V, 2022/2

Antonio Lazzarini

Boschi, legnami, costruzioni navali

Review by: Katia Occhi

Authors: Antonio Lazzarini
Title: Boschi, legnami, costruzioni navali. L’Arsenale di Venezia fra XVI e XVIII secolo
Place: Roma
Publisher: Viella
Year: 2021
ISBN: 9788833137643
URL: link to the title

Reviewer Katia Occhi - FBK-ISIG

Citation
K. Occhi, review of Antonio Lazzarini, Boschi, legnami, costruzioni navali. L’Arsenale di Venezia fra XVI e XVIII secolo, Roma, Viella, 2021, in: ARO, V, 2022, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2022/2/boschi-legnami-costruzioni-navali-katia-occhi/

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Il Bucintoro, il naviglio dogale, con la cerimonia del cosiddetto «sposalizio del mare» e le vetrerie di Murano, con i suoi maestri vetrai, rientrano tra i grandi miti di Venezia, tra i quali dobbiamo aggiungere senz'altro l’Arsenale, uno dei più grandi cantieri dell’Europa preindustriale[1]. Non c’è quindi da stupirsi che negli ultimi decenni la letteratura in merito si sia moltiplicata dando vita a un intenso dibattito[2]. Il libro che presentiamo qui si inserisce in questo filone ed è sicuramente destinato a diventare un classico della storiografia sulla Casa. In Boschi, legnami, costruzioni navali. L'Arsenale di Venezia tra XVI e XVIII secolo sono confluiti gli studi dell’attività decennale del suo autore, già pubblicati sulla rivista «Archivio Veneto». Il volume si apre con il capitolo Le galee in cui A. Lazzarini esamina la tipologia delle essenze impiegate (rovere in primis) per la costruzione di quelle grosse e sottili, le dotazioni necessarie per armarle, analizzando i relativi consumi e costi. L’autore ci conduce all’interno dei volti dell’Arsenale, presentandoci relazioni di esperti, provveditori ai boschi, patrizi veneziani, funzionari di volta in volta incaricati della sua gestione, come nel caso di Baldissera Drachio, una delle figure chiave nel processo di trasformazione in senso moderno dell’assetto organizzativo e gestionale, amministrativo e contabile dell’Arsenale, avviato a fine Cinquecento.

Il capitolo successivo è dedicato a I boschi, in cui l’autore analizza i modi, le forme e l’entità dell’approvvigionamento del legname, soffermandosi in particolare sul loro status giuridico (boschi pubblici, comunali, di particolari e riservati) e di conservazione. A. Lazzarini prende in considerazione in particolare la legislazione varata da Venezia per la creazione di aree forestali riservate all’Arsenale, una normativa assai abbondante, ma spesso disorganica e saltuaria. Questo corpo normativo fu il risultato di un processo che coinvolse a vari livelli il governo e le magistrature veneziane impegnate nella gestione dei boschi e che, pur con tutti i limiti che vediamo approfonditi nel volume, rimase uno dei più avanzati dell’età moderna. Esso permise di pervenire «alla transizione da un regime forestale fondato essenzialmente su vincoli e divieti ad un sistema ispirato almeno in parte ad un razionale controllo delle risorse, al tentativo di passare dal mero consumo dei prodotti del bosco alla sua 'coltivazione' per garantire una produzione sostenibile. Un obiettivo perseguito mediante la costruzione di una struttura tecnico amministrativa parzialmente innovativa e il precoce apprestamento di strumenti anche sofisticati come i catastici e, successivamente, le relative mappe: strumenti che avrebbero dovuto consentire al Reggimento dell’Arsenal di possedere un quadro assai articolato e particolareggiato delle disponibilità di legname, in modo da poter programmare i tagli delle piante con cognizione di causa, preservando l’integrità dei boschi» (pp. 101-102).

In più occasione l’autore mostra come sia fuorviante forzare le fonti e porre questioni che nascono dalla nostra sensibilità e dalle nostre conoscenze, ma del tutto aliene alle società del passato, prive dei mezzi e della preparazione tecnica (che si acquisiranno solo nei secoli seguenti) per affrontare certi temi. Un esempio richiamato da Lazzarini riguarda la quantificazione in termini volumetrici dell’entità del legname consumato nella costruzione di una nave. Un’operazione estranea alla mentalità degli addetti all’Arsenale del Cinquecento, i quali basavano i propri calcoli su numero e dimensioni delle piante utilizzate, che dovevano avere certe caratteristiche e determinate misure, al fine di ricavare gli assortimenti richiesti. Per non dire che in un sistema di produzione privo di processi di standardizzazione e con elevatissimi indici di scarto, calcolare i volumi di legnami necessari per la costruzione di un naviglio resta una operazione complicata, vista la variazione quantitativa tra uno scafo e l’altro, così come valutare il livello di sfruttamento dei boschi da questi indicatori «è operazione di grande difficoltà e di scarsa utilità» (pp. 145-146).

