V, 2022/1

Antonio Trampus

Mappe del tempo

Review by: Ivan Portelli

Authors: Antonio Trampus
Title: Mappe del tempo. La storia e le altre scienze moderne
Place: Trezzano sul Naviglio (MI)
Publisher: Unicopli
Year: 2021
ISBN: 9788840021775
URL: link to the title

Reviewer Ivan Portelli - Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia

Citation
I. Portelli, review of Antonio Trampus, Mappe del tempo. La storia e le altre scienze moderne, Trezzano sul Naviglio (MI), Unicopli, 2021, in: ARO, V, 2022, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2022/1/mappe-del-tempo-ivan-portelli/

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L’indagine intorno alla concezione del tempo ci pone davanti a interrogativi complessi, che conducono alla concezione del nostro essere. Il bisogno di trovare orientamenti rispetto alla propria realtà ha portato l’uomo a predisporre strumenti differenti per misurare il tempo, a elaborare interpretazioni e a dargli valenze diverse. Ne è contigua la riflessione sul senso e lo specifico della storia, disciplina che necessariamente s’intreccia con il significato che diamo al tempo, il quale diventa per l’uomo una bussola per delineare la propria realtà, per descriverla ed interpretarla; una mappa che gli consente di trovare coordinate necessarie per il proprio vivere.

Le mappe che Antonio Trampus percorre e raffronta in questo suo saggio propongono e suggeriscono, a livelli diversi, chiavi interpretative volte a trovare e indagare nessi concettuali articolati, nell’esplorare percorsi a volte labirintici; queste mappe individuano la storia e il lavoro degli storici come capaci di fornire indicazioni agli uomini per elaborare la concezione del tempo e di fornire un orientamento in esso.

Nell’introdurre il suo saggio, Trampus parte da una breve osservazione su come abbiamo vissuto oggi la realtà di una pandemia, capace di stravolgere ritmi consueti di vita e di imporre nuove radicali tensioni tra percezioni di rapidità e di dilatazione dei nessi temporali, che sottolineano una volta di più il contrasto tra un tempo irreversibile e inesorabilmente lineare e uno soggettivo, legato alla nostra percezione – anche culturale – inevitabilmente caratterizzata da una varietà notevole di valenze. Tempo che si presenta sempre diverso ma anche inevitabilmente ciclico, che l’uomo individua in rapporto a se stesso ma cui riconosce anche un valore universale e assoluto. Siamo quindi davanti al mistero del tempo. Mistero irrisolto, che spinge l’uomo a una continua ricerca.

La storia e il lavoro degli storici – che hanno il tempo come proprio oggetto di studio – possono essere messi in relazione e trovare appigli e fondamenti con altre scienze, nell’individuare la natura di determinate situazioni e processi, da quelli propri della nostra mente a quelli più generali della società. Indagini e relazioni non scontate e ancora in divenire, nel procedere continuo di una ricerca che non ha smesso di approfondire aspetti né noti, né evidenti; e proprio per questo con risultati che necessariamente appaiono provvisori.

Non è un caso che Trampus utilizzi i tre momenti del passato, del presente e del futuro per organizzare la sua riflessione sul tempo, necessariamente vincolata a un insieme anche molto variegato di proposte e di letture che denunciano la necessità per noi di ricorrere a degli strumenti (o di costruirne appositamente) per ordinare, quantificare, orientarci nel tempo. Organizzazione tripartita che Trampus definisce «familiare» ma che non nasconde la pluralità di significati possibili per questi momenti, soprattutto riguardo al presente, grazie anche agli apporti che altre scienze (fisica, medicina, psicologia, neuroscienze) stanno fornendo a queste riflessioni, nel trovare fondamento alla nostra concezione del tempo e della storia, nell’individuare i processi che portano l’uomo ad elaborare le proprie visioni del tempo e della storia.

Se il passato è inventato, il presente è creato, il futuro costruito; così caratterizza i tre momenti Trampus. Tre luoghi del tempo corrispondenti a processi poietici di diverso raggio che evidenziano costantemente il rapporto tra l’elemento temporale apparentemente oggettivo e la soggettività dell’uomo.

