Reviewer Serena Di Nepi - Sapienza Università di Roma
CitationCon un ricchissimo volume in inglese, curato a otto mani, un gruppo di studiosi italiani interviene nel dibattito internazionale sulla storia delle conversioni religiose in età moderna portando, finalmente, al centro della riflessione il tema della violenza. Ed è questo, ad ogni evidenza, il primo risultato di Compel People to Come In. Il lavoro punta a ricentrare gli studi sulle conversioni intorno al nocciolo essenziale della questione e lo fa a partire dalle proposte più interessanti e innovative degli ultimi anni che, in contesti differenti, hanno lavorato su questo tema indagandolo, in qualche modo, in quanto zona di contatto tra culture differenti. La conversione, però, comporta una drastica trasformazione identitaria e per questo motivo rappresenta un fenomeno difficile da inquadrare nelle sue ragioni profonde e nelle sue conseguenze sugli individui e sui gruppi. Dietro porosità di confini, intrecci e ibridismi tra fedi in conflitto – che senza dubbio costituiscono un aspetto importante del fenomeno e favoriscono processi ambigui di conoscenza reciproca –, la struttura profonda di questa trasformazione non può che essere violenta, in ogni tempo e in ogni luogo. Come ricordano puntualmente Lavenia, Pastore, Pavone e Petrolini nell’introduzione "every conversion brings with it an irreducible core of violence because it involves the cancellation of the repudiated tradition in favour of another, in the name of a necessary opposition between true and false, enemy and friend" (p. 9).
A partire da questa considerazione, i quattro curatori interrogano un gruppo nutrito e autorevole di studiosi su una materia tanto straordinariamente sfuggente e scivolosa partendo da un dato di fatto: la traslazione di un’appartenenza religiosa non è fenomeno pacifico ma implica, quasi sempre, l’esercizio di forza da parte di chi esercita potere su chi, in un preciso momento, è oggetto di tale potere. La duplice configurazione del paradigma conversionistico cristiano – che viene opportunamente richiamata in diversi passaggi del volume – si costruisce, comunque, intorno all’idea della necessità della salvezza universale e dell’impossibile accettazione di altre scelte. Tanto la conversione intesa come decisione subitanea, nella versione paolina, quanto il modello della conversione come processo graduale, nell’interpretazione agostiniana, portano con sé un rifiuto ineluttabile delle appartenenze altre e una spinta altrettanto decisa e spregiudicata alla loro integrazione. La definizione della conversione come campo di indagine autonomo apre scenari vasti e diversificati alla ricerca: anche solo restando nei confini del mondo cristiano ed europeo, la violenza è parte sia dei processi di evangelizzazione messi in campo dall’area riformata nei confronti di popolazioni altre sia dei rapporti tra le diverse confessioni cristiane, segnati da azioni di violenta imposizione di modelli ortodossi. E lo stesso discorso può e deve essere fatto riguardo ad altri contesti geografici e religiosi dove, in Africa, in Asia, nelle zone sotto controllo islamico e così via, le maggioranze tendono a imporre la propria fede operando attraverso strumenti coercitivi e modelli di governo ritenuti, di volta in volta, adatti allo scopo. Se, dunque, la comparazione costituisce un metodo essenziale nello studio della conversione e un’analisi ad ampio spettro è un obiettivo importante per la ricerca futura, d’altro canto la delimitazione del campo è il primo passo da compiere per arrivare al bandolo di una matassa tanto intricata. E con buone ragioni Compel People to Come In compie scelte puntuali e le dichiara sin dalle prime pagine: la società cattolica, le aree extra-Europee, la prima età moderna. Dunque, la stagione delle missioni e del global catholicism.
Come indica lo stesso titolo del volume, l’attenta analisi di questo celebre versetto di Luca guida il lettore e accompagna la riflessione degli autori. "E il signore disse al servitore: Va’ fuori per le strade e lungo le siepi, e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena" (14,23). Quali sono le interpretazioni di questo passaggio in contesti diversi? Quanto incide l’esperienza iberica e quanto la frattura cinquecentesca sposta la discussione alla luce sia dell’afflato missionario cattolico universale sia delle vicende europee?
La prima sezione del volume tenta rispondere a queste domande lavorando sulla terminologia e sull’elaborazione teorica che ne accompagna lo sviluppo nel pensiero dei gesuiti impegnati in parti diverse del mondo. I saggi di Imbruglia, Zeron e Agnolin raccolti in Thinking Conversion and Violence ripercorrono le narrazioni e le riflessioni interne all’Ordine sulla propria missione e sull’esercizio della violenza. Nella seconda sezione – Conversions and Missions: Practicing Violence? – si passa dalla violenza pensata alle possibilità di esercitarla in situazioni differenti. Windler, Correia e Pavone ragionano rispettivamente sulla Persia, sul Giappone e sull’India meridionale tra Cinque e Seicento, ricostruendo nel dettaglio l’evoluzione dei rapporti di forza sul terreno e del gioco della diplomazia internazionale e sottolineando quanto la storia delle missioni sia composta da un ventaglio di fattori interdipendenti tra loro e tra cui deve essere inclusa anche la violenza, seppure declinata diversamente (fisica, psicologica, pubblica, privata e così via) proprio sulla base della composizione variabile di questi elementi. La terza e ultima parte (Narrating and Occulting Violence: Tales of Conversions) sposta la riflessione sul piano delle narrazioni e inserisce i metodi della storia delle emozioni e delle indagini sugli egodocuments nel dibattito sulla violenza della conversione. I saggi di Po-Chia Hsia, Lavenia e Petrolini partono dalla Cina dei gesuiti del primo contributo e riportano l’asse geografico in Italia, a Loreto e nelle prigioni napoletane in cui fu recluso Tommaso Campanella (nel secondo e nel terzo). Si genera così un dialogo fittissimo che tiene insieme successi, insuccessi e modelli perfetti di conversione, che possono essere un obiettivo ideale nel mondo ma che trovano concreta realizzazione nello spazio simbolico e salvifico del santuario dello Stato della Chiesa.
In conclusione, si tratta di un volume importante, che discute temi-chiave del global turn intrecciando metodi e interpretazioni differenti e aggiungendo con consapevolezza un tassello essenziale agli studi sulle conversioni. La mutazione delle appartenenze è esperienza inafferrabile. Lo spostamento di fede può verificarsi a livello individuale e collettivo, può essere anche frutto di una decisione di gruppo a cui l’individuo non ha modo di opporsi. In entrambi i casi può configurarsi come una scelta volontaria e libera, sostenuta da convinzioni fortissime, oppure arrivare a seguito di pressioni esterne assai intense e di varia natura. La conversione comporta la rottura di reti di relazione antiche, la loro sostituzione con altre e, dunque, la costruzione di nuovi e incerti equilibri e il riposizionamento del convertito in contesti che spesso faticano a gestire e comprendere questa nuova condizione. Mobilità e transizione connaturano la conversione e rendono il suo studio un'operazione difficile su cui la proposta che arriva da questo libro segna un punto fermo a livello internazionale aprendo una riflessione che merita di essere messa alla prova e discussa anche in molti altri settori di ricerca sulle minoranze religiose e sulle loro interazioni.