III, 2020/2

Benjamin Heidenreich

Ein Ereignis ohne Namen?

Review by: Angela De Benedictis

Authors: Benjamin Heidenreich
Title: Ein Ereignis ohne Namen?. Zu den Vorstellungen des ‚Bauernkriegs‘ von 1525 in den Schriften der ‚Aufständischen‘ und in der zeitgenössischen Geschichtsschreibung
Place: Berlin
Publisher: De Gruyter Oldenbourg
Year: 2019
ISBN: 9783110603750
URL: link to the title

Reviewer Angela De Benedictis - Università di Bologna

Citation
A. De Benedictis, review of Benjamin Heidenreich, Ein Ereignis ohne Namen?. Zu den Vorstellungen des ‚Bauernkriegs‘ von 1525 in den Schriften der ‚Aufständischen‘ und in der zeitgenössischen Geschichtsschreibung, Berlin, De Gruyter Oldenbourg, 2019, in: ARO, III, 2020, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2020/2/ein-ereignis-ohne-namen-angela-de-benedictis/

PDF

È ormai da una quarantina d’anni, certamente a partire dal ‘classico’ studio di Peter Blickle sulla guerra dei contadini come rivoluzione nella Riforma luterana [1], che la storiografia si interroga sulle diverse denominazioni utilizzate dai contemporanei in relazione all’evento del 1525. Guerra, sedizione, sollevazione, tumulto, o altro? Il libro di Heidenreich, risultato della dissertazione discussa presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Würzburg nell’estate del 2017, riprende il problema da un punto di vista nuovo rispetto alla stagione di rinnovamento degli studi costituita dalla ricerca di Blickle e altri a partire dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso.

La questione di cui si occupano le 314 pagine del libro – completate da una consistente bibliografia e da un indice delle espressioni utilizzate dai contemporanei all’evento nelle diverse tipologie di fonti che sono alla base della ricerca – è come gli insorti («Aufständischen» è il lemma di cui si serve l’autore nella sua trattazione) avessero descritto le proprie intenzioni, premesso che non avevano mai trovato una denominazione per l’evento di cui erano stati attori principali (in relazione al quale Heidenreich si serve del termine «Erhebung». Avevano comunque un nome per significare le loro intenzioni? A quale vocabolario ricorrevano? E a quel vocabolario come si rapportarono le cronache e narrazioni dei contemporanei?

Per rispondere, Heidenreich ritiene di non poter più ricorrere né alla semantica storica né alla analisi del discorso, ma trova un utile metodo di lavoro e un valido presupposto teorico nella politolinguistica, nell'analisi dei concetti politici unita a quella delle strategie verbali e delle tematizzazioni linguistiche. Il concetto di propaganda della scienza politica moderna intensa come forma di comunicazione costituisce altresì uno strumento di lavoro adatto a interpretare le fonti primarie. Queste sono costituite soprattutto dai pamphlet (Flugschriften) degli insorti, compresi naturalmente i famosi 12 articoli; dalle corrispondenze delle loro assemblee, relative ad un'area territoriale che dal caso di studio iniziale e costantemente presente (Rothenburg ob der Tauber, in Baviera) si estende necessariamente alle collegate realtà in Alta Svevia, Württemberg, Neckartal-Odenwald. Per le cronache e le narrazioni contemporanee, redatte dalla parte contrapposta agli insorti, Heidenreich si serve dell’enorme corpus già raccolto nell’ultimo quarto del XIX secolo, ampliato da alcune edizioni più recenti.

L’analisi delle fonti di parte degli insorti mostra che fin dall’inizio l’evento è caratterizzato da una discussione con la controparte sul significato e sull’uso corretto di determinati termini, che rinvia a diverse concezioni della realtà e a diverse pratiche sociali. Il lemmario che Heidenreich estrae dalle fonti e di cui segue anche la frequenza è costituito da quelle parole/concetti già ben noti alla storiografia sull'argomento: soprattutto, fratellanza (Bruderschaft), amore per il prossimo (Nächstenliebe), concordia (Einigkeit), giustizia (Gerechtigkeit), bene comune (gemeines Nutzen), verità (Wahrheit), obbedienza/disobbedienza (Gehorsamkeit/Ungehorsamkeit); e naturalmente Aufruhr, Empörung.

