte molestie diedero avvio al dibattito sull’opportunità della costruzione di una casa di piacere per i lavoratori stranieri. Ciò che mancava nella discussione pubblica, tuttavia, era un ragionamento approfondito sul ricongiungimento famigliare e sull’integrazione di questi uomini. La situazione iniziò lentamente a evolversi all’inizio degli anni Settanta quando molti dei giovani giunti in città nel decennio precedente avevano creato una famiglia e le priorità dei lavoratori stranieri si erano spostate sull’istruzione e il tempo libero. Furono questi i temi maggiormente affrontati nell’ambito del Comitato di contatto italo-tedesco che cominciò a riunirsi stabilmente a partire dal 1974. Tra le problematiche legate a questo fenomeno vi erano gli alloggi, pensati inizialmente per single, oltre che la scolarizzazione dei bambini bilingui.

Il volume si chiude, infine, col saggio di Anna Marsden sull’integrazione della comunità cinese e sull’imprenditoria migrante a Prato a partire dagli anni Novanta. Con oltre il 20% di popolazione straniera, Prato diviene la città con la più alta densità di popolazione non italiana residente. In particolare, la cittadina toscana accoglie manodopera cinese che inizia ben presto a installare importanti attività commerciali che contribuiscono in maniera decisiva all’economia ma che, al tempo stesso, favoriscono l’emergere di sentimenti anticinesi tra la popolazione italiana. La richiesta di inclusione sociale avanzata via via dalla comunità cinese, soprattutto di seconda generazione, è accompagnata dal pregiudizio che la vuole descrivere come chiusa e restia all’integrazione. Paradossalmente questo preconcetto è in parte originato da quella collaborazione famigliare che si rende necessaria durante gli anni Novanta, quando la comunità cinese rappresenta una fonte di manodopera a basso costo, efficiente e disposta a sopportare condizioni di lavoro proibitive. L’insorgenza di fenomeni di "autosfruttamento" e di pesante contiguità tra vita privata e lavorativa diventano, quindi, l’origine di pregiudizi.

Gli anni Duemila portano a un calo dei nuovi arrivi e a una maggiore stratificazione sociale della popolazione cinese: un numero importante di questi migranti è arrivato a essere residente in Italia da decenni, ad avere figli e a ricercare una maggiore inclusione nella società italiana. Le stesse imprese cinesi sono ormai inserite nel tessuto economico della città, contando sulla presenza di personale italiano e collaborando con professionisti italiani. In questo contesto il contributo di Anna Marsden contribuisce a svecchiare un’immagine della situazione pratese ferma spesso agli anni Novanta e a tratti ancora densa di pregiudizi.

Pur nelle differenze culturali, geografiche e politiche i contributi proposti hanno in comune l’analisi di territori coinvolti nei flussi migratori a partire dagli anni Sessanta e Settanta e caratterizzati da una mobilità volontaria, anche se originata da motivazioni diverse. Il volume soddisfa completamente il proposito di esporre l’importanza di un’analisi del fenomeno migratorio, inteso anche come integrazione, a partire dalle realtà locali che troppo spesso sono tralasciate in favore di una visione nazionale o internazionale del problema, dimenticando che sono proprio queste realtà i centri nevralgici dell'accoglienza e dell'integrazione.

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