IV, 2021/1

Giuseppe Albertoni, Marco Bellabarba, Emanuele Curzel (eds.)

La storia va alla guerra

Review by: Anna Grillini

Editors: Giuseppe Albertoni, Marco Bellabarba, Emanuele Curzel
Title: La storia va alla guerra. Storici dell’area trentino-tirolese tra polemiche nazionali e primo conflitto mondiale
Place: Trento
Publisher: Università di Trento. Dipartimento di Lettere e Filosofia
Year: 2018
ISBN: 8884438256
URL: link to the title

Reviewer Anna Grillini

Citation
A. Grillini, review of Giuseppe Albertoni, Marco Bellabarba, Emanuele Curzel (eds.), La storia va alla guerra. Storici dell’area trentino-tirolese tra polemiche nazionali e primo conflitto mondiale, Trento, Università di Trento. Dipartimento di Lettere e Filosofia, 2018, in: ARO, IV, 2021, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/1/la-storia-va-alla-guerra-anna-grillini/

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Il volume, nato da un convegno svoltosi nel 2016, si inserisce nell’ambito di un progetto inter-dipartimentale coordinato da Gustavo Corni presso l’Università di Trento con l’obiettivo di analizzare alcuni aspetti delle conseguenze del primo conflitto mondiale attraverso l’organizzazione di iniziative collettive.

Il primo contributo è di Giuseppe Albertoni, che descrive l’apporto di Theodor von Sickel nell’esportazione in area tirolese di un paradigma storiografico tedesco che, attraverso la pubblicazione delle fonti medievali della storia 'tedesca', ipotizza la discendenza diretta dei tedeschi di primo Ottocento dai germani, legando così filologia e patriottismo. Simbolo per eccellenza di questa corrente sono i Monumenta Germaniae Historica, impresa editoriale avviata da Karl von Stein dopo le guerre napoleoniche e il Congresso di Vienna. Questo paradigma, di cui Theodor von Sickel è uno dei principali esponenti, rappresenta un pilastro fondamentale della formazione di un’intera generazione di storici tirolesi e non che dovettero affrontare la Grande Guerra.

La biografia di Michael Mayr, prima deputato e poi cancelliere della Repubblica austriaca, è al centro del saggio di Walter Landi. Storico e politico austriaco, Mayr fu riconosciuto dai suoi contemporanei come uomo di grande cultura e capacità scientifiche, ma fu anche tacciato di carrierismo e camaleontismo politico. Tappa fondamentale del suo successo scientifico fu indubbiamente l’assunzione della carica di direttore dello Statthalterei-Archiv (Archivio della Luogotenenza) di Innsbruck (oggi Tiroler Landesarchiv) nel 1897; sotto la sua guida esso divenne uno dei più importanti archivi del paese, verso il quale confluirono sia numerosi fondi archivistici, sia studiosi che coniugavano la figura dell’archivista con quella del ricercatore. Nel 1904 Mayr prese l’innovativa decisione di fondare le «Forschungen und Mitteilungen zur Geschichte Tirols und Vorarlbergs», rivista direttamente dipendente dallo Statthalterei-Archiv. Accanto alla carriera scientifica si sviluppò quella politica, nelle fila dei cattolico-conservatori e poi in quelle dei cristiano-sociali. Nel radicalizzarsi della lotta nazionalistica, Mayr aderì al Tiroler Volksbund e durante la guerra si impegnò per ricondurre alla nazione originaria chi era «da sempre tedesco», sottraendo anche ladini e friulani all’influenza italiana e riportandoli alla lingua e alla cultura tedesca.

Rovereto è il centro geografico degli interventi di Davide Allegri e Vito Rovigo. Il roveretano Ettore Tolomei fu l’inventore del concetto territoriale di «Alto Adige» e attraverso la rivista «Archivio per l’Alto Adige» diffuse il suo manifesto politico-culturale. Nel contributo di Allegri si analizza in particolare come Tolomei, dalle pagine della sua rivista, affrontò la trattazione delle guerre napoleoniche e dell’insurrezione del 1809. Il panorama culturale roveretano si arricchì, nel 1909, di una nuova rivista storica: «San Marco. Studi e materiali per la storia di Rovereto e della Valle Lagarina». Nel suo saggio, Rovigo si interroga sui motivi che spinsero un pugno di intellettuali a fondare la rivista e perché proprio a Rovereto. La pubblicazione continuò a uscire fino allo scoppio della Grande Guerra e si caratterizzò per una maggiore militanza nazionalistica rispetto alla realtà dell’Accademia degli Agiati.

