Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

41, 2015/1

Thomas Duve (ed.)

Entanglements in Legal History: Conceptual Approaches

Review by: Maurizio Cau

Editors: Thomas Duve
Title: Entanglements in Legal History: Conceptual Approaches
Place: Frankfurt a.M.
Publisher: Max Planck Institute for European Legal History
Year: 2014
ISBN: 978-3-944773-00-1

Reviewer Maurizio Cau - FBK-ISIG

Citation
M. Cau, review of Thomas Duve (ed.), Entanglements in Legal History: Conceptual Approaches, Frankfurt a.M., Max Planck Institute for European Legal History, 2014, in: ARO, 41, 2015, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2015/1/entanglements-in-legal-history-conceptu-maurizio-cau/

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L’affermazione – per dirla con Sabino Cassese – dell’età del «diritto globale» e l’oltrepassamento dello Stato come esperienza cardine della modernità hanno provocato in anni recenti un parziale ripensamento del bagaglio concettuale espresso dalla riflessione storico-giuridica tradizionale.

L’emersione del cosiddetto «pluralismo giuridico globale», così come di fenomeni sempre più evidenti di ibridazione degli ordinamenti normativi, hanno spinto alcuni studiosi a interrogarsi sull’opportunità di ripensare il campo di indagine degli studi storico-giuridici, mutuando problemi e suggestioni metodologiche dal campo di studi della Global History.

È ciò che senza paludamenti si propone Thomas Duve, curatore del volume con cui si inaugura la collana «Global Perspectives on Legal History» promossa dal Max Planck Institut für europäische Rechtsgeschichte di Francoforte: superare l’approccio eurocentrico della storiografia giuridica di matrice germanica e, aprendosi al rinnovamento di metodo portato dai Global Studies, aggiornare concetti e categorie di un ambito disciplinare finora poco incline a mettere in relazione fenomeni ed esperienze storiche articolati su scala mondiale.

Il volume, che pur ponendosi in termini critici rispetto alla tradizionale letteratura storico-giuridica non manca di sottolineare alcuni limiti dei più recenti esercizi di storiografia transnazionale, si articola in tre sezioni, dedicate rispettivamente alla riflessione sui punti di forza e di debolezza della ricerca storico-giuridica di matrice post-coloniale e globale (Traditions of Transnational Legal History), all’analisi della rilevanza dei processi di «transculturazione narrativa» intorno a cui ha preso forma la storia legale (Empires and Law), a casi di studio in cui gli intrecci tra la dimensione giuridica nazionale e quella globale risultano di particolare evidenza (Analyzing Transnational Law and Legal Scholarship in the 19th and early 20th Century).

A definire l’impianto teorico dell’opera e la cifra metodologica delle ricerche in essa contenute è il saggio di Duve European Legal History – Concepts, Methods, Challenges, in cui il direttore del Max Planck Institut für europäische Rechtsgeschichte riflette sull’opportunità di ridefinire lo statuto epistemologico di una disciplina, la storia del diritto, poco usa ad affrontare le sfide (tanto urgenti quanto insidiose) della «transnazionalizzazione» della ricerca. Si tratta di una sorta di manifesto che si pone in netta discontinuità con il tradizionale raggio d’azione della ricerca storico-giuridica, quella canonizzatasi attorno agli studi – tra gli altri – di Coing, Wieacker, Berman, Stein, Bellomo, Grossi. La proposta è, in buona sostanza, quella di uscire dalla logica dell’autonarrazione che la tradizione giuridica europea ha proposto nell’ultimo cinquantennio, «provincializzando» e ridimensionando il discorso sulla centralità dell’esperienza europea.

Riflettendo sulle caratteristiche e i limiti dell’idea di Europa che negli anni ha alimentato le ricerche storico-giuridiche, Duve ne sottolinea la natura ideologica e costruttivista. Dal punto di vista disciplinare la storia giuridica europea si sarebbe sviluppata nell’alveo del progetto politico di costruzione dell’unità europea postbellica, contribuendo negli anni a dare corpo a un’idea di Europa intesa (anche) come prodotto della cultura giuridica. La proposta avanzata da Duve è di superare la tendenza all’«europeizzazione del mondo», per meglio cogliere le interconnessioni che si sviluppano a livello globale tra tradizioni e famiglie giuridiche differenti. Ciò consentirebbe di superare le secche di una prospettiva geografica riduzionista e troppo limitata, e di contrastare le letture aprioristiche ed eccessivamente uniformanti tipiche della tradizionale letteratura storico-giuridica.

