IV, 2021/2

Costanza Calabretta

Rivoluzione pacifica e Unità

Review by: Teresa Malice

Authors: Costanza Calabretta
Title: Rivoluzione pacifica e Unità. Celebrazioni e culture della memoria in Germania (1990-2015)
Place: Roma
Publisher: Viella
Year: 2019
ISBN: 9788833132365
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Reviewer Teresa Malice - Università di Bielefeld

Citation
T. Malice, review of Costanza Calabretta, Rivoluzione pacifica e Unità. Celebrazioni e culture della memoria in Germania (1990-2015), Roma, Viella, 2019, in: ARO, IV, 2021, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/2/rivoluzione-pacifica-e-unita-teresa-malice/

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Nella generale frammentazione geografica che si accompagna alla memoria e alla celebrazione degli eventi storici del 1989 europeo – determinato, quest’ultimo, da molti fattori e pertanto patrimonio di molti luoghi – vi è però un paese che più di ogni altro lo incarna: la Germania. Certo non senza difficoltà: se la presenza di una doppia statualità e l’esistenza di due sistemi politico-culturali contigui ma opposti per quarant’anni ha prodotto nel paese riunificato una propensione a una sana cultura del dibattito (Debattenkultur), non mancano divisioni profonde, spesso peraltro antecedenti alla fondazione delle «due Germanie», uno dei cui campi di battaglia è ancora oggi, la cosiddetta Erinnerungskultur. Il termine, in uso nel contesto tedesco, sottolinea e comprende «tutte le forme pensabili del ricordo consapevole riguardo eventi, personalità e processi storici, siano essi di natura estetica, politica o cognitiva», prendendo in considerazione variegate rappresentazioni della storia da parte di molteplici attori (p. 13).

È questo il tema centrale del volume di Costanza Calabretta, scaturito da una ricerca di dottorato svolta presso l’Università degli studi “La Sapienza”, e condotta tra Roma e Berlino. Calabretta indaga tre date centrali del biennio 1989-1990 in Germania, analizzando mutamenti, dibattiti, cambiamenti di direzione nelle celebrazioni pubbliche di queste occorrenze dal 1990 al 2015. Le date esaminate sono il 3 ottobre, giorno della riunificazione nel 1990, o meglio dell’«adesione» (p. 41) della Repubblica Democratica alla Repubblica Federale; il 9 ottobre, giorno delle manifestazioni pacifiche a Lipsia e nell’ex DDR nel 1989; e il 9 novembre, data dell’abbattimento del Muro di Berlino, evento di grande impatto dal punto di vista visivo e simbolico, ma con ripercussioni concrete, sia sulla storia tedesca sia su quella mondiale.

Il libro si compone di cinque sezioni, organizzate in modo chiaro e sistematico. Ottima per l’inquadramento teorico e metodologico e per il focus sul tema – per nulla scontato – del rapporto tra storia e memoria, è l’introduzione, in cui l’autrice mette al corrente lettrici e lettori dei recenti e meno recenti dibattiti storiografici e sociologici circa feste nazionali, anniversari e giubilei nella tradizione tedesca. Al centro dell’attenzione è la complessa gestione della memoria sul piano istituzionale, affrontata con uno sguardo di lungo periodo che non si limita all’osservazione delle «due Germanie», ma che individua dinamiche conflittuali e non condivise in tutte le fasi della vita del paese, a partire dall’unità. All’introduzione segue un conciso prologo dedicato al 17 giugno, giorno della rivolta operaia e popolare in Germania orientale nel 1953, adottato come festa nazionale nella Repubblica Federale durante la Guerra fredda, e ai dibattiti circa la sua adeguatezza come commemorazione per la Germania unita.

