Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

38, 2012/1

Carmen Furger

Briefsteller

Review by: Katia Occhi

Authors: Carmen Furger
Title: Briefsteller. Das Medium «Brief» im 17. und frühen 18. Jahrhundert
Place: Köln - Weimar - Wien
Publisher: Böhlau Verlag
Year: 2010
ISBN: 9783-412-20420-4

Reviewer Katia Occhi - FBK-ISIG

Citation
K. Occhi, review of Carmen Furger, Briefsteller. Das Medium «Brief» im 17. und frühen 18. Jahrhundert, Köln - Weimar - Wien, Böhlau, 2010, in: ARO, 38, 2012, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2012/1/briefsteller-das-medium-brief-im-17-katia-occhi/

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In questo saggio, frutto dell’elaborazione della sua tesi di dottorato, Carmen Furger analizza i cosiddetti Briefsteller, una tipologia di fonti che dalla fine del XVII secolo diventa un vero e proprio genere. Nell’Ottocento il dizionario dei fratelli Grimm identifica con questo termine tanto l’auctor epistolae, il liber epistolaris che l’estensore di cambiali. È a partire dalla fine del Seicento che queste guide per la corrispondenza, definite in precedenza Formulari o Kanzleibüchlein, assumono tale appellativo fino ad allora usato solo per indicarne l’autore. La ricerca si concentra sulle raccolte di lettere e sui modelli di corrispondenza di area tedesca e francese nel periodo compreso tra il XVII e il primo XVIII secolo, epoca del loro massimo splendore, culminato nel corso del Settecento con la crescita evidente dello scambio epistolare privato.

Punto di partenza è il periodo che coincide con la fine della guerra dei Trent’anni e la ripresa economica, quando ha inizio anche la fortuna della lettera. Il punto di arrivo cronologico dell’indagine coincide con la pubblicazione degli scritti di C.F. Geller (1742, 1751) componimenti teoretici in cui l’autore si pone contro le regole retoriche e rigide dello schema scrittorio e prende una chiara posizione contro l’arte epistolare barocca, segnando una cesura con l’epoca precedente. Sebbene dopo l’opera di Geller gli studiosi della lingua considerino i Briefsteller «quali libretti di istruzione per individui con scarse competenze scrittorie», questi testi continuarono a essere ampiamente popolari come dimostra la pubblicazione di più di 150 esemplari in lingua tedesca solo nel secondo Settecento.

La prima parte del volume si occupa della scrittura di lettere come pratica culturale. Tratteggia un quadro del traffico postale e cerca di ricostruire come e quanto l’apertura dei servizi di posta abbia influenzato questi mezzi di comunicazione. Il libro si interroga sugli scopi perseguiti dai Briefsteller e sulla tipologia dei saperi destinati ai fruitori, prestando attenzione particolare al ruolo riservato alle donne quali lettrici e scrittrici di lettere.

Uno sguardo complessivo agli autori consente di ascriverli al mondo del patriziato cittadino o ai ceti intellettuali più elevati. In età medievale invece essi erano per la maggior parte esponenti del clero e quei pochi autori laici appartenevano al mondo del notariato. Da un punto di vista confessionale va detto che i più importanti autori barocchi fanno parte del milieu protestante e socialmente provengono da famiglie al servizio delle autorità cittadine o statali, formatisi nei centri culturali delle città universitarie di Lipsia, Jena, Halle e delle città imperiali, tra cui spicca Amburgo.

La ricostruzione mostra che già dal Quattrocento questa varietà di opere era redatta in tedesco, lingua d’uso dei documenti amministrativi fin dal secolo precedente. A parte la lingua, i testi non presentavano alcuna differenza di contenuto e seguivano gli schemi dei loro antenati latini. Nel XV e XVI secolo questi modelli epistolografici tedeschi non propongono narrazioni per questioni personali, affari privati o lettere d’amore, a differenza di quanto emerge dai coevi testi francesi, nei quali già a partire dalla fine del Cinquecento appaiono tipi di lettere dal contenuto privato e intimo. Per l’area tedesca bisogna aspettare la seconda metà del secolo successivo perché si aprano alle necessità comunicative di un ceto borghese e mercantile.

