VI, 2023/1

Lucia Bonfreschi

Un'idea di libertà

Review by: Chiara Zampieri

Authors: Lucia Bonfreschi
Title: Un'idea di libertà. Il partito radicale nella storia d'Italia (1962-1988)
Place: Venezia
Publisher: Marsilio Editori
Year: 2022
ISBN: 9788829710522
URL: link to the title

Reviewer Chiara Zampieri - ISIG-DHI

Citation
C. Zampieri, review of Lucia Bonfreschi, Un'idea di libertà. Il partito radicale nella storia d'Italia (1962-1988), Venezia, Marsilio Editori, 2022, in: ARO, VI, 2023, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2023/1/unidea-di-liberta-zampieri-chiara/

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Nel panorama storiografico nazionale e nello specifico campo della storiografia politica, mancava una ricerca articolata dedicata al Partito radicale. La letteratura che se ne è occupata finora – per lo più prodotta da testimoni ed ex militanti – si è concentrata infatti soprattutto sulla biografia del leader Marco Pannella o, al limite, sull’organizzazione del partito. Per diversi anni, dunque, a dispetto dell’ampia mole dei documenti d’archivio disponibili, delle fonti audiovisive (si pensi alla miniera d’oro presente negli archivi di «Radio radicale») e del materiale a stampa, la storia dei radicali è rimasta in ombra rispetto a quella di altre formazioni politiche – le principali ovviamente, Dc, Pci e Psi, ma anche quelle minori. Il volume di Lucia Bonfreschi, quindi, comincia a colmare una lacuna importante della storiografia politica riguardante la «prima Repubblica», con un lavoro denso, ricco e rigoroso che copre l’intera parabola del «secondo» Partito radicale, quello fondato nel 1962 in seguito alla trasformazione del «primo», nato a sua volta da una scissione del Partito liberale nel 1955. Dopo un capitolo che indaga in modo puntuale la cultura politica del Pr, le sue radici e le discontinuità con il passato, l’organizzazione e il ruolo della leadership nonché la sua presenza nel sistema politico italiano, seguono altri tre capitoli corrispondenti alle tre fasi che, secondo la ricostruzione dell’autrice, si susseguono nel trentennio di vita dell’organizzazione. Nel corso della prima, collocata fra il 1962 e il 1972, il partito si struttura come partito laico. In questi anni vengono definiti non solo il progetto politico radicale e la forma partitica, ma anche alcuni suoi valori fondanti, a partire dall’anticlericalismo e dall’antimilitarismo in relazione alle battaglie per l’approvazione della legge sul divorzio e sull’obiezione di coscienza. Il secondo periodo si colloca fra il 1972 e il 1979 e vede il Pr affermarsi come il «partito dei diritti civili» cui fa da pendant la strategia referendaria. È soprattutto in questi anni che viene alla luce il ruolo del Pr quale interprete di alcuni cruciali cambiamenti intervenuti nella società italiana (e quale attore in grado di farli diventare temi dell’agenda politica), come la secolarizzazione e l’emergere della «società degli individui» tesi all’autodeterminazione, così come l’impatto della globalizzazione sulle dinamiche di appartenenza nazionale. Contestualmente, i radicali si fanno portavoce, da un lato, del sentimento di sfiducia nei confronti della politica via via più marcato che serpeggia in settori sempre più ampi dell’opinione pubblica, dall’altro, di temi e battaglie legati appunto ai diritti civili, come il divorzio, l’aborto, ma anche il garantismo e il rispetto dello stato di diritto in relazione alla legislazione antiterrorismo e ai comportamenti – considerati «deviati» – delle forze dell’ordine e della magistratura. La terza e ultima fase si colloca fra il 1979 e il 1989. Si tratta di un periodo molto concitato, che vede il partito entrare in crisi, rifondarsi e trasformarsi non solo nella sua cultura politica ma anche nel modo di stare in politica, anche per effetto dei mutamenti intervenuti nel mondo globale. La sconfitta ai referendum del 1981 conferma in effetti l’isolamento dei radicali tra le forze politiche portando a un rafforzamento della leadership di Pannella, da un lato, e a concentrare le battaglie del partito principalmente sulla fame nel mondo e sulla dimensione internazionale, tanto da autodefinirsi come «partito transnazionale transpartito», che non sarebbe più intervenuto direttamente nella competizione elettorale italiana. Negli anni Ottanta, inoltre, si fa sempre più accentuata la denuncia dell’occupazione dello Stato da parte dei partiti e dei processi degenerativi del funzionamento della politica italiana.

