I, 2018/2

Paola Molino

L’impero di carta

Review by: Massimo Scandola

Authors: Paola Molino
Title: L’impero di carta. Storia di una biblioteca e di un bibliotecario (Vienna, 1575-1608)
Place: Roma
Publisher: Viella
Year: 2017
ISBN: 9788867288885
URL: link to the title

Reviewer Massimo Scandola - Université de Tours

Citation
M. Scandola, review of Paola Molino, L’impero di carta. Storia di una biblioteca e di un bibliotecario (Vienna, 1575-1608), Roma, Viella, 2017, in: ARO, I, 2018, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2018/2/impero-carta-massimo-scandola/

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Negli ultimi decenni la storia del libro e dell’informazione ha ottenuto un proprio status disciplinare grazie a numerose iniziative editoriali e a svariate ricerche che hanno consentito di esplorare nuove e interessanti piste di storia della conoscenza.

Il lavoro di Paola Molino, L’impero di carta. Storia di una biblioteca e di un bibliotecario (Vienna, 1575-1608) si colloca in questo innovativo filone di ricerca e lo arricchisce di una messe di nuovi dati relativi a un fenomeno documentario sinora poco indagato, ovvero il progetto di costituzione di un Museo del genere umano e di una Biblioteca imperiale universale, portato avanti da Hugo Blotius a Vienna quand’era imperatore Rodolfo II d’Asburgo residente a Praga. Tra i meriti di questo lavoro, vi è appunto quello di “aver acceso i riflettori” (e qui cito, in un certo senso, l’autrice) sulla città di Vienna in un momento storico in cui la vita culturale si spostava verso l’altra capitale, la cosmopolita Praga.

Le guerre di religione, la secolarizzazione e la deconfessionalizzazione perpetrata da alcuni intellettuali, dei quali fa parte Hugo Blotius, sono lo sfondo ove il bibliotecario mette in campo le sue strategie culturali per edificare un nuovo tempio del sapere.

Questo ricco e innovativo lavoro di ricerca si basa sullo spoglio analitico di svariate fonti e numerose tipologie documentarie. Oltre ai documenti informativi sul bibliotecario e il suo salario (gli Hofzahlamstsbücher), si devono annoverare le corrispondenze amministrative e altrettanti carteggi. Mi limito a citare quelli fondamentali, come i volumi della corrispondenza della Camera aulica ove si registravano le richiese di denaro (Hoffinanzakten), gli indici dei regesti delle richieste di concessioni (Hoffinanzprotokolle) e i protocolli delle richieste sottoposte alla Camera che, come ricorda l’autrice, sono i registri “E” di atti spediti (Expediten). Questa e tant’altra documentazione legata alla storia della biblioteca, studiata dalla conclusione del regno di Massimiliano II, costituiscono un tale immenso corpus da essere definito dall’autrice come un vero e proprio “impero di carta”.

Le pagine del libro dipingono con perizia i tratti di questa complicata stagione di riorganizzazione del sapere e del materiale librario della biblioteca imperiale e mostrano come questo fenomeno fosse strettamente legato a un’altra riorganizzazione: quella della città di Vienna, una volta che la capitale fu trasferita a Praga.

L’autrice descrive con attenzione i lati del perimetro entro cui si muove l’organizzazione del sapere bibliografico alla fine del Cinquecento, come oggi: lo spazio, il mestiere, l’ordine e il pubblico (sempre) dei libri. A questo scopo, Paola Molino ricorda come il progetto originario di Hugo Blotius, nel 1575, prevedesse la creazione di tre grandi istituti di portata, diremmo oggi, europea: un museo del genere umano a Francoforte, una biblioteca imperiale a Vienna e una biblioteca europea a Spira. Chiuso fra mura del Minoritenkloster di Vienna, inizia a prendere forma il progetto di Blotius che viene descritto nel capitolo Lo spazio dei libri, ove campeggiano tutte le problematiche logistiche della costituzione della biblioteca in uno spazio angusto e di difficile utilizzo, com’era il convento dei minoriti viennesi.

Ne Il mestiere dei libri emergono le difficoltà del lavoro del bibliotecario intrapreso fra il 1575 e il 1576. Inoltre, sono evidenziate le motivazioni politiche e culturali che spinsero Blotius a realizzare il catalogo sui turcica, cioè su libri e documentazione circa la storia, la religione e i costumi dell’Impero ottomano, mettendo così in rilievo i caratteri di originalità della biblioteca imperiale.

Il viaggio in Italia e la peregrinatio presso le biblioteche cinquecentesche della Penisola, portarono Blotius a riflettere sull’attività catalografica vera e propria, sulla selezione e sulla conservazione del patrimonio documentario e librario. Ne L’ordine dei libri l’autrice enuclea con attenzione tutti questi aspetti, che spinsero Blotius a concepire le tre grandi istituzioni culturali: il Museum generis humani, la Bibliotheca universalis imperialis e il Museum Blotianum. Questi progetti sono indubbiamente, come ha sottolineato mirabilmente l’autrice, il riflesso di un “periodo di grande espansione dei saperi” che, nel contempo, rischia d’essere frenato dalle pesanti contraddizioni dell’epoca, quali i conflitti religiosi e dottrinari fra cattolici e protestanti e la conseguente instabilità politica delle corti principesche germaniche. Proprio in questo capitolo, l’autrice ha sottolineato con precisione il mutamento epistemologico, sulla scorta delle riflessioni di Krzysztof Pomian, che si realizza alla fine del XVI secolo con la comparsa delle prime importanti tassonomie moderne costruite su strutture logiche rinnovate rispetto a quelle dell’Umanesimo e del primo Rinascimento.

Ritengo un aspetto di grande pregio, l’attenzione rivolta dall’autrice in A quante mani? al mondo degli amanuensi, dei coadiuvanti, degli aiutanti e, più genericamente, dei famuli attivi nel network di Blotius. In questo modo, è stata evidenziata la “coralità” delle pratiche redazionali dei cataloghi che è emersa grazie alle tracce lasciate da Blotius nei suoi carteggi.

Dulcis in fundo: ogni biblioteca ha il suo pubblico da “curare”, da “disciplinare” e su cui “vigilare”. Ne Il pubblico dei libri, l’autrice descrive le problematiche connesse alla regolamentazione dei prestiti esterni, che era una questione molto dibattuta nella gestione delle grandi biblioteche europee (come la Vaticana e quella dell’Escorial). Vengono così descritte le buone pratiche, quali le richieste di giuramento scritto rivolte ai “dotti utenti”, primi fra tutti quelli della corte di Praga. I libri uscivano e così circolavano: da Vienna a Praga. Questo capitolo si sofferma sulle scelte di lettura e sulla molteplicità degli interessi di Rodolfo II, dei funzionari e burocrati della sua corte di Praga, ma forsanche degli artisti e delle varie personalità che occupavano un officio nella compagine imperiale boema. La corrispondenza di Blotius ci restituisce vividamente i suoi contatti con Tycho Brahe e con i vari nodi della Respublica litteraria che si nutriva proprio dello scambio e del traffico dei libri.

In conclusione, lo studio e la ricerca proposta da Paola Mulino apre nuove piste di riflessione sulla storia della cultura e della conoscenza. Apre la prospettiva (questa volta) ad altri “imperi di carta” che, fra continuità, fratture e discontinuità, hanno popolato gli spazi cruciali del libro, della lettura e della circolazione, ma al tempo stesso della trasmissione e del controllo del sapere durante tutta l’età moderna.

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