Reviewer Gustavo Corni - già Università di Trento
CitationScrivere una storia dell’Europa nel XX secolo, così denso di eventi in gran parte drammatici, non è facile. Occorre avere letto tanto, tantissimo, non solo sui più importanti paesi del continente, ma anche su Stati e nazioni – diciamo così – più piccoli e periferici, e avere un ampio bagaglio di letture comparative e di carattere generale. Né di minore impegno è possedere conoscenze adeguate che travalichino la storia del continente europeo, poiché ancora fino alla metà del secolo l’Europa è stata al centro di vicende di dimensioni mondiali, caratterizzate in primo luogo dal colonialismo. Direi di più, occorre avere chiaro in mente un filo conduttore, che consenta all’autore di districarsi in una materia molto vasta, sfuggevole, senza finire intrappolati nella ricostruzione di eventi, che sono oltretutto così complessi e molteplici, da essere di fatto incontrollabili.
A mio avviso l’autore di questa imponente monografia, Christoph Cornelißen, professore presso la J.W. Goethe-Universität di Francoforte sul Meno e da qualche anno direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento, è stato evidentemente in grado di attrezzarsi in modo più che adeguato per rispondere alla sfida. 583 pagine fitte di testo, poco meno di un migliaio di note, una sintetica, ma utile cronologia e un’altrettanto sintetica, ma essenziale, bibliografia selettiva di una decina di pagine. Questi numeri ci danno una prima idea, chiara però, dell’impegno profuso da Cornelißen nell’impresa. Vorrei tuttavia soffermarmi un istante anche sul secondo elemento cui facevo cenno poco sopra; Cornelißen ha scelto un approccio a mio avviso molto interessante e proficuo per scrivere quest'opera imponente: considerare l’Europa una Weltregion, ovvero una delle regioni del mondo, studiandola in una fase molto delicata, in cui essa ha perduto il controllo del mondo ed è divenuta un fattore minore in una storia globale che dal 1945 in poi è stata segnata prima dalla Guerra fredda e dall’egemonia delle due super-potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, poi dai fenomeni della globalizzazione, che fanno parlare ormai del «Vecchio» continente in una posizione subordinata; pensiamo alle politiche militari, all’economia e alla finanza, per non parlare dei consumi e della cultura di massa.
Cornelißen ha diviso il suo lavoro in sei grandi capitoli, articolati in una scansione cronologica abbastanza convenzionale. Essi sono preceduti da un capitolo più breve, intitolato «Fondamenti», in cui vengono analizzati aspetti di natura generale, come quelli demografici e linguistici. Il primo capitolo è dedicato al declino della vecchia Europa, segnato (o culminato) nella Grande guerra (una settantina di pagine). Interessante è che l’autore utilizzi un termine ben noto a noi italiani, quello di «Grande guerra» (lo mette egli stesso fra virgolette), e non quello più usuale nella storiografia internazionale, ovvero Prima guerra mondiale. Egli intende così rimarcare a mio parere come i due conflitti mondiali, seppure legati da intrecci di lunga durata, si collochino in realtà in due fasi storiche ben distinte. Al primo grande capitolo, di una settantina di pagine, ne segue un secondo, che Cornelißen intitola «L’epoca delle grandi crisi»: quella delle relazioni internazionali postbelliche, in cui vengono messi in crisi gli assetti politici precedenti e il ruolo stesso del colonialismo europeo, quella economica e quella culturale, in relazione alla quale l’autore associa strettamente la modernità con l’emergere di nuove forme di violenza collettiva. Anche questo secondo capitolo si sviluppa per un centinaio di pagine. Le dimensioni, che sono piuttosto simili fra i singoli capitoli, attestano in modo chiaro la grande capacità di Cornelißen di sintetizzare, di sfrondare e di mettere a fuoco in modo equilibrato – magari con qualche appropriato esempio – le questioni centrali. Il terzo grande capitolo (poco più di 90 pagine) è dedicato all’Europa nella Seconda guerra mondiale. Inevitabilmente la Germania hitleriana gioca qui la parte del leone; e questo certo non a causa della nazionalità dell’autore. È oggettivamente corretto mettere a fuoco proprio il ruolo della Germania, anche se occorre osservare come Cornelißen attribuisca un peso notevole (inusuale in lavori di sintesi così ampi) all’Italia.
