IV, 2021/3

Luca Clerici (ed.)

Italian Victualling Systems in the Early Modern Age, 16th to 18th Century

Review by: Franco Cazzola

Editors: Luca Clerici
Title: Italian Victualling Systems in the Early Modern Age, 16th to 18th Century
Place: Londra
Publisher: Palgrave Macmillan
Year: 2021
ISBN: 9783030420635
URL: link to the title

Reviewer Franco Cazzola

Citation
F. Cazzola, review of Luca Clerici (ed.), Italian Victualling Systems in the Early Modern Age, 16th to 18th Century, Londra, Palgrave Macmillan, 2021, in: ARO, IV, 2021, 3, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/3/italian-victualling-systems-in-the-early-modern-age-16th-to-18th-century-franco-cazzola/

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Il libro, edito in inglese (scelta quasi obbligata per gli storici dell’economia onde essere ascritti alla corporazione degli economisti), è composto di otto saggi o capitoli riguardanti un tema che per qualche tempo pareva essere stato negletto dalla storiografia economica italiana dell’età moderna ma che, negli ultimi due decenni, sta riemergendo in numerosi studi e ricerche: quello del rifornimento alimentare delle città italiane nella prima età moderna.

Un indubbio pregio della raccolta curata da Luca Clerici è quello di tentare un bilancio del problema annonario nell’età moderna con un panorama che va da Milano alla Sicilia. Non è impresa facile porre a confronto realtà urbane ed aree produttive molto diverse fra loro: città mercantili come Milano e Venezia, la Roma papale e la sua corte, il feudale Regno di Sicilia, da sempre area esportatrice di grano. Ancor più arduo, ma doveroso, è ridurre a sintesi i problemi del rifornimento alimentare delle città piccole e medie, ciascuna con i propri statuti e regolamenti annonari, nei territori soggetti ai sovrani degli stati preunitari.

In generale, il problema annonario nelle città di ancien régime si può dire strettamente intrecciato con il volume fisico della produzione locale, con il vigente sistema dei prezzi e sul loro controllo pubblico, sulle possibilità di accedere al mercato internazionale e interregionale delle risorse alimentari, sulle tendenze demografiche delle città e sul controllo - confronto con le categorie produttive interessate (mercanti, venditori di generi alimentari, mugnai, sensali, fornai e altre categorie interessate al rifornimento alimentare).

Nella sua introduzione al volume Luca Clerici sottolinea l’evoluzione di quello che nel corso dell’età moderna viene definendosi in campo storico-economico come sistema annonario. Come è noto, si farà strada solo nel secolo XVIII la battaglia per la libertà di commercio dei grani e soprattutto la contrapposizione tra sistema annonario e mercato.

Il volume si propone perciò di tentare un bilancio tra i diversi sistemi annonari di alcune grandi città italiane (Roma, Milano, Palermo) e le funzioni di alcune città medie nel ruolo di rifornitrici di sussistenze per i centri urbani maggiori: non è facile dare conto di tutte le articolazioni a livello locale o regionale dell’organizzazione di rifornimento alimentare delle città. Tenterò qui un semplice schizzo delle diverse realtà analizzate nei contributi raccolti sotto il termine «Victualling systems».

Milano –  Il profilo tracciato da Luca Mocarelli e Luciano Maffi sottolinea innanzitutto che una buona parte dei generi alimentari che affluivano verso la capitale lombarda era costituita dalle rendite dei proprietari appartenenti alla nobiltà, ossia di coloro che avevano anche il controllo politico e sociale della città. Inevitabili i conflitti di interesse fra amministrazione pubblica, corporazioni cittadine, e consumatori. Specialmente negli anni di abbondanza il problema centrale diventava il sistema cittadino di controllo dei prezzi, ovviamente troppo bassi per i produttori. Gli autori sottolineano tuttavia anche la flessibilità complessiva del sistema milanese. Questo coinvolgeva numerosi attori, a partire dal mercato regolato settimanale del Broletto Nuovo: dai fornai (prestinari) e venditori di farina, principali acquirenti dei grani sul mercato, al Forno comunale. Occorre comunque sottolineare che almeno metà dei cereali entrati in città (compresi mais, riso, segale) non erano passati per il mercato del Broletto. Buona parte dei cereali prodotti nella pianura a sud di Milano era infatti contrattata già all'interno delle le grandi aziende da mercanti, che la ponevano in vendita lungo le sponde del Naviglio Maggiore o nei magazzini ad esso adiacenti. Da tenere in considerazione è anche il ruolo giocato da grandi monasteri e opere pie milanesi, che producevano pane per migliaia di persone e tutto questo al di fuori del mercato regolato del Broletto. Gli autori giungono alla conclusione che l’Annona milanese rifletteva logiche di mercato e di prezzi, ma sotto altri aspetti il sistema restava strumento funzionale agli interessi delle classi dirigenti milanesi.

