Reviewer Marco Albertoni - Università di Bologna
CitationLo scopo di questa notevole raccolta di saggi è mettere in dialogo due territori di ricerca fertili come la storia urbana e quella delle emozioni, che tuttavia hanno alle spalle una tradizione di studi disuguale per mole e longevità. Farlo gestendo le insidie metodologiche che tale nesso può porre è l’impegnativa sfida che affronta. Un connubio originale e intrigante che appare quasi come una foresta vergine, nonostante – come ricorda Elisa Novi Chavarria nell’introduzione – a indicarlo per primo fu nientemeno che Maurice Halbwachs quasi un secolo fa.
Il corposo volume è composto da ben 27 saggi, ai quali si aggiungono l’introduzione e le conclusioni, rispettivamente di Elisa Novi Chavarria e Philippe Martin, più un’intervista di Isabelle Blaha al «Land Artist» Saype, a mostrare la trasversalità di saperi e approcci che anima il volume. I contributi sono efficacemente organizzati in tre linee di ricerca equamente ripartite e, data l’estrema eterogeneità di periodi e contesti, seguendo l’ordine che sembra più coerente. La prima sezione («Scritture») si apre con due saggi di storia religiosa: l’uno di Arianna Rotondo, su Giovanni Crisostomo e il suo tentativo di disciplinare l’afflizione quale detonatore del pentimento e inibitore dell’angoscia del lutto di fronte alle tombe, ai santuari e ai reliquiari dei martiri, intra ed extra moenia; e l’altro, di Luigi Tufano, sul multiforme intreccio di emozioni, semantizzazione degli spazi e trasformazioni urbane, a fine Trecento, legate alla fondazione del collegio dell’Annunziata, a Nola, voluta dal conte Nicola Orsini. Segue poi Tiziana Plebani che, dopo Un secolo di sentimenti (2012), qui approfondisce le emozioni sortite a Venezia dalla sua duale identità e vocazione, terrestre e marina. Elisa Novi Chavarria si concentra invece sulla malinconia provocata dalle «strade strette e oscure» della Napoli del Cinquecento, ponendo sul tavolo l’importante problema della polisemia di questo termine, nonché quello della mediazione della fonte. Su un territorio attiguo si muove Piero Ventura che, con una ricognizione di fonti, guarda alle emozioni suscitate soprattutto nei (e dai) viceré dalla contemplazione del panorama napoletano del Seicento, con un occhio alle capitali europee. Prendendo in esame documenti giudiziari e relazioni coeve, Domenico Cecere si concentra poi sulle «passioni» provocate a tutti i livelli sociali e politici dal terremoto calabrese del 1783 e dalla successiva fase di ricostruzione urbana. Ed è ancora attraverso un interessante uso di fonti giudiziarie che Edouard Klos si occupa della strumentalizzazione politica dell’ondata di emozioni provocate dall’omicidio, nel 1789, del sindaco di Troyes, Claude Huez, causato da una rivolta alimentare. Davide Balestra esamina la contrapposizione di emozioni e posizioni politiche, nella Ravenna di fine Ottocento, tra fautori e oppositori della bonifica della sua storica pineta. Argomento che ben si lega a quello proposto da Elena Riva, che prende in esame l’orgoglio misto a nostalgia dei milanesi di fronte al progressivo interramento dei canali navigabili dei Navigli tra l’Otto e il Novecento: emozioni gonfiate dalla narrazione, mitica e idealizzata, di un paradiso perduto di cui si sognava il ripristino.
