I, 2018/1

Christof Dipper

Ferne Nachbarn

Review by: Pier Paolo Portinaro

Authors: Christof Dipper
Title: Ferne Nachbarn. Vergleichende Studien zu Deutschland und Italien in der Moderne
Place: Wien - Köln - Weimar
Publisher: Böhlau Verlag
Year: 2017
ISBN: 9783412507879
URL: link to the title

Reviewer Pier Paolo Portinaro - Università di Torino

Citation
P.P. Portinaro, review of Christof Dipper, Ferne Nachbarn. Vergleichende Studien zu Deutschland und Italien in der Moderne, Wien - Köln - Weimar, Böhlau, 2017, in: ARO, I, 2018, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2018/1/ferne-nachbarn-paolo-portinaro/

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In Ferne Nachbarn Christof Dipper ha raccolto, premettendovi una sinottica introduzione, tredici articoli apparsi a partire dal 2000 (con l’unica eccezione per il saggio Revolution und Reaktion im Jakobinismus. Die Agrarprogramme der italienischen und deutschen Jakobiner, che è del 1979, e in effetti riflette una precedente stagione di confronto con la storiografia marxista, ma che è stato evidentemente inserito per rendere più completa la ricostruzione comparativa delle strutture sociali delle due nazioni nella fase anteriore al processo di industrializzazione). Sono saggi che affrontano questioni diverse – il liberalismo delle aristocrazie, rivoluzione e risorgimento, i processi di State-Nation-building, i caratteri dell’industrializzazione mediterranea, vari aspetti delle politiche di fascismo e nazionalsocialismo, le reazioni al disorientamento bellico e post-bellico (1943-1950), le dinamiche di avvicinamento e allontanamento culturale – e soprattutto le molteplici pieghe della Perzeptionsgeschichte. Altri testi, recenti o meno, avrebbero potuto ancora essere aggiunti, ad esempio il saggio Das politische Italienbild der deutschen Spätaufklärung, apparso in un importante volume a cura di Klaus Heitmann e Teodoro Scamardi, Deutsches Italienbild und italienisches Deutschlandsbild im 18. Jahrhundert (1993), da cui, se non vedo male, ha preso cronologicamente origine una nuova e più raffinata stagione di ricerche sul tema, che ha ormai fatto propri gli insegnamenti provenienti dal filone dei cultural studies. Il quadro d’insieme che ne risulta colma almeno in parte (senza pretesa cioè di un’organica ricostruzione complessiva, di davvero difficile attuazione dati i livelli di eterogeneità dei due soggetti storici) una lacuna della ricerca, sul modello del pionieristico lavoro di Hartmut Kaelble, Nachbarn am Rhein. Entfremdung und Annäherung der französischen und deutschen Gesellschaft seit 1880 (1991).

Va subito osservato che, per quanto si tratti di una raccolta di contributi tematicamente piuttosto eterogenei, titolo e sottotitolo dell’opera di Christof Dipper evidenziano bene gli elementi che conferiscono al volume una forte unità sia sul piano del contenuto sia su quello del metodo. Ferne Nachbarn: l’oggetto sono relazioni di vicinanza/lontananza tra due collettivi storici, una distanza nella prossimità, e una distanza che rende manifesta la natura asimmetrica di un rapporto che molte altre analisi tendono a descrivere in termini di specularità; relazioni di vicinanza/lontananza che vengono indagate da una molteplicità di angoli prospettici. Vergleichende Studien: il metodo è comparativo, anche se l’autore non indulge ad ardite teorizzazioni (sulla scia di certa politologia storica) ma anzi riconosce che non disponiamo di una teoria condivisa della comparazione, per cui pragmaticamente occorre muovere dalla “conoscenza sicura della propria storia” per accostarsi a fenomeni comparabili delle storie altrui (p. 88). Fin dall’introduzione (p. 11) tiene a marcare la sua distanza da un approccio che ricorra alla categoria di Sonderweg ipotizzando erroneamente l’esistenza di una via normale alla modernità (vedi anche p. 326). In der Moderne: anche qui prendendo le distanze dalle teorizzazioni sociologiche sulle multiple modernities (Eisenstadt), si presenta il proprio lavoro storiografico come un contributo a una “teoria storica della modernità”, capace di problematizzare sempre la coesistenza del nuovo con le stratificazioni temporali di processi di lunga durata e i sedimenti di altre epoche storiche (pp. 286 ss).