Nel terzo capitolo Dalle galee ai vascelli l’autore ricostruisce la ripresa delle costruzioni di navi a vela avviata tra il 1666 e il 1675, che rappresentò un’importante evoluzione nella politica navale veneziana segnata dagli sviluppi internazionali e dalle nuove strategie militari emerse in seno al patriziato nel corso della guerra di Candia. Questa fase si accompagnò a un nuovo approccio verso il patrimonio forestale, sino ad allora custodito attentamente. A partire da questi anni esso fu concesso anche ai privati (squeraroli, proprietari di mulini e di altri edifici) attraverso il rilascio di una licenza (p. 128). Una scelta cui si oppose il Reggimento dell’Arsenale che vide ridurre le piante a propria disposizione, venendo così a trovarsi in un crescente stato di penuria di roveri, impiegati per molteplici usi, tra i quali le strutture per rinforzare gli argini dei lidi.

Disporre della materia prima fu sempre una questione vitale per la flotta militare veneziana che si basava sui roveri e sui faggi cresciuti nei boschi di Terraferma e nei possedimenti dello Stato da Mar e che ricorreva al mercato estero (i territori imperiali) soprattutto per le conifere. Nel capitolo 4 Indagini sullo «stato dei boschi» possiamo seguire le misure conoscitive promosse dalle magistrature dell’Arsenale nel Settecento per indagare sullo stato del patrimonio forestale al fine di razionalizzare la gestione dei boschi e migliorare gli approvvigionamenti. Le azioni intraprese mostrano la complessità del dialogo tra i patrizi incaricati dei rilevamenti per individuare i roveri adatti alle costruzioni navali e i proti e i capi d’opera in Arsenale, i veri depositari delle conoscenze empiriche per individuare i materiali più appropriati (i roveri da filo). In linea generale emerge una conoscenza approssimativa del patrimonio forestale, una legislazione insufficiente ancorata al passato e la ormai scarsa utilità dei catastici, visto il mancato aggiornamento. Questi limiti condizionarono pesantemente l’attività costruttiva della Casa, penalizzata anche dalla disorganizzazione imperante, cui si cercò più volte di far fronte. La mancanza di coesione e di consapevolezza nei ceti dirigenti, divisi tra innovatori e conservatori, spicca chiaramente nella loro incapacità di rendersi conto pienamente che la crisi dell’Arsenale era legata alla mancanza di legname adatto alle costruzioni navali e allo stato deplorevole dei boschi (p. 217).

Nel capitolo conclusivo Verso la riforma forestale Lazzarini si occupa delle misure promosse in seguito all’emergere di una nuova sensibilità scientifica sul finire del XVIII secolo, risultato delle nuove conoscenze che si facevano strada nelle Accademie agrarie e nella nuova scienza della selvicoltura, che a Venezia giunsero soprattutto tramite la Francia, la Svizzera e l’Inghilterra (il mondo tedesco restava quasi del tutto sconosciuto). La consapevolezza della scarsezza (vera o presunta) di materiale da costruzione e della mancanza di combustibile, nonché dei danni all’assetto idrogeologico causati dal depauperamento del patrimonio forestale cominciarono nel contempo a diffondersi tra l’opinione pubblica, permeata da idee illuministiche, che vedevano nella scienza una concreta possibilità per influire sulla natura. È in questa fase, oramai alle soglie della caduta della Repubblica avvenuta nel 1797, che si arriverà alla nascita della scuola di Architettura navale (1777) e alla creazione di «un’azienda boschiva», una moderna struttura forestale, con addetti dotati di competenze tecniche e scientifiche, in cui si formerà anche il personale, e che sarà in grado di fornire garanzie per la preparazione in campo selvicolturale maggiori di quanto non faranno i governi francesi e quello austriaco, succeduti a quello veneziano, almeno fino alla metà dell’Ottocento.

 

[1] Sullo sposalizio del mare cfr. H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, Gotha, Justus Perthes Verlag, 1905, I, pp. 268, 442-443, 468-469; su Murano, F. Trivellato, Fondamenta dei vetrai. Lavoro, tecnologia e mercato a Venezia tra Sei e Settecento, Roma, Donzelli, 2000.

[2] Mi limito a pochi titoli, tra i quali F. C. Lane, Le navi di Venezia fra i secoli XIII e XVI, Torino, Einaudi, 1983 (ed. inglese 1934; ed. francese 1965); E. Concina, La Casa dell’Arsenale, in Storia di Venezia, XII: A. Tenenti - U. Tucci (edd), Il mare, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1991, pp. 147-210; R. C. Davis, Costruttori di navi a Venezia, Vicenza, Neri Pozza, 1997 (ed. inglese 1991); L. Zan - F. Rossi - S. Zambon, Il «discorso del maneggio». Pratiche gestionali e contabili all’Arsenale di Venezia, 1580-1643, Bologna, Il Mulino, 2006; K. Appuhn, A Forest on the Sea. Environmental Expertise in Renaissance Venice, Baltimore MD, The Johns Hopkins University Press, 2009. G. Candiani, I vascelli della Serenissima. Guerra, politica e costruzioni navali a Venezia in età moderna, 1650-1720, Venezia, Istituto veneto di scienze lettere ed arti, 2009;  M. Ferrari Bravo - S. Tosato (edd) Gli arsenali oltremarini della Serenissima. Approvvigionamenti e strutture cantieristiche per la flotta veneziana (secoli XVI-XVII), Milano, Biblion, 2010.

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