Emanuele Curzel rivisita alcuni scritti poco noti di Luigi Onestinghel per meglio definire il suo profilo di storico e intellettuale. L’analisi di questi scritti trasmette un preciso orientamento nazionale e un’attività di studioso condotta nella convinzione che il lavoro intellettuale fosse l’ambito maggiormente represso dal «regime militare austro-ungarico» e che la missione politica fosse ciò a cui doveva tendere l’opera di diffusione della cultura. Un altro aspetto che emerge dallo studio del Diario di Onestinghel è la continuità tra i suoi scritti bellici e pre-bellici, a riprova del fatto che non furono le svolte autoritarie del conflitto a condurlo verso l’italianità. Curzel conclude, infine, sottolineando come il patriottismo dello studioso trentino costituisse non solo una rivendicazione dell’italianità del Trentino ma una volontà di estenderne il confine verso nord, seguendo i confini disegnati prima da Napoleone e poi da Tolomei.

Le conseguenze che la guerra lasciò sulla vivace vita associativa e pubblicistica dell’inizio del Novecento sono oggetto del saggio di Francesco Frizzera. Attraverso un’analisi prosopografica di gruppo vengono analizzate le differenti impostazioni delle riviste («Archivio Trentino», «Tridentum», «Pro Cultura», «Rivista Tridentina», «San Marco») e i rapporti tra le stesse. Le singole esperienze di guerra dei collaboratori delle riviste considerate, pur differenti nelle loro peculiarità, produssero il comune lascito di rinforzati rapporti con l’Italia. La guerra impose prese di posizione che superarono le divisioni politiche pre-belliche e permisero la costituzione della Società di Studi Trentini, finalizzata alla divulgazione storica per la regione e che sostituì le cinque testate pubblicate prima del conflitto.

Il dopoguerra diventa protagonista a cominciare dal contributo di Carlo Andrea Postinger riguardante la mancata epurazione di Carlo Teodoro Postinger dall’Accademia Roveretana degli Agiati. Il ruolo del presidente fu messo in discussione, in particolare, per i due atti di omaggio all’imperatore. Il contesto del Trentino post-bellico, l’instabilità e la difficile ricostruzione fecero sì che il caso di Postinger oltrepassasse i muri dell’accademia e approdasse anche sulla stampa. A riprova del clima confuso in cui si sviluppò questo caso, non venne operata alcuna epurazione, ma si preferì far decadere la questione insieme al naturale rinnovo delle cariche.

Werner Maleczek si addentra ancor di più negli anni successivi al conflitto affrontando la questione della controversa lealtà di Leo Santifaller, primo direttore dell’Archivio di Stato di Bolzano dal 1921 al 1927, sul cui ruolo dirigenziale pesavano le pressioni di italianizzazione. Gli imbarazzi vissuti duranti gli anni da direttore, diviso tra retaggio culturale e contesto politico, lo spinsero ad accettare un posto presso i Monumenta Germaniae Historica per lavorare ai Diplomata e guidare gli affari amministrativi nella Direzione centrale.

Con il contributo di Marco Bellabarba continua la sezione dedicata al dopoguerra. Dopo lunghi anni di studi, lo storico Hans von Voltelini depose la penna nel 1919 e cancellò Trentino e Sudtirolo dai propri interessi scientifici. La figura di questo studioso è stata spesso intrappolata nella definizione di «figlio fedele del Land Tirol» e le sue aspre opinioni del dopoguerra non furono viste come cesure ma come conferme di vedute già espresse nei suoi lavori precedenti, come se tutta la vita professionale di Voltelini fosse riconducibile a un unico filone patriottico. Questa interpretazione, tuttavia, impedisce di comprendere la portata dei sentimenti di chi visse gli ultimi drammatici giorni dell’Impero asburgico, di chi vide le truppe italiane varcare il Brennero e la propria terra cambiare bandiera.

Hannes Obermair parte dall’esempio del Tiroler Urkundenbuch per affrontare il legame tra le edizioni di documentazione medievale e la storiografia di guerra. Il dopoguerra condusse a un riesame del progetto che aveva ricevuto un nuovo impulso all’inizio del secolo, i cambiamenti che subì il Tiroler Urkundenbuch riflessero quelli politici, in particolare i tratti sempre più nazionalisti della storiografia tirolese.

L’ultimo contributo è quello di Michael Wedekind, incentrato sulla biologizzazione del sapere storico. Così come nel resto del continente, anche nel Tirolo del dopoguerra fiorirono gli studi a sfondo razziale con l’obiettivo di supportare scientificamente le aspirazioni nazionali. La scienza, quindi, come base per la rivendicazione dell’unità geografica e culturale del Tirolo tedesco.

Il volume si conclude con una corposa postfazione di Fabrizio Rasera che riprende vari punti salienti dei contributi, sottolineandone l’importanza e gli spunti per il futuro.

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