II, 2019/2

Ferdinando Fasce

La musica nel tempo

Review by: Edoardo Tortarolo

Authors: Ferdinando Fasce
Title: La musica nel tempo. Una storia dei Beatles
Place: Torino
Publisher: Einaudi
Year: 2018
ISBN: 9788806224998
URL: link to the title

Reviewer Edoardo Tortarolo - Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"

Citation
E. Tortarolo, review of Ferdinando Fasce, La musica nel tempo. Una storia dei Beatles, Torino, Einaudi, 2018, in: ARO, II, 2019, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2019/2/la-musica-nel-tempo-edoardo-tortarolo/

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La storia dei Beatles è senza dubbio indispensabile per capire quanto è accaduto nel mondo nel corso degli anni Sessanta, non diversamente – pur nella ovvia diversità di proporzioni – da quanto si verificò nell’Italia dell’Ottocento con le opere ‘patriottiche’ di Giuseppe Verdi. Il libro di Fasce riconosce e dimostra con un ampio ricorso a fonti di ogni genere quanto la storia dei Beatles abbia travalicato i confini del fenomeno musicale, pur imponente, e sia andato oltre, per impatto e ampiezza, rispetto ai precedenti (Elvis Presley) e ai contemporanei (Bob Dylan e i Rolling Stones). Youtube permette di valutare ora, a distanza di quasi sessant’anni, lo scossone generato dai Beatles. Fasce analizza da storico e non da giornalista musicale o da musicologo dilettante, lo svolgimento di questo scossone culturale. 

La dedizione emotiva di Fasce nei confronti della musica dei quattro ragazzi di Liverpool e la gratitudine che Fasce condivide con milioni di baby boomers risulta ovvia ed era necessaria a dare inizio alla ricerca dei materiali, amplissimi, e all’opera di scrittura, sempre densa, sorvegliata e precisa. Si tratta, tuttavia, di un libro antisentimentale: antisentimentale nei confronti dei quattro protagonisti e del sistema di cui sono diventati  una parte importante. L’antisentimentalismo si esprime in uno sguardo sempre rivolto dall’esterno verso i quattro di Liverpool e il loro mondo, senza tentativi di scrivere dall’interno, attraverso una qualche forma di empatia intuitiva verso gli avvenimenti. Fasce scrive nell’introduzione di avere avuto come obiettivo “un lavoro di storia culturale e sociale di un fenomeno musicale restituito al suo tempo” (p. vii). Il libro fornisce, a ben vedere, molto di più, soprattutto esplorando lo specifico produttivo della musica dei quattro. Protagonisti del libro dell’epopea sono almeno altrettanto dei quattro componenti, Brian Epstein e George Martin, rispettivamente agente fino alla morte improvvisa nel 1967, e produttore discografico dei Beatles, in costante dialogo con loro e non senza momenti di tensione. Di entrambi sarebbe errato dire (né ovviamente Fasce lo dice o lo lascia intendere) che hanno inventato i Beatles. Nessuno ha inventato i Beatles, neppure, in fondo, John, Paul, George e Ringo medesimi. Raccontandone la storia come impresa innanzitutto aziendale, Fasce dimostra piuttosto che i Beatles facevano parte di un mondo in cui tutti cercavano di cogliere i segni del tempo, azzardavano interpretazioni e strategie intorno alla musica che volevano di successo. I Beatles, con alti e bassi, emersero come il punto di intersezione tra quanto musicalmente il gruppo riusciva a realizzare, con un’attività di esibizione e di produzione di pezzi assolutamente frenetica, e quanto il mondo allora largamente sconosciuto (ma attentamente indagato) degli adolescenti degli anni Sessanta si aspettava di ricevere. Questa auto-creazione avvenne in gran parte alla cieca, azzardando mosse spericolate, come il lancio dei tours in America: estremamente lucrosi; i concerti furono grandi successi di pubblico, mobilitando masse di spettatori mai viste e polverizzando i record precedenti di Elvis Presley, ma furono ugualmente disastri organizzativi (e spesso pericolosi per tutti, Beatles compresi) e miserabili, brevissime, performance musicali, nelle quali l’ultima ragione per assistervi era ascoltare la musica, sovrastata dalle urla incontrollate delle ragazze e dei ragazzi presenti. La globalizzazione della notorietà dei Beatles, culminata nell’affermazione celeberrima e scandalosa di John Lennon, "Siamo più famosi di Gesù  Cristo", è presentata come un fenomeno che si afferma malgrado paure ed errori in serie nella gestione del gruppo (tipico il disastro diplomatico in occasione del concerto nelle Filippine del dittatore Marcos e i faux pas sull’uso dell’LSD). Che cosa allora ha portato in una posizione di straordinaria popolarità i Beatles? Fasce è prudente nell’indicare chiavi di lettura e spiegazione semplificate: ricorre a un affresco di storia della politica, della cultura, in breve delle società inglese e americana in particolare (con un breve cenno all’Italia e al concerto genovese del 1965) negli anni Sessanta per trovare i punti di aggancio tra i Beatles e le aspettative del pubblico. Se c’è stata una continuità nel loro comportamento fino allo scioglimento nel 1970, essa è da individuarsi nel mimetismo, nella ricerca di una corrente in cui nuotare, sempre pronti a saltarne fuori quando l’identificazione totalizzante rischiava di alienarsi le simpatie di un’altra parte, rilevante e influente, del loro pubblico. I destini dei quattro, non oggetto dell’analisi di Fasce, dimostra l’eterogeneità esistente tra loro: John, afflitto da mille dipendenze, ucciso per strada come simbolo della fama e del successo, Paul, artigiano musicale di inesauribile produzione e simpatica leggerezza, George, mite sognatore di un’India misticheggiante a misura degli europei, Ringo, alla ricerca perenne del prossimo bicchiere di whiskey. Il mistero del loro successo alla fine resta inspiegabile, ma Fasce ha mostrato attraverso quali meccanismi questi improbabili protagonisti della storia globale degli anni Sessanta abbiano trovato (o siano docilmente finiti dentro) l’amalgama perfetto per le prime generazioni postbelliche.

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