Il quarto grande capitolo (che si sviluppa per un centinaio di pagine) rappresenta a mio avviso un’interessante novità: esso analizza con notevole ampiezza il periodo della ricostruzione e del consolidamento dell’Europa dopo il 1945, con squarci verso gli anni Settanta e Ottanta. Particolare attenzione è dedicata alle profonde trasformazioni dell’economia e della società susseguenti alla perdita del primato europeo, con una particolare attenzione verso il processo di unificazione europea. A questo proposito vorrei avanzare una prima osservazione, che non vuole suonare come critica (del tipo «manca questo», «si poteva approfondire di più quello» …). Cornelißen dedica senza dubbio una maggiore attenzione alla parte occidentale dell'Europa rispetto a quella orientale. Anche nel capitolo sul periodo inter-bellico stupisce non poco che, dedicando un adeguato spazio alla crisi economica del 1929 e alle risposte che sono state cercate rispetto ad essa, l’autore non abbia fatto cenno al modello economico sovietico, più precisamente staliniano, meritevole di attenzione se non altro perché guardato con ammirazione da molti intellettuali e da non pochi economisti anche in Occidente.
Il quinto grande capitolo (L’Europa fino alla fine dello scontro Est-Ovest) analizza i fermenti di crisi che hanno aperto la strada al biennio 1989/1990: il riaccendersi delle crisi economiche, i processi di trasformazione politica sia a Est sia a Ovest – tentati o anche realizzati –e, ancora una volta, le dinamiche della cultura. Mi preme sottolineare come nel tentativo – sostanzialmente riuscito a mio parere – di dedicare uno spazio equilibrato ai fenomeni politici, economici e sociali, oltre che a quelli nel campo delle relazioni internazionali, la monografia di Cornelißen sia molto attenta alla cultura, ai sistemi educativi e scolastici nonché al welfare. Tutti aspetti che non ci aspetteremmo comparire con questa dignità in uno studio generale di storia dell’Europa. Il sesto e ultimo grande capitolo (un’ottantina di pagine) analizza l’evoluzione dell’Europa dopo la fine della Guerra fredda; anche in questo caso adeguato spazio viene dedicato alle culture politiche, oltre che al nuovo fattore, emerso più di recente, delle migrazioni.
Le Conclusioni (un ampio saggio di 35 pagine) toccano i nodi aperti del tempo a noi contemporaneo, con un’attenzione verso il futuro: quale è e sarà il ruolo dell’Europa sul terreno della globalizzazione economica? Vi sono (o meno) segnali chiari del formarsi di un sistema giuridico europeo, non meno che di una società europea? Infine, vengono proposti interessanti spunti sulle dinamiche del fattore religioso e sul tema – di cui Cornelißen è particolarmente esperto – delle politiche della memoria e delle forme di legittimazione della storia nazionale e dell’Europa.
Come si può vedere, l’autore ha compiuto uno sforzo davvero titanico di mettere in luce le dinamiche più importanti su diversi terreni: economico, politico, sociale, culturale, con le loro numerose sfumature. Non ha molto senso evidenziare qualche specifico aspetto su cui lo scrivente avrebbe messo un accento diverso, o aspetti che avrebbe trattato più o meno intensamente di quanto abbia fatto Cornelißen. In questo ragguardevole lavoro di sintesi tutto torna e le argomentazioni appaiono in sostanza convincenti. Nelle conclusioni Cornelißen ripropone a fattori rovesciati le problematiche del rapporto fra Europa e mondo: all’inizio del libro il nostro continente era egemone, oggi invece è un elemento subordinato, ma ieri come oggi i due aspetti si intrecciano e si interfacciano in relazione dialettica. Allora come oggi l’Europa deve essere considerata come una delle regioni del mondo.
In conclusione, credo che ci troviamo davvero di fronte a una monografia importante, alla quale mi sento di augurare una prossima traduzione in italiano.