Sono tanti gli spunti e i nodi sollevati dal volume di Bonfreschi. Da un lato, ad esempio, viene certamente confermato come il carisma del leader Pannella abbia funzionato come principio di organizzazione della vita del partito; una leadership che, quando non era ufficiale, veniva comunque esercitata in modo «informale». Dall’altro lato, però, proprio il volume di Bonfreschi restituisce una storia «corale» del Pr, superando l’immagine del partito schiacciato sul suo fondatore (e dunque del «partito personale») e facendo luce tanto sull’apporto dei militanti e dirigenti che hanno dato il proprio specifico contributo nei diversi frangenti di questa storia quanto sulla dialettica interna al partito stesso. Altro aspetto che merita una riflessione riguarda la cultura politica del partito che – di congresso in congresso, di statuto in statuto, fra crisi e rifondazioni – si rivela capace di evolvere e tutt’altro che statica; pur rimanendo ancorato ad alcuni capisaldi valoriali indiscussi (la «libertà» in primis), essi vengono riarticolati, nel corso della parabola trentennale analizzata nel libro, per effetto dei grandi mutamenti che interessano la società italiana, ma anche in relazione alle dinamiche globali che investono l’Italia soprattutto a seguito dello «shock of the global» degli anni Settanta. Il volume mostra come si evolve, ad esempio, la capacità del Pr di intercettare e incanalare l’interesse crescente di parte dell’opinione pubblica verso tematiche nuove – e l’impegno concreto nell’azione politica per farne argomenti al centro di mobilitazioni e dibattiti pubblici –, come la piena affermazione dell’individuo e la conquista di nuovi spazi di libertà secondo una concezione del «personale» in linea con gli sviluppi della società postmoderna, la non violenza e il tema della pace, le questioni ambientali (che, pur spesso affrontate partendo da battaglie di dimensione locale, vengono poi proiettate nella dimensione nazionale e internazionale) e la fame nel mondo. Un altro aspetto che emerge chiaramente nel corso dell’analisi è la capacità dei radicali di introdurre modalità nuove di fare politica, che pongono al centro la partecipazione diretta – attiva o passiva – dei cittadini, attraverso le marce, i referendum, le petizioni, l’utilizzo della radio non solo come strumento di propaganda, ma anche di informazione pubblica, e l’uso del corpo come strumento di azione politica (attraverso i ben noti scioperi della fame, ma anche le manifestazioni di nudità come atti di provocazione e di propaganda).

Dalla lettura del volume di Bonfreschi emergono molte altre questioni di grande rilevanza. Tra di esse, certamente spicca il modo in cui il Pr abbia teso (e in parte sia riuscito) a ridefinire il politico nella direzione di un ridimensionamento del ruolo di mediazione dei partiti tradizionali, con ciò però contribuendo non poco al consolidamento di quel sentimento antipartitico già serpeggiante nella società dagli anni Settanta, poi esploso nel decennio successivo. D’altro canto, vengono alla luce le posizioni peculiari – e talvolta controverse – che hanno segnato le battaglie radicali sui temi del garantismo e nel corso di alcune azioni giudiziarie condotte nei confronti di mondi contigui all’eversione di sinistra negli anni Settanta. A queste posizioni, fra l’altro, corrispondeva il rifiuto pregiudiziale del Pr di approvare qualunque legge che fosse volta a inasprire la risposta penale al terrorismo. Occorre notare che, se tale posizione era certamente riconducibile alla cultura politica libertaria del partito, essa però lo portava sistematicamente a sottrarsi alle discussioni su come affrontare concretamente e in modo realistico l’emergenza terroristica hic et nunc. Un’altra questione che emerge in filigrana dal volume appare poi il fatto che, pur da una prospettiva che non intendeva delegittimare le istituzioni democratiche – e quella parlamentare in primis –, il Pr talvolta ottenne l’effetto opposto, contribuendo di fatto a screditarle. Ciò accadde, ad esempio, in occasione della discussione di alcune leggi di riforma di istituti esistenti che non vennero infine varate proprio per l’azione ostruzionistica pervicace portata avanti dai radicali – talvolta in curioso connubio con il Msi; o in altri episodi «di colore» come la decisione di candidare al parlamento nel 1987 figure come la pornodiva Ilona Staller che fu percepita dall’opinione pubblica come un’azione di provocazione e ulteriore screditamento dell’istituto parlamentare, nonostante probabilmente non fosse nelle intenzioni del partito sortire questo effetto.     

 

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