Con quel vocabolario a disposizione gli insorti si confrontavano intensivamente e denominavano le proprie intenzioni in modo stereotipato. Lo usavano in modo contrario rispetto agli avversari, distanziandosi dalle loro connotazioni negative, ridefinendolo per ricostruire una concezione positiva di una resistenza legittima.  Le neo-definizioni miravano a influenzare altre persone e a stabilire nuove concezioni della realtà anche attraverso l’uso della violenza.

Se l’analisi dei termini è funzionale  all’indagine sulle intenzioni degli insorti, quella degli elementi narrativi – cioè della storiografia coeva agli eventi e delle diverse forme di racconto – serve all’autore per affrontare innanzitutto la questione degli elementi scelti dai cronisti (normalmente a nome dell’autorità cittadina e/o dei signori) per trasformare gli eventi in «guerra contadina» (Bauernkrieg), e poi anche il passaggio alla cultura della memoria.

Una parte del lavoro di Heidenreich è anche dedicato a analizzare quale nome fosse utilizzato dagli insorti per significare la trasformazione della società. In questa parte sono seguite alcune specifiche vicende di conflitti tra insorti e autorità che si svolsero, a seconda dei casi, pacificamente o con l’uso della violenza. È qui che entrano in gioco alcune parole non prese in considerazione in precedenza, come tirannide, ordine, riforma, verità evangelica e cristiana, difesa per necessità (Notwehr). È qui che il racconto biblico dell’Esodo fornisce per una cinquantina di pagine (pp. 177-226) il nome per la auspicata trasformazione della società nel 1525, la possibilità di rappresentare la terra promessa.

Da un certo punto di vista è questa la conferma che gli insorti non riuscissero a trovare una denominazione contemporanea per l’evento di cui furono protagonisti.

Questa è infatti la conclusione cui giunge l’autore del libro, che però sottolinea anche come gli insorti non rimasero senza voce. Il linguaggio politico con il quale espressero le proprie intenzioni aveva origine nel credo della Riforma e anche in altri discorsi che prospettavano meccanismi di soluzione di problemi sociali, attraverso azioni.

Fin qui, per quanto molto sintetizzato, il contenuto del libro. Esso offre indubbiamente numerosi spunti di riflessione per ulteriori ricerche e che certamente coglie un problema rilevante nel richiamare l’attenzione sull’evento senza nome. Il volume presenta tuttavia alcuni elementi di debolezza – a parere di chi scrive – quando, da una parte, rinuncia ad approfondire la dimensione del sapere culturale cui pure fa riferimento in quanto base per le intenzioni degli insorti. Come se quel lemmario che le esprime non avesse già un proprio spessore prima del 1525. Dall’altra, quando non prende sufficientemente considerazione il livello di discussione storiografica già presente sulla problematica del quantum di diritto divino e di ‘altro’ diritto nei 12 articoli prima che la sua ricerca fosse conclusa. Non si può ovviamente imputare a Heidenreich di non avere riflettuto su un libro che al momento della chiusura del suo manoscritto non era ancora stato pubblicato. Alludo qui alla monografia di David von Mayenburg sul diritto comune nei 12 articoli [2], di cui va comunque dato atto a Heidenreich di avere auspicato la futura uscita (p. 205, nota 663). Lo ripeto, questo è ovvio. Molti altri saggi sul tema, alcuni dei quali dello stesso von Mayenburg, che Heidenreich mostra di conoscere, forniscono tuttavia elementi sufficienti per poter osservare tramite le parole del lemmario degli insorti altre fonti utilissime al fine di ipotizzare risposte alle domande da lui poste. Forse i cinque anni che mancano al cinquecentenario della ‘guerra contadina’ offriranno la possibilità di ulteriori confronti e riflessioni su un tema sempre avvincente.  

 

[1] P. Blickle, Die Revolution von 1525, München, R. Oldenbourg, 1981 (I edizione), trad. it. La riforma luterana e la guerra dei contadini. La rivoluzione del 1525, Bologna, Il Mulino, 1983.

[2] Su cui A. De Benedictis, recensione a D. von Mayenburg, Gemeiner Mann und Gemeines Recht. Die Zwölf Artikel und das Recht des ländlichen Raums im Zeitalter des Bauernkriegs, Frankfurt a. M., Klostermann, 2018, in  ARO, 2, 2019, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2019/2/gemeiner-mann-und-gemeines-recht-angela-de-benedictis/

 

Subscribe to our newsletter

Partners