Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

42, 2016/1

Johannes Fried

Karl der Grosse. Gewalt und Glaube

Review by: Giuseppe Albertoni

Authors: Johannes Fried
Title: Karl der Grosse. Gewalt und Glaube. Eine Biographie
Place: München
Publisher: C.H. Beck
Year: 2013
ISBN: 978-3-406-65289-9

Reviewer Giuseppe Albertoni

Citation
G. Albertoni, review of Johannes Fried, Karl der Grosse. Gewalt und Glaube. Eine Biographie, München, C.H. Beck, 2013, in: ARO, 42, 2016, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2016/1/karl-der-grosse-gewalt-und-glaube-eine-giuseppe-albertoni/

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Negli ultimi anni sono state pubblicate alcune nuove biografie di Carlo Magno, sollecitate dalla celebrazione dell’anniversario della sua morte, avvenuta il 28 gennaio 814. Tra esse vi è il libro al centro della presente recensione, un ponderoso volume di 736 pagine, corredato da sessanta immagini in stretto rapporto col testo; da una selezionata bibliografia; da un indice dei nomi e dei luoghi e da due cartine dedicate all’Impero di Carlo Magno e al mondo mediterraneo nell’età del primo imperatore franco. Proprio le cartine offrono un’importante chiave interpretativa del libro, che non si limita a ricostruire la vicenda biografica del suo protagonista, ma si propone di indagare la percezione che Carlo e i suoi contemporanei avevano del mondo in cui vivevano e agivano. L’autore del libro – Johannes Fried – d’altra parte non è un medievista qualsiasi. Egli è stato per molti decenni una delle figure più innovative e influenti della medievistica tedesca e ha pubblicato libri e saggi che hanno innescato accesi dibattiti, sia per quel che riguarda i temi affrontati (le origini della storia «tedesca»; lo «stato» altomedievale; la donazione di Costantino; Canossa); sia per le proposte metodologiche. Per quel che riguarda quest’ultimo aspetto, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso egli ha avviato un’originale riflessione sulle forme della memoria storica (historische Memorik) e sull’interazione tra le modalità di conoscenza e trasmissione del ricordo, scritto e orale, tutti temi che ha studiato tramite un intenso dialogo con le neuroscienze (si veda, a tal proposito, J. Fried, Der Schleier der Erinnerung. Grundzüge einer historischen Memorik, 2004).

Chi, pertanto, si avvicinasse alla sua biografia di Carlo Magno pensando di trovarsi di fronte a una convenzionale ricostruzione della vita dell’imperatore franco e del contesto politico, culturale ed economico nel quale egli agì rimarrà deluso. Sono altre le finalità di Fried, altro è il suo concetto di biografia, come emerge già dalla prima riga del volume. «Questo libro – egli afferma – non è un romanzo, ma al tempo stesso è una ‘finzione’» («Das folgende Buch ist kein Roman, dennoch eine ‘Fiktion’»). Con ciò egli vuole ricordare immediatamente ai suoi lettori che, della vita di Carlo Magno, non è possibile proporre una ricostruzione biografica fattuale, come possiamo fare per altri grandi personaggi storici più vicini a noi. Non è possibile in primo luogo perché siamo fortemente limitati e condizionati dalle fonti, frutto di un consapevole processo di selezione della memoria del quale Carlo Magno fu spesso il «mandante». In secondo luogo perché queste fonti, al di là del loro contesto di produzione, solo in rari casi permettono di conoscere cosa il sovrano franco pensasse, sentisse o provasse. In terzo luogo perché Carlo Magno agiva in un sistema di rappresentazione della realtà sicuramente diverso dal nostro, ma altrettanto sicuramente molto difficile da ricostruire. Cosa deve fare, dunque, un aspirante biografo del primo imperatore franco?

La scelta di Fried è chiara e si discosta da quelle fatte dagli altri autori di biografie di Carlo Magno dell’ultimo ventennio. Egli ritiene, infatti, che l’unico modo per ricostruire la biografia di un uomo vissuto nell’alto medioevo sia quello di abbandonare ogni pretesa di completezza e oggettività e predisporre una sorta di caleidoscopio biografico a partire da episodi singoli, che diventano delle «epifanie» attraverso le quali intravvedere un mondo che, nella sua interezza, ci rimarrà sempre inaccessibile. Lo storico odierno – afferma Fried – non può scandagliare in profondità la vita di un uomo vissuto mille e duecento anni fa. La può solo «immaginare», a partire, ovviamente, dalle testimonianze documentarie.

