Reviewer Katia Occhi - FBK-ISIG
CitationIl volume tratteggia una storia della civiltà della carta nella Lombardia spagnola e nello stato sabaudo nel periodo compreso tra l’affermazione ispanica del 1559 e i primi decenni dell’Ottocento. Il punto di osservazione scelto da Giorgio Dell’Oro permette di seguire le traiettorie di un comparto dell’economia italiana e del suo indotto nel corso di una lunga fase connotata alternativamente da periodi di liberalizzazione e di chiusura.
Basandosi su un’ampia tipologia documentaria l’autore descrive la stabilizzazione e la razionalizzazione delle attività commerciali e manifatturiere promosse dal governo spagnolo nel Milanese a partire dal secondo Cinquecento attraverso l’applicazione di nuove normative atte a disciplinare la produzione e la vendita della carta. Alle iniziative perseguite a livello governativo si accompagnò un miglioramento nella tecnica produttiva, anche se i tempi e i costi di produzione rimasero sostanzialmente invariati in quanto i cicli produttivi erano basati sulla disponibilità di stracci e su favorevoli condizioni climatiche e ambientali, legate alla stagionalità dei corsi d’acqua. La fase storica presa in esame non eguagliò mai il momento di massima fioritura della produzione della carta locale che aveva raggiunto il culmine alla fine del Quattordicesimo secolo, quando la carta “lombarda” era esportata verso diversi centri europei. Nel periodo esaminato la produzione cartaria costituiva un settore marginale, ma in epoca spagnola riuscì comunque a soddisfare la richiesta interna.
Il libro si addentra nei particolari tecnici dei processi produttivi svolti nei mulini per la produzione della carta: dalla raccolta degli stracci, al processo di fermentazione e di sedimentazione delle fibre, fino all’asciugatura. Si sofferma in particolare sulla tipologia di impianti costituiti da mulini ‘terranei’ e fluviali, questi ultimi situati in genere in località dotate di corsi d’acqua che generavano la forza idraulica che muoveva le ruote dei mulini. Si trattava di impianti posti al di fuori di centri più inquinati in quanto l’alterazione dell’acqua poteva compromettere la qualità del prodotto. I prerequisiti ambientali sono illustrati attraverso tabelle degli eventi climatici (pp. 38-39) che forniscono un quadro delle difficoltà produttive connesse all’utilizzo delle acque che alimentavano gli opifici idraulici in epoca preindustriale. In Lombardia essi erano circoscritti nell’area compresa tra Milano e Pavia e nel Lodigiano, località dove vi era una forte domanda di carta da parte di enti pubblici e religiosi. Un’alta percentuale di impianti si registrava anche ai confini verso il Ducato sabaudo, gli stati elvetici e la repubblica di Venezia.
L’autore documenta l’attività di mercanti-imprenditori impegnati nel settore della carta, proprietari di grandi impianti gestiti da maestri cartai, i quali nel corso del Cinquecento erano stati espropriati dei mulini da carta ‘(folle’) che richiedevano ampi investimenti finanziari (pp. 47-51). Essi avevano finito per arricchire le fila di lavoratori precari, i cui salari si andarono progressivamente riducendo. Questa concentrazione di proprietà nelle mani di un ristretto gruppo di finanzieri, più interessati a un utile immediato che al potenziamento dei rispettivi opifici, finì per compromettere il settore cartario, privato degli investimenti tecnologici e delle novità introdotte nei territori extrapeninsulari e nel Regno di Sardegna. Già nel primo Seicento si dovette pertanto ricorrere all’importazione di carta dai domini genovesi e veneti (Bergamo in particolare), mentre quella d’Oltralpe rimase marginale fino al periodo napoleonico.
Una diversa gestione del mercato degli stracci favorì invece le produzioni francesi, mentre il frazionamento tra diversi soggetti penalizzò quello italiano, che solo nel corso del Settecento riuscì a organizzare il settore in modo più efficiente. L’autore estende l’analisi anche ad altre realtà coeve e mostra come soluzioni tecnologiche avanzate, quali i tini meccanici, introdotti in Olanda abbiano saputo contrastare le sfavorevoli condizioni ambientali, tanto che l’Olanda riuscì a insidiare il predominio francese nel settore. Il primato così raggiunto le fu strappato a metà del XIX secolo dall’Inghilterra che risulta essere il principale produttore ed esportatore mondiale, superato negli anni Settanta del secolo dagli Stati Uniti e nel 1887 dalla Germania.
Alla cultura materiale della produzione libraria sono riservate le pagine del capitolo “Carta: tipografie, stamperie e librai” dedicate agli statuti dell’arte, al commercio e alla diffusione della stampa, al mestiere degli stampatori, ma anche alle tecniche di sbiancatura e di rilegatura della carta e di confezionamento dei libri.
Il volume di Dell’Oro narra quasi in presa diretta il funzionamento degli uffici della burocrazia milanese, alle prese con la necessità di assicurarsi la fornitura di materiali cartacei e dei vari supporti di cancelleria. Utilizzando documentazione contabile ricostruisce una storia dei consumi che correda con numerose tabelle contenenti indicazioni dei quantitativi di carta utilizzati dal Comune e dall’Arcivescovado di Milano nel Seicento, riportando nel contempo i nominativi dei fornitori. L’autore segue gli acquisti di materiali per usi diversi e offre dati sui costi dei materiali prodotti in loco e di quelli importati.
Ma l’interesse di dell’Oro non è limitato alla carta impiegata nella produzione manoscritta che predominava nel panorama scrittorio di Antico regime. Egli si occupa infatti ampiamente anche di quella impiegata nella stampa di libri e di moduli prestampati diffusi precocemente in quest’area.
La documentazione contabile gli consente inoltre di offrire informazioni sui vari usi della carta nell’epoca moderna: da quella impiegata nelle impannate per le finestre (denominata ‘stamegne’), ai cartoni usati per la rilegatura di libri e registri fino alla carta di tappezzeria entrata in uso nel corso del Seicento. L’autore si addentra inoltre nei particolari tecnici delle tipologie dei fogli utilizzati e nei processi di preparazione della carta, delinea le procedure di preparazione e di stesura delle colle animali per l’impermeabilizzazione della stessa e le tecniche impiegate per la produzione degli inchiostri (pp. 169-193). Una narrazione di dettaglio che si spinge fino a ricostruire le pratiche utilizzate dai copisti per garantire la rapida asciugatura dei fogli servendosi di “sabbia nera” (p. 175).
Il libro è corredato inoltre da tavole con le misure, i prezzi e i salari, oltre che da un glossario di riferimento di termini tecnici che attestano la complessità di fornire al lettore moderno ordini di grandezza per meglio comprendere le attività che ruotavano attorno alla produzione della carta di stracci. Chiudono il libro, oltre agli indici dei nomi di persone, materiali e luoghi, alcune appendici con le liste dei nominativi, delle località e dei periodi di esercizio dei professionisti della carta: ammassatori di stracci, ‘pattari’, stracciai, cartai, follatori e proprietari di ‘folle’, librai, stampatori e tipografi, incisori. Come si può intuire il volume è estremamente dettagliato e ricco di informazioni, che talvolta fanno smarrire il lettore in molteplici rivoli e lo obbligano a tenere nota di problematiche di tipo politico, tecnologico, commerciale, fiscale, nuclei tematici ricorrenti dei due contesti qui esaminati, la realtà lombarda e gli stati sabaudi in Antico regime.