Bergamo – Il caso di questa città di frontiera fra i domini della Serenissima e l’area economica milanese è sottoposto all’analisi di Fabrizio Costantini che propone un titolo appropriato al suo contributo: One City, Two Economic Areas: Wheat and Olive Oil Trade in Bergamo between Venice and Milan. Come si è detto si trattava di una città di frontiera, stretta tra montagna e pianura ma lontana dalle grandi vie di comunicazione, al punto che le principali transazioni riguardanti generi come il frumento, sottoposte alla vigilanza dei Giudici delle vettovaglie e poi dei Deputati alle biade di Bergamo, avvenivano soprattutto a Romano di Lombardia, a poche miglia dalla fertile pianura cremonese, ossia nello stato milanese. Ciò presupponeva che il mercato della città, in caso di scarsità, venisse di fatto rifornito attraverso contrabbando, incentivi e vantaggi fiscali all’importazione. Tutte le fonti indicano tuttavia una cronica insufficienza granaria della città di Bergamo: nel XVI secolo l’autonomia sul frumento copriva solo 3-4 mesi, assestandosi dal XVII secolo in avanti non oltre i 5-6 mesi. Fino al provvidenziale ingresso del mais nelle campagne bergamasche (1620) il contrabbando di frumento era quasi una scelta obbligata (pp. 76-77).  Un ruolo centrale, sottolineato da Costantini, aveva via via riguardato il commercio dell’olio, genere non solo alimentare ma importante materia prima per l’industria laniera della Valseriana. L'autore conclude che il sistema di Bergamo rimaneva strutturalmente dipendente dal ricorso a una sorta di «illegalità legalizzata».

Vicenza –  Luca Clerici, curatore del volume, dedica a questa importante città, acquisita al dominio veneziano di Terraferma fin dagli inizi del XV secolo, una ricerca riguardante la riorganizzazione del sistema di rifornimento alimentare e dei mercati cittadini nel delicato periodo che segue la guerra della Lega di Cambrai (1509-1516). Questo il titolo: Provisioning a Medium-Sized City in a Policentric State. Dopo le devastazioni della guerra, Vicenza riprese il proprio ruolo di città manifatturiera (lana e seta) che le permise di raddoppiare la popolazione tra 1557 e 1617 (p. 106). Il rettore veneto Contarini si propose di porre un argine alla mancata abbondanza alimentare sul mercato cittadino riducendo il numero dei mercati settimanali, accusandoli di dare incremento al contrabbando e all’evasione fiscale a danno di dazi e tasse di transito. Un provvedimento particolare introdusse il trasporto obbligatorio in città delle eccedenze granarie. Furono nominati tre Deputati ai mercati i quali nel 1526 pubblicarono il primo regolamento organico dei mercati settimanali. Tre erano le piazze regolamentate di mercato nel centro della città: Piazza delle Biade, la Piazza delle Pescherie Vecchie e la Piazza del Pesce minuto, cui si aggiunse la Piazza delle erbe o della frutta. Per il resto si attivarono le misure consuete nelle crisi dovute alla scarsità dei raccolti: introduzione in città di parte del surplus prodotto dai privati, acquisti di grano da parte delle autorità locali, ma sempre tenendo presente la priorità che la Dominante Venezia imponeva per le sue esigenze.

Ferrara – Giulio Ongaro rivolge la propria attenzione al secolo XVIII, durante il quale questa città padana diviene un centro di esportazione di una produzione cerealicola (frumento e mais) di regola eccedentaria rispetto ai suoi consumi: Managing Abundance: Victualling Offices and Cereals Merchant in Eighteenth-Century Ferrara: questo il titolo del suo contributo. La Ferrara del Settecento, provincia pontificia con territorio tutto pianeggiante, era caratterizzato da un’economia agricola che, dopo il precoce ingresso della coltura di granoturco (inizi del Seicento), riusciva a produrre in annate normali consistenti eccedenze di frumento. Queste venivano esportate in direzione di Bologna, provincia deficitaria, ma anche verso Venezia, la Romagna, le Marche ed altrove per via fluvio-marittima dal Porto di Goro. Osserva Ongaro che nonostante le restrizioni imposte da Roma, tra 1741 e 1776 solo il 6,4% delle esportazioni di grano era soggetta al sistema oneroso delle tratte. Le esportazioni di grano ferraresi rimanevano sotto il controllo della Congregazione dell’Abbondanza, presieduta dal Legato, pur essendo la materia annonaria formalmente sotto la titolarità del Comune. Questa istituzione, che risaliva al 1616, mantenne infatti i capisaldi del sistema di rifornimento cittadino: dichiarazioni sui cereali raccolti, obbligo di introdurre entro le mura un terzo del raccolto, una volta dedotte le sementi e la parte rusticale. Sempre la Congregazione fissava il calmiere del pane e da questo dipendeva il prezzo ufficiale del frumento, ossia il prezzo cui l’Abbondanza avrebbe fatto i suoi acquisti. Decisivo in materia di grani il ruolo di grandi mercanti ebrei.

