Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

41, 2015/1

Oscar Gelderblom

Cities of Commerce

Review by: Katia Occhi

Authors: Oscar Gelderblom
Title: Cities of Commerce. The Institutional Foundations of International Trade in the Low Countries, 1250-1650
Place: Princeton - Oxford
Publisher: Princeton University Press
Year: 2013
ISBN: 978-0-691-14288-3

Reviewer Katia Occhi - FBK-ISIG

Citation
K. Occhi, review of Oscar Gelderblom, Cities of Commerce. The Institutional Foundations of International Trade in the Low Countries, 1250-1650, Princeton - Oxford, Princeton University Press, 2013, in: ARO, 41, 2015, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2015/1/cities-of-commerce-the-institutional-fo-katia-occhi/

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Quali furono i presupposti dello sviluppo economico dell’Europa moderna? Quali fattori determinarono la sua crescita? Uno Stato forte o piuttosto istituzioni virtuose? E quale ruolo assegnare agli individui, alla politica o al caso? Con queste domande Oscar Gelderblom, professore associato di Storia economica dell’Università di Utrecht, si confronta con una questione cruciale che da decenni coinvolge la comunità scientifica. Sulla base di un’approfondita ricerca storica sulle città di Bruges, Anversa e Amsterdam tra 1250 e 1650, una serie di considerazioni teoriche e una pregevole chiarezza espositiva l’autore sostiene che la forza motrice del commercio internazionale sia stata la competizione tra i centri urbani, che consentì loro di affermarsi quali leader dei traffici dell’Europa settentrionale.

Il libro rimette in discussione il paradigma oggi prevalente nella storia economica neo-istituzionalista che individua nelle «istituzioni inclusive» o aperte, nate nell’Europa nel tardo medioevo, i fondamenti della crescita dell’economia di mercato. Con il termine «istituzioni» si intendono quelle regole, norme e pratiche interiorizzate che ordinano il comportamento sociale. Si tratta di istituzioni aperte a tutti gli attori sociali (contrapposte alle «istituzione estrattive» o chiuse) capaci di proteggere i diritti di proprietà, di facilitare l’accesso alle informazioni e di ridurre i costi di transazione. L’autore entra nel dibattito originato dai noti lavori di Douglass North, John Wallis, Barry Weingast, Daron Acemoglu, James Robinson e altri, che ravvisano le basi dello sviluppo nella formazione di stati provvisti di forza militare e di istituzioni giuridiche in grado di dirimere i conflitti e di proteggere i commerci e suggerisce una prospettiva nuova. Egli si discosta anche da Avner Greif che individuava i presupposti della crescita dei commerci in assenza di forti entità statuali nello sviluppo di soluzioni di ordine privato, garantite dalla pressione dei pari con la prospettiva di future transazioni.

La proposta interpretativa di Oscar Gelderblom si basa sull’analisi dell’organizzazione imprenditoriale delle comunità mercantili autoctone e straniere dei porti fiamminghi di Bruges e Anversa e di quello olandese di Amsterdam. Vediamo in dettaglio la struttura del libro. Nei primi due capitoli egli mostra che l’ascesa di Bruges inizia dopo il 1200, grazie allo sviluppo dell’industria tessile, di cui la città divenne il maggior centro produttivo e il principale mercato di sbocco della produzione regionale. Anversa crebbe all’ombra di Bruges, accumulando una serie di vantaggi, tra cui il supporto politico della dinastia di Borgogna, che unificò il paese nel XV secolo. Con la rivolta di Bruges contro Massimiliano I d’Asburgo e lo spostamento dei commerci verso Anversa, quest’ultima assunse la leadership nel mercato internazionale. L’autore evidenzia come la crescita economica di entrambi i centri sia stata promossa attraverso speciali privilegi emanati dalle autorità cittadine in favore degli operatori stranieri. Tra 1300-1500 l’istituzione di strutture, servizi commerciali e legali facilitò la penetrazione dei mercanti e la gestione delle attività di scambio in un contesto politico e giuridico frammentato. Una simile strategia fu adottata da Amsterdam nel XVI secolo per espandere il suo ruolo nel commercio dei grani del Baltico. Dopo il 1585 e la caduta di Anversa, essa affermò la sua predominanza come via di passaggio dell’Europa nord-occidentale, che attuò anche attraverso una politica inclusiva verso gli stranieri.