Inventiamo il passato per rispondere a precise esigenze: siamo pur sempre davanti alla necessità del nostro essere di trovare una collocazione progettuale in cui trovare o costruire un proprio orizzonte, scoprendo o immaginando nessi e strutture logiche o imponendo al passato una costruzione fittizia ma funzionale al nostro essere. Trampus individua dissonanze e consonanze, partendo dall’angosciante orologio senza lancette de Il posto delle fragole, ricordandoci come il tempo – nella sua articolazione – è in rapporto all’uomo; che ciò che intendiamo passato – e quindi che finisce per costituire la storia e l’oggetto stesso del lavoro dello storico – lo rapportiamo al nostro attuale essere e vivere. L’invenzione dell’orologio – con quel tanto di artificialità e oggettività che comporta – ma anche del calendario, la necessità di quantificare il tempo e di individuarne una direzione è quindi un’esigenza riconosciuta fin dall’antichità. Troviamo tuttavia anche una varietà di concezioni qualitative del tempo, come gli storici hanno evidenziato. Il tempo della Chiesa, ci insegna Le Goff, non è quello del mercante; non solo: l’uomo ha costruito, attingendo a fonti irrazionali, miti e letture fantastiche andando oltre la sua realtà o ipotizzando tempi diversi. L’individuare un ritmo cronologico fatto di epoche e periodi è inevitabilmente una costruzione a posteriori per dare un senso a un passato, per porre ordine, per darsi una mappa.

Ne esce una pluralità di visioni che si scontrano, che non si risolvono in realtà in una definizione univoca ma che non nascondono la confusione, l’incertezza, il desiderio di una oggettività che a tutti gli effetti sfugge di mano.

Definire il presente pone un problema concettuale e scientifico. Trampus delinea gli aspetti oggettivi dell’attimo presente per come può essere percepito, osservando la difficoltà di far collimare il preciso momento che definiamo «presente» con l'immediata percezione di esso, inevitabilmente spostata di una minima frazione temporale. I processi di elaborazione mentale ci fanno considerare il nostro cervello come centro di costruzione fisico del nostro io dandoci una percezione difficilmente stabile di presente; la necessità di allargare questo concetto a un piano soggettivo inevitabilmente comporta scossoni. Il presente in fondo è un concetto, che può dilatarsi o restringersi a seconda di come lo concepiamo. Può essere diverso se visto con gli occhi di un uomo o quelli di una donna, può regalarci concezioni e prospettive anche illusorie della vita dell’individuo a seconda delle epoche o delle culture (suggestivo a proposito l’esempio del ritratto della Vecchia di Giorgione).

Fin qui il dialogo del tempo con la storia e la sua rielaborazione scientifica è evidente, pur nelle sue articolazioni mutevoli; davanti al futuro ci poniamo un problema ulteriore. Il futuro viene costruito, non tanto immaginato, luogo in cui l’uomo si fa carico di lasciare eredità. Tema di scottante attualità. Il futuro è un non tempo, se al tempo diamo la valenza di tempo storico, quantificabile e descrivibile. Lascia aperto lo spazio alla possibilità. La letteratura utopica in varie epoche (Trampus accenna a quella del Settecento) colloca il non tempo in una dimensione altra, lontana, ideale e sperabile. Il futuro diventa l’aspettativa, il luogo non ancora realizzato dove l’evento che stiamo costruendo potrà trovare una forma. Ed eccoci tesi al desiderio di prevedere il futuro.

Il lavoro dello storico può essere una soluzione ai tanti interrogativi che il tempo ci pone? Punto di partenza è l’esigenza di «raccontare storie», definita «uno degli approcci primordiali dell’essere umano al mistero del tempo». L’indagine passa attraverso le scoperte fatte a livello cognitivo: le neuroscienze permettono di definire i percorsi mentali che sottendono alla concezione (e alla scrittura) della storia. La chiave di lettura evoluzionista ci pone davanti al problema del perché un certo tipo di racconto storico riscontri una maggior adesione.

Trampus cerca un dialogo tra il lavoro dello storico e quello del neuroscienziato, tra una dimensione temporale che seleziona e indaga e uno studio scientifico che cerca di definire i processi che ci permettono queste rielaborazioni. Prova a delineare i punti di tensione che pone il rapporto tra tempo e storia (e storico), articolando domande le cui risposte sono ancora oggetto di elaborazione. Anche sul senso stesso della storia e sull’inevitabile selezione che operiamo rivolgendoci al passato.

Però siamo consapevoli – o dovremmo esserlo – del bisogno della storia per superare quelle che Trampus definisce le «amnesie del presente».

Completa il volume una mappa bibliografica, che invita il lettore a cercare nelle pieghe della riflessione storiografica e filosofica possibili percorsi nella storia del tempo.

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