Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

38, 2012/1

Sven Klosa

Die Brandenburgische-Africanische Compagnie in Emden

Review by: Carlo Taviani

Authors: Sven Klosa
Title: Die Brandenburgische-Africanische Compagnie in Emden. Eine Handelscompagnie des ausgehenden 17. Jahrhunderts zwischen Protektionismus und unternehmerischer Freiheit
Place: Frankfurt a.M. et al.
Publisher: Peter Lang
Year: 2011
ISBN: 978-3-631-60932-3

Reviewer Carlo Taviani

Citation
C. Taviani, review of Sven Klosa, Die Brandenburgische-Africanische Compagnie in Emden. Eine Handelscompagnie des ausgehenden 17. Jahrhunderts zwischen Protektionismus und unternehmerischer Freiheit, Frankfurt a.M. et al., Peter Lang, 2011, in: ARO, 38, 2012, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2012/1/die-brandenburgische-africanische-compag-carlo-taviani/

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Sven Klosa descrive la storia di una compagnia commerciale, la Brandenburgische-Africanische Compagnie (B.A.C.), fondata in Brandeburgo all’epoca del principe elettore Federico Guglielmo (1682), per reperire risorse economiche sulle sponde africane e sulle coste dei Caraibi. La B.A.C. fu una delle compagnie commerciali europee create nel corso del Seicento sulla scia della Compagnia delle Indie Orientali olandese (Verenigde Oost-Indische Compagnie, V.O.C.) e della East India Company inglese che, diversamente da queste ultime e come molte altre, non ebbe fortuna ed è rimasta poco studiata. Nel primo capitolo Klosa giustamente ricorda che la storia delle compagnie commerciali transoceaniche – antesignane delle attuali società per azioni – non nasce ex abrupto dall’espansione economica secentesca dell’Olanda e dell’Inghilterra, perché già l’area mediterranea durante il medioevo fu una fucina di modelli commerciali innovativi, come quelli prodotti dalle città di Genova e di Pisa.

Nelle pagine successive vengono passati in rassegna alcuni tipi di compagnie, quali le società limitate e le società per azioni e vengono elencate sommariamente alcune delle compagnie commerciali della prima età moderna suddivise per paese di origine. Questi ultimi paragrafi avrebbero meritato un respiro più ampio. Anche solo un semplice sguardo allo stato degli studi suggerisce che non si tratta di argomenti che è possibile tratteggiare rapidamente, perché, se da un lato non esiste una sintesi della storia delle società commerciali transoceaniche della prima età moderna, dall’altro le singole ricerche sono davvero numerose. Klosa non cita, ad esempio, molti dei lavori in lingua inglese degli ultimi anni (in bibliografia ce n’è uno del 1970). Inoltre, trattando delle compagnie che furono create in area tedesca, non menziona la Welser Gesellschaft, che ricevette la giurisdizione del Venezuela da Carlo V nel 1528. Il caso dei Welser avrebbe permesso all’autore di rafforzare l’argomento della continuità dei sistemi societari commerciali tra medioevo e prima età moderna.

I due capitoli successivi entrano nel vivo del tema del libro e costituiscono la parte più interessante del lavoro di Klosa. Il secondo descrive la storia della compagnia dalla sua fondazione alla fase di decadenza del primo Settecento. I Paesi Bassi ebbero un’influenza piuttosto forte sulla B.A.C., sia per il peso del loro modello economico, sia perché da lì provenivano alcune delle figure chiave della compagnia tedesca. La B.A.C. organizzò diverse spedizioni per la creazione di basi commerciali in Guinea (a Großfriedrichsburg), nei Caraibi (a St. Thomas) e sulle coste del Senegal (ad Arguin). Da queste basi partivano per l’Europa i prodotti (zucchero, cannella, tabacco, cacao, piume di struzzo, avorio, pepe, sale, caucciù) e gli schiavi. Dal 1683 la compagnia ebbe come base la città di Emden, che godeva di una particolare forma di autonomia e qui i principi elettori del Brandeburgo stabilirono anche la propria forza navale, che fu strettamente integrata con la compagnia.

Il terzo capitolo analizza la struttura giuridica ed economica della B.A.C.: i termini che ne caratterizzano le funzioni nella carta concessa dal principe elettore (l’Octroi), il potere giurisdizionale, la strutturazione del capitale, il funzionamento delle assemblee e il contratto per la concessione dei diritti commerciali. Il capitale della compagnia era ripartito in azioni delle quali però non è nota l’effettiva circolazione, né si sa se venissero scambiate sulla borsa di Amsterdam. Esistevano poi altre forme di partecipazione al capitale, come le obbligazioni (che rendevano il 6%) e le tontine (il 5%). La compagnia era definita come un soggetto di diritto autonomo (un «Corpus» recita l’Octroi) e in quanto allo ius belli ac pacis i suoi poteri erano limitati, soprattutto se paragonati alla V.O.C. L’analisi finanziaria del capitale della B.A.C. è uno degli argomenti più interessanti del volume di Klosa; tuttavia il tema all’interno dello stesso capitolo è stato ripartito in due paragrafi diversi che non sempre appaiono ben integrati.

Il quarto capitolo riprende il tema dell’influenza del modello della V.O.C. e della W.I.C. (la Compagnia olandese delle Indie occidentali) sulla B.A.C., un filo rosso che a più riprese si ritrova nel volume. Klosa sintetizza in pochi paragrafi alcuni aspetti della storia della V.O.C. largamente noti, ma funzionali al paragone con la B.A.C.: la costituzione, la struttura e l’organizzazione del capitale della compagnia. Dal confronto della storia delle due compagnie emerge che furono soprattutto gli armatori, i capitani e gli investitori olandesi ad esercitare un influsso determinante su quella tedesca, cioè le singole persone e non la V.O.C. in quanto istituzione. Il confronto tra i due modelli è inoltre interessante, perché invita a riflettere sugli aspetti extra economici, cioè sulle due diverse strutture statuali che costituirono il retroterra politico delle compagnie. Correda il volume un’appendice piuttosto voluminosa, che comprende la lista dei soci della compagnia, le concessioni dei principi, il contratto di trasporto e i regolamenti interni.

Il libro si inserisce con originalità nel filone di ricerca sull’espansione economica europea della prima età moderna, perché ne coglie alcuni elementi spesso trascurati. Nel dibattito storiografico contemporaneo, il tema delle società per azioni, così carico di attualità, appare spesso proiettato verso il presente e non sempre la storiografia considera alcuni pregevoli lavori tedeschi del tardo Ottocento e del primo Novecento. Due secoli fa, autori del calibro di Gustav Lastig, Karl Lehmann, Gustav Schmoller, Werner Sombart, o il meno noto Heinrich Sieveking, allievo di Max Weber, studiando le compagnie commerciali della prima età moderna avevano guardato al passato, tentando di individuarne i precursori medievali. Il lavoro di Sven Klosa – seppur con i limiti evidenziati – rappresenta un invito a non dimenticare tale tradizione.

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