La seconda sezione del volume («Pratiche») prende le mosse da due saggi di storia antica, rispettivamente di Mariassunta Cuozzo e Cecilia Ricci. Nel primo caso, al centro vi è un classico dell’indagine archeologica come la necropoli (in questo caso quella etrusco-sannita di Pontecagnano, del IX-IV secolo a.C.), spazi che, attraverso la lente interpretativa del rituale, fanno risaltare un nesso immediato con l’oggetto del volume. Cecilia Ricci interpreta invece il flusso di emozioni religiose nel passaggio tra paganesimo e cristianesimo nell’attuale quartiere Esquilino di Roma, dove 150 anni fa furono rinvenuti numerosi frammenti di statue e rilievi votivi dedicati al pantheon ellenistico-romano e a divinità più risalenti. Rossella Cancila ci conduce su un altro versante emozionale: quello del giubilo e del godimento dei fedeli palermitani in seguito al ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia (1624) nella grotta del Monte Pellegrino, luogo che in passato era perlopiù considerato «spaventevole». Altrettanto suggestivo e stimolante il saggio a quattro mani di Carmela D’Ario e Marine Goburdhun che, esaminando vari tipi di «cartule» – biglietti nascosti tra gli abiti dei neonati – ci guidano alla scoperta delle emozioni che accompagnavano il loro abbandono nelle «ruote» napoletane del convento dell’Annunziata in età moderna. Con Gautier Mingous si guarda alla strumentalizzazione regia delle esternazioni di gioia durante le feroci guerre di religione francesi, in particolare a Lione e Grenoble tra il 1555 e il 1588. Vincenzo Lagioia porta il lettore nella Bologna del XVII secolo, tra le emozioni che affiorano dalle carte inquisitoriali del tribunale felsineo relative a una serie di processi contro donne accusate di malefici e sortilegi. Alla Napoli del Settecento e alla trasformazione urbana legata alla repulsione, al disgusto e alla paura scaturite dalle problematiche sanitarie guarda invece l’articolato saggio di Diego Carnevale, che mette alla prova per questo oggetto di ricerca la nota categoria di «comunità emozionale». Nelle pagine successive ci si sposta su tutt’altro fronte di ricerca con Jorge P. Santiago e la sua analisi di taglio socio-antropologico che compara le odierne Île de France e Fortaleza, soppesando le emozioni che percorrono i contesti meno agiati. Il filo conduttore antropologico accompagna verso l’ultimo saggio della sezione, di Nina Bacchini, che indaga la gestione delle emozioni da parte dei migranti che eludono la frontiera franco-italiana dell’odierna Ventimiglia.
L’ultima sezione («Rappresentazioni») inizia con un saggio di Paolo Militello dedicato all’acropoli di Scicli e all’ampia ed eterogenea gamma di emozioni che si sono avvicendate concausandone i cambiamenti nel lungo periodo. Sylvène Édouard si concentra invece su Alcalá di Henares, luogo nel quale morì Diego d’Alcalá nel 1463, momento a partire dal quale si aprì una stagione di ansie e fervori devozionali che avrebbero portato, 125 anni dopo, alla sua santificazione e ai relativi, emozionati, festeggiamenti. Il nesso con il saggio successivo viaggia sul filo della celebrazione del ricordo, in questo caso quello dei caduti della Grande Guerra, attraverso l’esame di una serie di monumenti in alcuni centri urbani campani di medio-piccole dimensioni (Rosaria Nappi). Giulio Brevetti prende approfonditamente in esame il sodalizio tra emozioni e quartieri napoletani così come affiora nella cinematografia di Vittorio De Sica. Rossella Cancila torna, con un secondo saggio, su un luogo di memoria e sulle emozioni ad esso legate: il noto albero Falcone di Palermo, simbolo d’indignazione antimafiosa, dolore, speranza e desiderio di riscatto. Riscatto che fa da ponte con il breve contributo di Stefano Panunzi, incentrato sulle emozioni che diventano uno strumento operativo per i progetti di riqualificazione dello spazio urbano. Filo che è poi ripreso due saggi dopo da Lorenzo Canova, in questo caso tramite la Street Art a Campobasso e Casalcipriano. Ad inframezzare questi ultimi due sono le pagine di Costanza D’Elia, che torna nella Napoli odierna e scandaglia la «comunità di emozioni» che si è venuta a creare e stringere attorno a Noemi, bimba che, rimasta ferita in un agguato di camorra (2019) e ricoverata presso l’ospedale Santobono, venne incoraggiata da manifestazioni d’affetto e doni paragonabili a offerte votive. L’ultimo saggio è di Vittorio H. Beonio Brocchieri, che si sposta a Bristol, dove, sull’ondata generale di proteste e assalti alle statue «controverse» della primavera 2020, è stata abbattuta quella del filantropo e mercante di schiavi Edward Colston. Chiudono il volume le considerazioni di Philippe Martin, incentrate sulle città quali paesaggi in movimento, che veicolano e riflettono le emozioni di chi le abita.
Nel complesso, il libro comprova la fecondità del suo oggetto attraverso una dimostrazione delle molteplici angolature dalle quali il nesso tra emozioni e luoghi urbani può essere indagato. I saggi si misurano con innumerevoli categorie e impiegano sintagmi consolidati o inediti: «regime emotivo» (p. 271), «paesaggio emotivo» (p. 351), «devozione emotiva» (p. 403), «percorsi emozionali» (p. 411), o «pratiche emotive» (p. 416), solo per fare alcuni esempi. Con coraggio, i singoli contributi raccolti si fanno carico della difficoltà di cercare di aggirare i rischi di anacronismo e i molti ostacoli metodologici che questo intreccio pone. Metodi che, caso per caso, si prestano a essere apprezzati, discussi o criticati, onorando il principio cardine della vera ricerca, che per attestare, ribadire o confutare – in una parola: per progredire – deve provare a mettere in crisi ogni certezza.