I, 2018/1

Mario Avagliano, Marco Palmieri

L’Italia di Salò

Review by: Roberto Chiarini

Authors: Mario Avagliano, Marco Palmieri
Title: L’Italia di Salò. 1943-1945
Place: Bologna
Publisher: Il Mulino
Year: 2017
ISBN: 9788815270504
URL: link to the title

Reviewer Roberto Chiarini - Università di Milano

Citation
R. Chiarini, review of Mario Avagliano, Marco Palmieri, L’Italia di Salò. 1943-1945, Bologna, Il Mulino, 2017, in: ARO, I, 2018, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2018/1/l-italia-di-salo-roberto-chiarini/

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“Anche vinto il nemico è qualcuno [e] dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso”. La massima di Cesare Pavese, posta in esergo da Mario Avagliano e Marco Palmieri alla loro L’Italia di Salò 1943-1945 va presa sul serio. Lungi dal rivestire un mero valore esornativo, si rivela nel corso dell’opera lo statuto metodologico cui gli autori si attengono scrupolosamente e – se ci è concesso l’apprezzamento – meritoriamente in tutto lo svolgimento della loro riflessione storiografica. Affrontare un viaggio dentro l’universo nero dell’Italia di Salò e non finire sporcati dalla materia che si tratta non è un’impresa da poco. Tanto è vero che non è stata una sfida sinora vinta da molti. È facile, infatti, quando ci si cala nel cosmo fascista macchiarsi di nero. Sia perché impregnato di nero è l’argomento trattato, da cui discende per lo storico il pericolo di cedere a una qualche forma di indulgenza, o addirittura di benevolenza, nei confronti dei protagonisti posti al centro dell’indagine. Sia perché, quando si affronta un tema che nella considerazione pubblica è relegato nel girone buio dei reietti, domina in genere l’assillo di non lasciar adito a compiacenze di sorta per non sentirsi dire che a forza di trafficare con il sudiciume ci si imbratta le mani. La ricostruzione offerta da Avagliano e Palmieri di una vicenda così incandescente com’è stata una sorta di discesa agli inferni degli italiani che alla Rsi (Repubblica sociale italiana), volontari o meno che siano stati, hanno aderito riesce a non superare mai la sottile linea che separa la comprensione (propria del lavoro storiografico) dalla giustificazione (propria dell’opzione politica).

Facilita certo il loro compito il fatto che L’Italia di Salò non circoscriva la trattazione ai soli “ragazzi di Salò”, ai giovani cioè che corsero di slancio “a cercar la bella morte”, ignari o orgogliosi del fatto che quella fosse “la causa sbagliata”. Lo spettro dell’universo nero scandagliato è infatti ben più largo. Spazia dalla stretta cerchia dei volontari ai coscritti (vale a dire i giovani di leva arruolati d’imperio nell’esercito regolare), dagli optanti (i militari detenuti nei campi di internamento tedeschi che accettarono il reclutamento nella Rsi) ai prigionieri non cooperanti (presenti nei vari campi di detenzione allestiti dagli alleati), dagli animatori di un fascismo clandestino che si ramificò in molte plaghe dell’Italia liberata, non senza riservare un’attenzione mirata alle strategie adottate, alle dinamiche sviluppate nonché alla concreta azione militare dispiegata dall’esercito di Graziani e dalle varie milizie nere operanti nel campo fascista contro partigiani e civili, per chiudere con un esame del velleitario colpo di coda con cui gli irriducibili del fascismo repubblicano tentarono di opporre un’ultima disperata resistenza ai liberatori prima di arrendersi.

Più che indagare i comportamenti, le strategie, le azioni che l’Italia nera mise in campo, l’interesse precipuo che ha mosso i ricercatori è stato quello di cogliere il vissuto dell’umanità che a vario titolo e con diversa consapevolezza si legò alla causa della Rsi. Per certi versi si può affermare che il loro si configuri come un saggio sulla “moralità dei repubblichini”. Un lavoro di cesello, come tocca a chiunque entri nel merito di una materia sempre molto intricata come lo sono le motivazioni, i valori, i retaggi culturali, i vincoli familiari, i legami amicali, le strategie di sopravvivenza che si mettono in moto in situazioni estreme come quelle di una guerra civile in atto. Se nemmeno della “folla dei gregari” di Salò è possibile fare di tutta l’erba (ci si perdoni il gioco di parole) un fascio, figuriamoci quando si allarga lo sguardo all’intera platea degli italiani schieratisi o comunque allineatisi con il redivivo Mussolini.

Opportunamente, gli autori ricordano in apertura di quale massa si stia parlando. 550.000 sono solamente i militari e i militarizzati, senza contare gli ufficiali di carriera, i militi della Mvsn (Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) e i vecchi squadristi, 100.000 gli Imi (Internati militari italiani) optanti, 248.000 i coscritti e i volontari, 150.000 gli arruolati nella Gnr (Guardia nazionale repubblicana), 22.000 nelle Brigate nere, 20.000 nelle SS (Schutzstaffel) italiane. Per seguire il percorso motivazionale dei giovani e giovanissimi aderenti e combattenti della Rsi la base documentaria privilegiata non poteva essere altra se non la ricca mole della memorialistica dei reduci disponibile, le testimonianze, scritte e orali, edite e inedite, presenti in numerosi fondazioni e archivi, pubblici e privati.

Non è possibile in questa sede richiamare, anche solo per sommi capi, il ricco quadro offerto dagli autori dell’intero cosmo dei combattenti della Rsi. Un campione significativo del metodo seguito e delle acquisizioni ottenute ai fini di una conoscenza analitica e ravvicinata della moralità, come si diceva, dei repubblichini può essere offerto dall’analisi riservata strettamente al nocciolo duro dei volontari. Avagliano e Palmieri li suddividono in cinque tipologie. Gli entusiasti, ossia chi smania, senza mai ricredersi poi, per diventare “un soldato della nuova Italia Repubblicana e Fascista”. I politici, le reclute cioè delle fascistissime Gnr, Brigate nere, SS italiane e le Saf, il Servizio ausiliario femminile. I patriottici, vale a dire quanti si allineano con la Rsi per “senso del dovere” nei confronti della Patria: una Patria arcigna e votata all’autoritarismo che, dal Risorgimento in poi, in famiglia e soprattutto nella scuola fascista nonché sull’onda del martellamento propagandistico di regime, sono stati educati ad amare senza riserve. I tiepidi, i coscritti cioè che rispondono ai bandi di leva vuoi per opportunismo vuoi per via delle circostanze. I recalcitranti, che si piegano a vestire il gladio e l’alloro solo per timore delle ritorsioni. Restano fuori ovviamente i loro coetanei che scelgono la renitenza o, prima o poi, decidono di disertare. Una scelta di campo, questa, foriera in prospettiva di una militanza politica e di un riscatto morale conquistati poi sul campo, che in parvenza “non risponde necessariamente a motivi politici e ideologici” già maturati, ma per lo più semplicemente ad una generica “mancata condivisione delle istanze fasciste” o ad una indisponibilità di massima a continuare la guerra. Insomma, la lezione che ci viene dal meticoloso e accurato lavoro condotto ne L’Italia di Salò è che per aiutarci a capire il passato, anche quello che non passa, bisogna scriverne accuratamente la storia.

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