In questa prospettiva – che integra in modo sorprendente acribia filologica e immaginazione – Fried avvia il suo libro, seguendo un ordine cronologico e dedicando un intero capitolo alla fase più oscura della vita di Carlo Magno, l’infanzia, solitamente liquidata da altri autori con poche righe. Può sembrare una scelta provocatoria, perché come sanno tutti coloro che almeno una volta in vita loro si sono confrontati con la biografia dell’imperatore franco, non conosciamo con sicurezza neppure quando e dove egli sia nato. Ma ciò che interessa a Fried, come abbiamo già ricordato, non è tanto – o solo – una ricostruzione fattuale. Attraverso il collegamento di pochi frammenti documentari con altre fonti coeve egli si propone di ricostruire i modelli comportamentali, educativi, culturali e religiosi in base ai quali un giovane aristocratico come Carlo era introdotto in una «società agonale» (agonale Gesellschaft), caratterizzata, all’interno e all’esterno della famiglia, da un’etica aristocratica basata sulla concorrenza tra individui, mossa spesso da «sentimenti» quali la gelosia, l’invidia, la perfidia o la vendetta. In questa società, oltre al ruolo centrale della violenza, il giovane Carlo per Fried avrebbe presto appreso anche il ruolo della religione e della religiosità, una religiosità basata su pochi elementi certi, ma anche sull’intreccio apparentemente contraddittorio tra una ritualità quasi superstiziosa e la lettura diretta di passi dei padri della Chiesa. Violenza e fede dunque, Gewalt und Glaube: il giovane Carlo avrebbe ricevuto negli anni dell’infanzia questo imprinting, che avrebbe caratterizzato tutta la sua azione successiva. Non a caso Gewalt und Glaube sono le due parole che Fried ha posto come sottotitolo della sua anomala biografia. Dopo aver ricostruito questo imprinting e la «società agonale» nella quale Carlo crebbe, Fried dedica un importante capitolo alla comunicazione con gli stranieri e al «mondo» che circondava il regno dei Franchi («Die Umwelt des Frankenreiches: Kommunikation mit den Frenden»). Si tratta di una scelta apparentemente sorprendente, in realtà strettamente correlata a quella che anima il capitolo precedente. Essa parte da una domanda centrale: gli aristocratici franchi, ai quali Carlo apparteneva, cosa conoscevano del mondo nel quale vivevano? Sapevano cosa c’era al di fuori del loro regno? Come si rappresentavano gli stranieri? Cos’erano per loro i bizantini e i mussulmani? Avevano interesse nei loro confronti?

Fried prova a rispondere a queste domande, introducendoci in una visione del mondo e in una prospettiva politica e culturale quasi solipsistica ed egocentrica, nella quali raramente troviamo interesse e descrizioni dell’altro, sull’esempio dell’etnografia antica. Il mondo esterno ai Franchi, ci spiega Fried, era sconosciuto ai più, anche a Carlo Magno e ai suoi intellettuali. Se siamo consapevoli di ciò, egli ci dice, comprenderemo meglio le molte difficoltà incontrate dal sovrano franco nelle sue campagne militari «estere», come quella contro i Sassoni o quella spagnola, culminata con la disfatta di Roncisvalle. Ma comprenderemo meglio anche il suo atteggiamento verso gli stranieri, al contempo curioso e diffidente, aperto e violento.

Spiegato quello che potremmo definire «l’orizzonte cognitivo» di Carlo Magno, Fried procede nei capitoli successivi secondo un ordine cronologico e tematico apparentemente tradizionale, dedicato alle guerre, alle strutture del potere, all’azione di governo di Carlo, alla sua corte, all’incoronazione imperiale, al nuovo Impero e alla «mitologia» che ben presto avvolse la sua figura. In essi non introduce novità dal punto di vista della ricostruzione fattuale, ma tramite un costante e caleidoscopico richiamo alle fonti aiuta i suoi lettori a penetrare nella mente del suo protagonista e degli autori, noti o ignoti, delle testimonianze storico-narrative, permettendoci di comprendere – o di intuire – le ragioni delle loro scelte a partire dalla loro cultura, la loro religiosità, i loro modelli etici, politici e cognitivi. È questo il caso, per esempio, del capitolo dedicato all’incoronazione imperiale, la quale, secondo Fried, sarebbe stata un obiettivo perseguito per anni da Carlo con consapevolezza, anche se il complesso cerimoniale col quale fu messa in atto, descritto minuziosamente dal medievista tedesco in base al Liber pontificalis e altre fonti coeve o di poco successive, sarebbe stato esito della maestria (Meisterschaft) di papa Leone III e dei suoi collaboratori, una maestria non tanto relativa all’organizzazione liturgica, quanto alla sua successiva «trasposizione» nella memoria storica. Anche per quest’episodio cruciale della biografia di Carlo, dunque, al centro dell’interesse di Fried vi è in primo luogo la caleidoscopica dialettica tra evento storico, ricordo e costruzione della memoria. In tutto il suo libro, d’altra parte, Fried non si limita a ricostruire gli eventi, ma conduce i suoi lettori in una sorta di «officina del ricordo» enciclopedica, offrendo loro un «filo d’Arianna» che li guida nel labirinto della memoria e della ricostruzione storica. Il Karl der Grosse di Fried non è, dunque, una «semplice» biografia di Carlo Magno: è un libro che ci introduce nelle forme altomedievali di rappresentazione e percezione della realtà, un libro che, grazie alla cultura enciclopedica del suo autore, ci permette di comprendere in che modo un sovrano come Carlo Magno agisse e prendesse le proprie decisioni, politiche, private, religiose.

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