I testi d’età barocca classificavano diversi tipi di lettere e offrivano una vasta gamma di modelli epistolari per le diverse situazioni di scrittura. Oltre alle lettere destinate a un circuito corporativo di notai, segretari e cancellieri pubblici che predomina nei Brifsteller seicenteschi, si può notare che essi contenevano lettere ‘auliche’, legate al cerimoniale della nobiltà dove la forma aveva un’importanza notevole. A queste epistole si ricorreva per trattative ufficiali, per impartire ordini, condurre negoziati o combinare matrimoni. Dalla fine del Seicento i testi danno maggiormente spazio a tipologie di corrispondenze di tipo borghese, cui prendono parte anche le donne in qualità di lettrici e di scrittrici.

La seconda parte del lavoro è dedicata al protocollo epistolare barocco, caposaldo e fulcro centrale dei modelli scrittorii. Dalla disposizione del titolario alla organizzazione formale del foglio, dal colore e la posizione del sigillo fino all’indirizzo della lettera, i Briefsteller non lasciano al caso nulla del cerimoniale della corrispondenza. Mettono dunque in evidenza le specificità di cui tenere conto nel gestire un carteggio: il ceto, il genere, le differenze e le comunanze di nazionalità e di lingua. Il più celebre bestseller di questo genere fu il testo francese Le Secrétaire de la Cour di Jean Puget de la Serre; nella prefazione all’edizione del 1655 si precisa che il libro venne ristampato almeno una trentina di volte (dalla prima edizione del 1623). Nell’ultimo quarto del Seicento esso fu inserito anche nel catalogo della cosiddetta «Biblioteca blu», la celebre raccolta di libri dedicati ai ceti bassi, commercializzata attraverso una rete di venditori ambulanti. Grande fortuna ebbero anche le guide epistolografiche tedesche, come è possibile vedere dalla tavola a pp. 29-30. Non si può omettere che la fortuna di questi testi sia legata anche al loro formato in ottavo, che consentiva facilmente di portarli in tasca o nel bagaglio da viaggio.

La terza parte del libro si concentra sulle modificazioni e gli sviluppi di questo mezzo di comunicazione da un punto di vista teoretico. Accanto all’analisi critica delle regole di scrittura il libro indaga la storia dell’evoluzione della lettera d’affari e privata nella fase di separazione tra spazio pubblico e sfera privata. Questa cesura influenzò marcatamente i principî stilistici di composizione della lettera. L’analisi di queste raccolte permette a Carmen Furger di ricostruire la tradizione e i punti di rottura nell’arte scrittoria epistolare di epoca moderna. L’autrice precisa che queste fonti normative si prestano a più chiavi di lettura; da un lato veicolavano standard di comportamento, ma nel contempo diffondevano mode di scrittura e potevano rivestire anche una funzione educativa. Va rilevato che tali regole non sempre si traducevano in reali pratiche di compilazione, come scrive la stessa Furger, anche se il raffronto tra norma e pratica resta sullo sfondo di questo saggio. È un aspetto che sarebbe interessante approfondire per accertare quanto i modelli siano entrati o siano rimasti estranei all’uso comune, sia tra i ceti colti sia tra quelli popolari. La ricerca si concentra piuttosto sulle regole e gli standard contenuti in queste guide alla scrittura epistolare e sulla loro evoluzione nel lungo periodo, mettendo in luce le tendenze dominanti nella pratica scrittoria ed evidenziando che questi manuali possono essere esaminati come mezzi del «processo di civilizzazione» delineato da N. Elias. Dalla seconda metà del XVII secolo si nota una modificazione stilistica del genere che da una composizione formale e cerimoniosa si evolve verso una conversazione galante e un modo di esprimersi più «naturale». L’autrice sottolinea ripetutamente che in questo processo le donne hanno avuto un ruolo chiave attuato per mezzo di una capacità retorica adeguata alla rappresentazione dei sentimenti e l’apporto di nuove espressioni emotive, emerse specialmente nell’ultimo periodo preso in esame dal volume.

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