La Marca Anconetana – L’argomento trattato da Luca Andreani e Marco Moroni è riassunto nella domanda proposta dal titolo: The Wealth of Perifery? Food Provisioning, Merchants and Cereals in the Papal States: the case of the March of Ancona. La composizione eterogenea dello stato della Chiesa, dopo le conquiste territoriali portate a compimento nel corso del secolo XVI, vedeva una dualità di condizione giuridico-territoriale: Province immediatae subiectae alla Santa Sede (Ducati e Governi) e province mediatae subiectae (possedimenti, ville e castelli da queste dipendenti). Lo studio dei due autori si concentra, come caso di studio, sulle vicende annonarie di Osimo, città dove la Congregazione dell’Annona, era composta da 4 deputati eletti dal Consiglio generale per un anno. I Deputati avevano il compito di stabilire quantità e prezzo del pane, controllando la città un mulino ed anche un forno. Anche qui vigeva il sistema delle denunce dei raccolti (assegne), mentre gli abbondanzieri dovevano calcolare annualmente la quantità di grano necessaria per sfamare la città. Rimaneva tuttavia l’obbligo, per l’intera Marca di Ancona, di inviare a Roma consistenti quantità di grano. Anche in questo caso, come a Ferrara, rilevante divenne il peso dei mercanti ebrei (pp. 194-195).

L’Annona di Roma – Di questa fondamentale istituzione per il rifornimento alimentare della capitale e della Santa Sede si occupa Donatella Strangio (The Roman Annona and its Market in the Eighteenth Century). L’Annona di Roma era eredità della fine del XIII secolo come sistema centralizzato e soggetto al controllo politico papale, sistema che andò in seguito evolvendosi ma sempre sottoposto al condizionamento degli interessi dei proprietari terrieri e dei mercanti. Anche qui si rafforzò il controllo sui rifornimenti granari a partire dalle semine. Tuttavia – nota la Strangio – restava più semplice per le autorità impadronirsi del grano prodotto, piuttosto che puntare su un aumento della produzione in un territorio dai bassi rendimenti. Riguardo al secolo XVIII il contributo della Strangio mette a fuoco 1) l’organizzazione annonaria; 2) la politica delle scorte granarie e 3) le licenze di esportazione (tratte) e gli attori che usavano questo tipo di strumenti. In caso di carestie, non potendo l’Annona scaricare sul mercato gli alti costi del mantenimento di un prezzo politico per il pane, sottoponeva alle autorità un problema finanziario insolubile. Cresceva infatti il ricorso al debito pubblico da parte della Camera Apostolica, per il tramite delle emissioni di Luoghi di Monte, sistema di debito pubblico che non aveva pari in Europa. Con le riserve granarie accumulate si rassicurava però il popolo romano riguardo alle carestie.

La Sicilia e Palermo – L’ultimo capitolo del volume è scritto da Ida Fazio: A Two-Sided Kingdom: A Sicily of Export and Urban Wheat Supply. In età moderna l’isola aveva un sistema di gestione delle vettovaglie che di regola garantiva tanto il rifornimento dei principali centri urbani, quanto i proprietari aristocratici interessati al commercio interno ed internazionale del grano. Ma il sistema doveva anche assicurare la raccolta delle tasse e dei dazi del commercio a vantaggio della Corona. Ida Fazio che la Sicilia era un tipico esempio di come fosse possibile superare il conflitto teorico tra un rifornimento centrale e un sistema guidato dal mercato. Del resto sussisteva una caratteristica divisione delle comunità fra appartenenti al sistema feudale e appartenenti al dominio regio. Il mercato non era fortemente regolato ma sostenuto dalle regole generali annonarie del Regno. Vigeva anche in Sicilia, considerata il granaio del Mediterraneo, il sistema delle Tratte ossia delle licenze di esportazione; ma lo stesso sistema difendeva la libera circolazione del grano prodotto in modo tale da garantire sia adeguate entrate fiscali, sia le rendite dei possidenti terrieri.  Un’autorità centrale, il Tribunale del Real Patrimonio e la sua Giunta ricevevano i dati della popolazione, delle quantità  di cereali prodotti, decidendo su questa base le quantità che potevano essere esportate. Il sistema annonario siciliano comprendeva anche la cottura del pane e la vendita al dettaglio, la regolazione delle sussistenze e dei prezzi di altri generi alimentari. Era prevista la Rabba ossia un granaio in cui raccogliere ciò che eccedeva le semine e i  consumi previsti. Essa serviva ai poveri mediante fissazione di una meta, cioè di un prezzo ufficiale inferiore a quelli di mercato.

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