Il cuore del volume è dedicato, tuttavia, ad un’analisi dettagliata delle tre date menzionate. L’autrice domina con competenza le relative discussioni, mettendo a fuoco le diverse posizioni e spostandosi agilmente tra i molteplici livelli, anche spaziali, del confronto: le piattaforme statali (il Parlamento, i partiti politici, la stampa a diffusione nazionale), ma anche quelle locali. Ad essere esaminate sono anche la declinazione del dibattito sulle celebrazioni nei Länder occidentali e orientali, e la percezione popolare delle festività. Di ogni data l’autrice studia gli eventi storici e il loro svolgimento, l’istituzione primigenia della ricorrenza e le relative discussioni, e l’evoluzione delle stesse nel corso del tempo. Così ad esempio del 3 ottobre, ancora oggi festa nazionale, non senza controversie, vengono evidenziati sia i tentativi di trovare in essa un momento realmente unificante, sia i problemi connessi a un dibattito ancora molto permeato dalle logiche della Guerra fredda, in cui ai fiancheggiatori della festività si contrappongono i critici della stessa, tra cui i sostenitori dell’ipotesi dell’Anschluss – annessione – della DDR alla Repubblica Federale. Il 9 novembre viene invece raccontato, nel volume, come giorno «fatale» (Schicksaltag) della storia tedesca, in quanto non ricorda solo l’abbattimento del Muro, bensì la fine del Kaiserreich nel 1918, il fallito Putsch di Hitler nel 1923, e la «notte dei cristalli» nazista del 1938 (pp. 133-134). Tuttavia, anche la storia e la memoria del 9 ottobre sono analizzate dall’autrice nel loro potenziale divisivo, in quanto appartenenti all’esperienza specifica della cosiddetta «svolta» (Wende) – o meglio ancora «rivoluzione pacifica» (Friedliche Revolution – nella DDR (p. 31).

Il volume di Calabretta ha due enormi punti di forza. Da un lato apre a un campo di studi che in Italia è ancora, con poche eccezioni, quasi completamente inesplorato, quello interdisciplinare dei memory studies. L’autrice si addentra infatti con competenza non solo nei lavori storiografici specifici sulla Germania, ma anche in quelli sociologici, politologici e antropologici, sulle teorie relative all’uso della memoria. Molti dei maestri di questo filone – su tutti, ad esempio, Pierre Nora, Aleida Assmann e Bruno Groppo – sono citati e utilizzati nel libro. Per rendere il lavoro ancora più completo e innovativo rispetto a quanto già non sia, nel contesto italiano e in assoluto, sarebbe stato forse auspicabile introdurre anche ulteriori prospettive legate ai memory studies, come quella di Wulf Kansteiner, che molto ha scritto sulla rielaborazione del passato tedesco, soprattutto nazionalsocialista, ma anche su questioni teorico-metodologiche più generali.

Il secondo aspetto che colpisce è la completezza e sistematicità della trattazione, per il pubblico italiano, accademico e non, che si voglia avvicinare alla storia tedesca recente attraverso la lente della memoria pubblica. Sistematicità, tuttavia, che si può applicare anche al contesto tedesco, dove riflessioni sulle culture della memoria legate al biennio 1989-1990 sono molto presenti sul piano storiografico e nel dibattito pubblico, ma più nella forma di brevi articoli e altre pubblicazioni che non di volumi dedicati. La formazione binazionale della ricercatrice è un valore aggiunto, in questo senso, in quanto riesce ad arricchire il dibattito interno alla Germania con una prospettiva fresca ed esterna, ma anche a portare in Italia contenuti altrimenti difficilmente accessibili.

Partendo da queste considerazioni, ciò che forse avrebbe costituito un’ulteriore aggiunta ai molti pregi di questo lavoro è l’adozione di un approccio più valutativo rispetto al tema affrontato. Se la lettura è arricchita dalla molta documentazione utilizzata (di natura istituzionale, giornalistica, politica, accademica), dall’altro la voce dell’autrice pare a tratti dissolversi nel ricorso a così tante fonti, in un quadro in cui le questioni vengono ordinate, sviscerate e analizzate in modo rigoroso ed esaustivo ma il «tracciare le parabole» (p. 215) ostacola parzialmente il dispiegarsi della prospettiva di chi scrive. È vero tuttavia che la scelta di una distanza ben regolata nei confronti del tema è tutt’altro che controproducente, nella misura in cui gli studi sulla memoria e sulle celebrazioni costituiscono materia calda e attuale, in ragione della vicinanza temporale e del loro carattere di «storia presente». Nel complesso, dunque, Calabretta ha forse trovato un virtuoso giusto mezzo, indicando una strada percorribile a chi, nei confronti dei memory studies, è ancora scettico.  

Il libro si chiude con il 2015, e con alcune domande aperte sul futuro delle politiche del ricordo, nonché sul ruolo di AfD e Pegida rispetto ad esse. A Calabretta il merito di averle individuate precocemente e di aver scritto un libro prezioso come base per ulteriori, future ricerche.

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