Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

41, 2015/1

Joy Wiltenburg

Crime and Culture in Early Modern Germany

Review by: Massimo Rospocher

Authors: Joy Wiltenburg
Title: Crime and Culture in Early Modern Germany
Place: Charlottesville
Publisher: University of Virginia Press
Year: 2012
ISBN: 978-0-8139-3302-3

Reviewer Massimo Rospocher - FBK-ISIG

Citation
M. Rospocher, review of Joy Wiltenburg, Crime and Culture in Early Modern Germany, Charlottesville, University of Virginia Press, 2012, in: ARO, 41, 2015, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2015/1/crime-and-culture-in-early-modern-german-massimo-rospocher/

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In Crime and Culture in Early Modern Germany Joy Wiltenburg analizza il fenomeno della nascita di una letteratura criminale sensazionalistica e del suo impatto sull’immaginazione collettiva nella Germania della prima età moderna. Come sostiene l’autrice, «this was a pivotal moment in the history of crime, as changes in society, law, and religion converged at the close of the Middle Ages» (p. 2). Questo genere letterario ed editoriale di grande successo viene assunto come uno specchio di paure sociali e valori laici o religiosi che permeavano la società del tempo.

Nei primi tre capitoli si analizza la relazione tra i racconti criminali e la società, in particolare verificando la corrispondenza della finzione con la realtà sociale e giudiziaria. Nel quarto capitolo viene illustrato il nesso tra questa letteratura e la religione, mettendo in evidenza come il rapporto tra delitto e castigo, cioè tra il peccato e la sua giusta punizione, sia utilizzato dagli autori – molti dei quali appartenenti alle schiere del clero della Riforma – per indirizzare un messaggio cristiano moraleggiante alle coscienze dei fedeli. In quello che è forse il capitolo più riuscito del volume, il quinto, si esamina la tipologia più diffusa all’interno di questo genere editoriale, quella che riguarda la violenza omicida all’interno delle mura domestiche e che riflette i timori delle autorità religiose circa la disgregazione della famiglia. Infine, il sesto capitolo è dedicato alle modalità e alle tecniche comunicative – letterarie e visive – con cui gli autori agivano sull’immaginazione del pubblico.

Le fonti principali sono costituite da un corpus di più di duecento Flugschriften di soggetto criminale, quelli che nel mondo anglosassone vengono definiti correntemente ephemera per il carattere transitorio del medium, una produzione a stampa a basso costo e di larga distribuzione che ha nel corso del XVI secolo una straordinaria circolazione e un enorme successo di pubblico. Si tratta per lo più di testi popolari appartenuti alla collezione del pastore protestante di Zurigo Johann Wick, un raccolta la cui natura viene discussa ampiamente nel quarto capitolo. Qualche dubbio si può avanzare sulla rappresentatività del campione utilizzato e sulle generalizzazioni ricavate dall’autrice in merito all’audience e agli autori di questi libelli, data la natura delle fonti condizionata dalla scelta arbitraria di un unico collettore. Si tratta, tuttavia, di un rischio ineludibile per chi si avvalga di tali materiali effimeri, la cui analisi deve essere necessariamente colmata dall’interpretazione. Questi racconti criminali a stampa sono intrecciati con un panorama variegato di altre fonti – tra cui testi legali e documenti giudiziari –; si tratta di un connubio che contribuisce a tessere la tela narrativa del volume, fondata sul delicato equilibrio tra il reale e le sue rappresentazioni, tra la razionalità delle fonti giuridiche e l’emotività della letteratura popolare. La dialettica tra realtà e rappresentazione, o meglio il peso di quest’ultima nella percezione della realtà stessa, costituisce un denominatore comune negli studi di storia culturale.

Dal punto di vista storiografico, il libro di Joy Wiltenburg si colloca nell’ambito di un ricco filone di studi che nell’ultimo decennio si è occupato del fenomeno della nascita dell’informazione e di un mercato della notizia nell’Europa moderna (in particolare, viene qui evidenziato l’effetto della stampa sul sistema comunicativo precedente). Un filone, quello della storia dell’informazione e del proto-giornalismo, che ha avuto nell’opera recente di Andrew Pettegree (The Invention of News: How the World Came to Know About Itself, 2014) la sua sintesi più esaustiva su scala continentale. L’analisi della storia della comunicazione si intreccia con un’altra corrente storiografica che sta dominando la ricerca storica negli ultimi anni: la storia delle emozioni. In quest’ottica, vengono messi in luce gli effetti sulla psicologia collettiva di inquietudini sociali come la paura nei confronti di poveri, marginali o vagabondi; oppure, vengono illustrati i meccanismi comunicativi che fanno leva sulle emozioni, come il potere delle immagini e della musica sull’immaginario collettivo. Emergono infine alcuni fenomeni, come ad esempio l’interesse per la psicologia criminale, che si supporrebbe essere propri di altri periodi storici.

Molti dei temi presentati in questo studio si prestano ad essere declinati in un’ottica comparativa. La nascita del sensazionalismo connessa alla stampa economica di largo consumo, ad esempio, si verifica anche in altri contesti europei. Come nell’Italia del secondo Cinquecento, dove una letteratura di larga diffusione, spesso venduta e recitata nelle piazze da ciarlatani e cantimbanco, racconta le gesta di criminali reali o inventati e le vicende di omicidi sanguinosi; ma anche in Francia e in Inghilterra, nello stesso periodo, si diffonde una letteratura del patibolo con analoghe finalità commerciali e morali. Le medesime formule poetiche valicano i confini nazionali e linguistici: come il genere letterario del lamento in versi, impiegato in tutta Europa come il genere per eccellenza per raccontare l’espiazione dell’assassino. Oppure, passando dalla rappresentazione alla realtà, il processo di affermazione di una più rigida ed efficace amministrazione della giustizia criminale in atto nei territori del Sacro Romano Impero è comune ad altre realtà statali dell’Europa settentrionale e meridionale; e, più in generale, s’inserisce nel processo della nascita dello Stato moderno.

La convincente tesi di fondo sostenuta in queste pagine è quella che la straordinaria fioritura di racconti di crimini orrendi ed efferati nella stampa di largo consumo, non equivalga a un reale aumento della criminalità nella società della prima età moderna. A cavallo tra Cinquecento e Seicento, alimentato dalla dura crisi economica e sociale di fine secolo, il timore collettivo generato da queste storie criminali diviene uno strumento di controllo impiegato dalle autorità politiche e religiose per il disciplinamento della società. Nonostante non abbia un carattere sovversivo dell’autorità, tuttavia, questa letteratura esemplare sul crimine contribuì a determinare una forma condivisa di discorso pubblico e di conseguenza alla creazione di una forma pre-moderna di sfera pubblica. Una sfera pubblica irrazionale e alimentata da ansie e paure collettive, ben diversa da quella razionale e illuminista descritta da Habermas.

Una dinamica comunicativa simile si può notare anche nella società contemporanea: infatti, spesso l’aumento della presenza di questo genere di notizie in giornali, televisioni, e social media non corrisponde a una reale escalation di tali eventi criminali, ma piuttosto a una loro maggiore visibilità nei mezzi di comunicazione di massa. Anche nel mondo contemporaneo, inoltre, la diffusione di una produzione sensazionalistica ha un potere condizionate sulla percezione collettiva del crimine e serve a orientare le opinioni. Quello raccontato in questo libro non appare dunque un passato troppo lontano.

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