Per contrastare l’isolazionismo in cui si è incanalata la storia del diritto in ambito europeo, l’autore propone di orientarla in senso transnazionale. L’obiettivo non è tanto quello di scrivere una storia universale (o globale) del diritto, ma di utilizzare interconnessioni disciplinari e comparazione per identificare nodi argomentativi originali e nuovi problemi di carattere storiografico. Accanto a ciò, le riflessioni con cui Duve disegna i possibili nuovi contorni della riflessione storico-giuridica suggeriscono di aprire a una concezione plurale e transculturale della normatività, esplorandone gli ambiti non direttamente riconducibili alla legge e privilegiando la dimensione conflittuale che spesso ne caratterizza la vita.

Ancorché centrali nella loro essenza di «manifesto», il volume non si risolve nelle riflessioni programmatiche di Duve. Tra i saggi che offrono una possibile declinazione concreta di quella cornice di metodo si ricordano quello di Inge Kroppenberg e Nikolaus Linder [Coding the Nation. Codification History from a (Post-)Global Perspective], in cui gli autori riflettono su un luogo centrale della tradizione storico-giuridica, quello della codificazione, e prendendo spunto dal caso svizzero suggeriscono l’opportunità di ripensare la tradizionale storia delle codificazioni introducendo punti di osservazione conciliabili con le prospettive globali. Geetanjali Srikantan (Towards New Conceptual Approaches in Legal History: Rethinking «Hindu Law» through Weber’s Sociology of Religion) ragiona invece sulle categorie del diritto indu e sulla proiezione che su di esso è stata fatta di categorie e modelli giuridici di origine europea, con particolare riguardo all’eredità weberiana. Emiliano J. Buis (Ancient Entanglements: The Influence of Greek Treaties in Roman ‘International Law’ under the Framework of Narrative Transculturation) utilizza l’apparato concettuale della «narrative transculturation» – ideata dall’antropologo e giurista cubano Fernando Ortíz per riflettere sui processi di ibridazione tra società complesse – per analizzare l’influenza del diritto greco sul diritto internazionale romano. Ana Belem Fernández Castro [A Transnational Empire Built on Law: The Case of the Commercial Jurisprudence of the House of Trade of Seville (1583-1598)] si occupa invece dell’Impero spagnolo analizzando l’attività giurisdizionale della Casa de Contratación de las Indias e riflettendo sulla diffusione delle pratiche giudiziarie europee ai margini del dominio imperiale spagnolo. Jakob Zollmann (German Colonial Law and Comparative Law, 1884-1919. Analyzing Transnational Law and Legal Scholarship in the 19th and early 20th Century) mette in evidenza l’attività di adattamento delle pratiche giuridiche che tra tardo Ottocento e inizio Novecento ha caratterizzato l’azione della burocrazia coloniale tedesca. Eduardo Zimmermann (Translations of the «American Model» in Nineteenth Century Argentina: Constitutional Culture as a Global Legal Entanglement) offre un’esaustiva panoramica sulla complessa e non sempre lineare recezione del costituzionalismo liberale nell’Argentina ottocentesca, segnata da pratiche di adattamento del modello statunitense alla realtà giuridica, storica e culturale argentina. Clara Kemme (The History of European International Law from a Global Perspective: Entanglements in Eighteenth and Nineteenth Century India) riflette su un interessante caso del processo di europeizzazione del diritto internazionale che ha segnato l’esperienza giuridica ottocentesca, quello indiano, mettendo in evidenza l’impatto che le scelte del sistema politico locale hanno avuto nella costruzione dell’ordine normativo coloniale. Michele Pifferi (Global Criminology and National Tradition: The Impact of Reform Movements on Criminal Systems at the Beginning of the 20th Century) riflette infine sul processo di differenziazione nazionale che ha accompagnato l’affermazione a livello globale della disciplina criminologica.

È ovviamente prematuro sapere se e in quale misura l’indirizzo degli studi storico-giuridici coglierà la sfida metodologica lanciata in questo volume. Si tratta in ogni caso di una prospettiva di ricerca di notevole interesse, che si confronta con sfidante franchezza con le tradizionali campiture della storia del diritto classicamente intesa.

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