Il terzo capitolo esamina le politiche cittadine per la creazione di un ambiente favorevole agli scambi: la realizzazione di luoghi di mercato, la mediazione tra operatori locali (osti e mediatori) e mercanti forestieri, la gestione delle informazioni. Il quarto capitolo approfondisce la tipologia delle scritture pubbliche e private impiegate nel mercato transnazionale, che si reggeva su reti di parenti e amici. L’autore esamina i tipi di contratti utilizzati per limitare l’opportunismo degli agenti a distanza (commenda) e quelli per la creazione di società commerciali (colleganza, compagnia, Widerlegung). Si sofferma inoltre sui libri contabili a partita doppia, le lettere commerciali e il loro valore probatorio nei processi davanti ai consolati mercantili e alle magistrature cittadine. Sulla base dei trattati di giuristi olandesi e delle pratiche in uso, l’autore evidenzia come nelle tre città fosse necessario seguire una procedura di registrazione delle scritture d’affari perché fosse loro riconosciuto tale requisito. Egli rammenta che nei procedimenti legali non erano ammesse solo scritture, ma anche le deposizioni orali sotto giuramento, come si desume da un’ordinanza del 1488. Oltre che del ruolo svolto dai magistrati cittadini, Gelderblom si occupa anche di quello dei notai. Egli osserva come nei Paesi Bassi prima del XVI secolo il ricorso al notaio era raro per i traffici internazionali, a differenza di quanto accadeva in Italia. Nella città di Anversa negli anni 1488-1514 i mercanti si affidavano piuttosto ai magistrati locali per la registrazione degli atti di proprietà e delle transazioni, che all’occorrenza erano prodotte davanti alle corti di giustizia (p. 91). Si assiste però a un cambiamento a partire dal 1525 e poi dal 1531 con la regolamentazione dell’attività notarile da parte dell’imperatore Carlo V quando si registra la moltiplicazione del numero dei notai e dei professionisti irregolari. L’autore non manca di sottolineare come le transazioni rogate dai notai rappresentino solo un’esigua percentuale degli atti stipulati dagli operatori stranieri che si servivano di scritture private e ricorrevano ai professionisti quando avevano necessità di disporre di strumenti che avessero valore probatorio.

Nel capitolo quinto il libro ricostruisce quali tipi di giudizi adottassero le tre città per i mercanti stanziali e quelli presenti nei brevi periodi di fiera, davanti a quali fori venissero agitate le cause, quali norme fossero adottate nella risoluzione della controversie. Si sofferma inoltre sul rilievo svolto dalle composizioni arbitrali nella risoluzioni dei conflitti mostrando la complessità della gestione delle vertenze negli scambi internazionali in un’Europa frammentata in giurisdizioni locali e regionali, ognuna con proprie tradizioni legali. Gelderblom discute nel sesto capitolo di ciò che definisce «paradox of violence and growth» (p. 141) mostrando come il commercio continui a prosperare anche sotto la continua minaccia di violenze, della pirateria e degli interventi militari degli stati. Ciò soprattutto grazie alla politica delle città che riuscivano a garantire maggiori forme di protezione e ad attrarre di conseguenza gli operatori itineranti che delocalizzavano verso zone più sicure. L’ultimo capitolo esamina infine le tipologie di azioni collettive promosse dai mercanti per ridurre i rischi di perdite o ottenere risarcimenti in caso di danni.

La tesi di fondo del volume è che tra il basso medioevo e la prima età moderna i governi di Bruges, Anversa ed Amsterdam abbiano avuto un ruolo determinante nel promuovere azioni di adattamento delle istituzioni per stimolare l’economia urbana e trarre profitto dalla concentrazione locale o regionale dei flussi internazionali di beni, moneta e informazioni. Si tratta di un’argomentazione che richiede però un approfondimento di tipo prosopografico sui ceti dirigenti delle città per ricostruirne le identità, i percorsi di ascesa politica, le dinamiche del loro coinvolgimento nei commerci europei e i nessi tra la mercatura e le attività politiche nella fase esaminata.

Detto questo, non c’è dubbio che Cities of Commerce si riveli un saggio denso di suggestioni, destinato ad arricchire la discussione sullo sviluppo economico dell’Europa pre-industriale.

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