Nella disincantata ricostruzione degli eventi e delle percezioni, il libro riflette una stagione politico-culturale nella quale Germania e Italia, dopo aver (più o meno convintamente unite) imboccato la strada dell’edificazione delle comuni istituzioni europee, hanno cominciato a divergere e ad allontanarsi sempre più – nelle valutazioni delle elite come delle cittadinanze. Ma questo disincanto contribuisce alla lucidità della diagnosi, che fa leva sul paradosso di due vicini che sanno reciprocamente poco l’uno dell’altro, anche se sono convinti del contrario. “Gli uni, i tedeschi, perché soliti ad abbandonarsi all’illusione che relazioni e contatti secolari siano già di per sé garanzia di una sufficiente, anzi sostanziale, conoscenza del Sud; e gli altri, gli italiani, perché quasi quotidianamente incontrano nel loro paese gli appartenenti a una potenza centrale europea percepita come dominante” (p. 10). La ricostruzione storica serve per contro a dissolvere tali facili certezze cognitive, mostrando come le troppo esibite analogie nel percorso delle due società verso la modernità siano spesso più apparenti che reali: l’Illuminismo italiano non ha mai conosciuto la diffusione popolare del suo corrispettivo tedesco, mentre la Rivoluzione (per non dire del mito napoleonico) ha, al contrario trovato in Italia consensi ben maggiori; il processo di formazione dello Stato nazionale ha incontrato in Italia molti più impedimenti strutturali, mentre le scienze moderne hanno esercitato una più profonda influenza sulla cultura tedesca di quanto sia accaduto in Italia; il nazionalsocialismo ha plasmato la società assai più del fascismo, con la conseguenza che l’occidentalizzazione post-bellica della Germania ha ingenerato una cesura che l’Italia non ha conosciuto, a indubbio danno della sua modernizzazione (p. 326). L’autore non perde occasione di evidenziare, per ogni periodo analizzato e in ogni ambito sociale, istituzionale e culturale, le differenze che caratterizzano le due vicende nazionali.

Ho già sottolineato che uno dei fuochi dell’analisi concerne l’oggetto Moderne. La storiografia e la filosofia tedesche sono state letteralmente ossessionate nel corso del XX secolo dal tema Moderne (un costrutto storiografico denso, come è noto, non riducibile alle scansioni cronologiche della neue e neueste Zeit); è altresì ben noto che la storiografia e la filosofia italiane sono state su questo fronte, in anni recenti, ricettive fino ai limiti dell’epigonalità (al punto che non è azzardato sostenere che proprio questa dipendenza abbia indebolito la capacità di valutare adeguatamente le differenze tra la vicenda storica tedesca e quella italiana). Qui a fornire un solido quadro orientativo alle ricerche di Dipper è l’opera di Koselleck, lo storico tedesco che nella seconda metà del XX secolo ha dato il contributo più penetrante alla riflessione su questa categoria. Opera su cui egli si era già soffermato in un’intervista apparsa (2005) sulla “Neue politische Literatur” è recentemente tornato in un altro contributo, ribadendo di muoversi “lungo la strada che egli percorse dalla concezione fortemente ideologizzata delle lotte semantiche fino alla prospettiva della storia concettuale”[1]. Il contributo koselleckiano all’analisi di Gegenbegriffe asimmetrici viene messo a frutto in molti dei saggi inclusi nella raccolta: in uno dei più illuminanti, Traditionen des Italienbildes in Deutschland (2011), l’asimmetria dei termini di comparazione risulta con particolare evidenza, ove si mostra come la costruzione di un’immagine negativa dell’Italia e degli italiani sia posta al servizio della costruzione di un’identità positiva della nazione tedesca. Particolarmente efficace nella delineazione di ciò che l’autore intende con “teoria storica della modernità” è la conferenza “Uguali e diversi. Zwei Fallstudien zur Moderne in Deutschland und Italien” (2010): qui la diversità dei due percorsi nazionali che portano alla modernità è illustrata in due ambiti esemplari, la famiglia e la cultura industriale (contro le intenzioni dell’autore tali analisi sembrano quasi suggerire, tanto sono stringenti, la plausibilità della tesi di un Sonderweg italiano …). E alla luce, di quanto il lavoro comparativo-decostruttivo dell’autore perviene a dimostrare, non si può che condividerne anche – ogni giorno di più – la conclusione: secondo la quale, per quanti parametri quantitativi si possano addurre a sostegno della tesi che vede progressivamente avanzare la costruzione di una società europea, la prospettiva di un’“unitaria cultura europea” resta remota. “Die europäische Moderne gibt es daher nur, wenn man die Vogelperspektive wählt” (p. 303).

 

1. C. Dipper, Il concetto di “lotte semantiche” in Reinhart Koselleck, in “Rivista storica italiana”, 129, 2017, 2, pp. 722-741, qui p. 72. ↑

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