Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

36-37, 2010-2011/1

Gunilla Budde - Eckart Conze - Cornelia Rauh (ed.)

Bürgertum nach dem bürgerlichen Zeitalter

Review by: Fiammetta Balestracci

Editors: Gunilla Budde - Eckart Conze - Cornelia Rauh
Title: Bürgertum nach dem bürgerlichen Zeitalter. Leitbilder und Praxis seit 1945
Place: Göttingen
Publisher: Vandenhoeck & Ruprecht
Year: 2010
ISBN: 978-3-525-36850-3

Reviewer Fiammetta Balestracci

Citation
F. Balestracci, review of Gunilla Budde - Eckart Conze - Cornelia Rauh (ed.), Bürgertum nach dem bürgerlichen Zeitalter. Leitbilder und Praxis seit 1945, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2010, in: ARO, 36-37, 2010-2011, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2010-2011/1/burgertum-nach-dem-burgerlichen-zeitalte-fiammetta-balestracci/

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«Continuità nella trasformazione» è forse l’espressione che meglio sintetizza il risultato complessivo delle quindici ricerche raccolte nel volume curato da Gunilla Budde, Eckart Conze e Cornelia Rauh, tre storici tedeschi già noti per i loro studi sulla storia della borghesia nel XIX e nel XX secolo e sui comportamenti delle élites tedesche nel passaggio dalla dittatura alla democrazia. Da diverso tempo esiste nel dibattito storiografico d’oltralpe un filone di studi dedicato alla storia della borghesia, i cui echi sono giunti anche in Italia attraverso la diffusione delle ricerche di uno dei padri della Neue Sozialgeschichte, Jürgen Kocka. Al centro di tali ricerche è stato a lungo il secolo XIX, considerato l’età dell’oro della borghesia e del suo stile di vita, ossia di tutti quegli aspetti materiali e immateriali, legati al censo, all’educazione e all’appartenenza di classe, che in tedesco sono indicati con il termine Bürgerlichkeit. Recentemente, però, come ricordato nell’introduzione del volume, il ritorno di attenzione per la società civile del XX secolo, o meglio, per la Zivilgesellschaft – se vogliamo usare un termine che ancora una volta è carico di echi politico-culturali in parte assenti dall’espressione italiana – nel contesto di un dibattito ancora aperto sul ruolo di cesura o meno del 1945 e quindi di una storia critica della Bundesrepublik come Nachgeschichte des Dritten Reichs, ha orientato lo sguardo degli storici della borghesia verso la seconda metà del Novecento. Questo è accaduto anche in ragione della recente focalizzazione del dibattito storiografico sulla storia degli anni Sessanta e Settanta come fase di un mutamento di valori, o Wertewandel, che avrebbe segnato anche la vita della famiglia tradizionale borghese. La Bürgerlichkeit, d’altra parte, non è che la rappresentazione di un insieme di valori che, secondo alcuni autori del volume, dopo il 1945 si sgancia dall’appartenenza di classe, resa incerta dai processi di differenziazione ed espansione della borghesia connessi alla crescita del benessere, per ancorarsi ad alcune virtù, in parte afferenti alla tradizione e in parte ridefinite sulla base dei processi di trasformazione vissuti dalla società europea del secondo Novecento. Da qui l’immagine per la borghesia dopo il 1945 di un complesso intreccio di continuità e discontinuità, che secondo Adelheid von Saldern, autrice di un saggio sulla Harzburger Akademie per la formazione del management economico, renderebbe non del tutto giustificati i tentativi di Erfolgsgeschichte per la storia tedesca più recente. Resta altresì il fatto che, sebbene posta di fronte a nuove sfide, la borghesia, come polimorfo ceto sociale, non sparisce affatto dopo il XIX secolo, ma semmai ripropone a tutta la società in termini nuovi l’obiettivo di una Bürgergesellschaft, che attraverso un nuovo processo di borghesizzazione nel caso tedesco, come sottolineano giustamente i curatori del volume nell’introduzione, ha a che fare dopo il 1945 con quel processo di Westernisierung su cui ci si interroga ormai da qualche anno in ambito storiografico.

Nel volume i saggi sono raccolti per settori di formazione e attività della borghesia, quali l’impegno civile, la politica, l’impresa e la direzione d’azienda cioè l’economia, la formazione e l’educazione e infine lo stile di vita e la cultura del quotidiano. Nel primo settore i saggi di Christine G. Krüger sul lavoro volontario giovanile e di Marie-Christine Potthoff sul Rotary e il Lions Club dimostrano entrambi come dopo il 1945, nei contesti civili e associativi descritti, avrebbe prevalso una volontà programmatica di restaurazione dei valori legati all’identità della borghesia tradizionale, come tentativo di compensazione verso gli effetti di livellamento sociale e di scardinamento delle strutture famigliari tradizionali portati dalla società dei consumi. Accanto a questa volontà è stata registrata però anche la ricerca di valori nuovi, quali l’introduzione di una dimensione internazionale nei progetti delle due associazioni, maturata in opposizione agli accenti nazionalistici delle attività precedenti la guerra, e quali il mutamento nel corso dei decenni del significato attribuito dai giovani all’anno di volontariato sociale previsto dallo Stato tedesco occidentale, vissuto da un certo momento in poi non più come un periodo di stasi rispetto al proprio percorso professionale, ma semmai come una fase di costruzione della carriera, sulla scia del crescente bisogno individualistico di auto-affermazione.

Della sezione sulla politica ci è parso particolarmente interessante il contributo di Volker Depkat sulle autobiografie politiche, tra le quali la più importante è quella di Konrad Adenauer. Qui l’autobiografia è intesa come testo collettivo e come categoria di definizione del sé e dell’altro attraverso esperienze legate a uno specifico ceto, quello della borghesia politica. Nei ricordi di tutti i personaggi presi in esame il crollo della repubblica di Weimar e il nazionalsocialismo sono avvertiti come un Zivilisationsbruch e come un momento di allontanamento dai valori borghesi che quindi, nella crisi di orientamento dei primi anni della Bundesrepublik, diventano un punto di riferimento. Interessanti ci paiono anche le tesi cui arriva Holger Nehring nel saggio sulla «Bürgerlichkeit come protesta», ossia come concetto utilizzato nei movimenti di protesta del periodo 1960-1980. In quel contesto bürgerlich poteva assumere significati negativi e positivi, da leggersi come vecchio e nuovo: cioè come valore da rigettare perché espressione della classe dirigente al potere nelle società capitalistiche da un lato e come volontà di partecipazione politica e responsabilità (Mitverantwortung) verso le ingiustizie che avvenivano oltre i confini nazionali dall’altro lato. Alcune delle più forti tendenze al cambiamento emergono dai saggi dedicati ai temi dell’educazione, della formazione e degli stili di vita, tuttavia anche qui non del tutto esenti dai condizionamenti del passato. Per concludere vorrei ricordarne almeno due, a mio giudizio molto significativi. Dallo studio di Peter Lundgreen sull’accesso al sistema di formazione scolastica nella Germania Federale emerge come, anche in anni più recenti, l’ambiente famigliare d’origine abbia mantenuto un peso decisivo nelle scelte di indirizzo, accanto alle aspirazioni personali e ai processi decisionali. In un certo senso le disparità di partenza hanno dunque continuato a pesare per lungo tempo sull’accesso alla formazione, anche dopo l’affermazione del sistema scolastico di massa. Analogamente nello studio di Lu Seegers sull’influenza degli stili di vita delle personalità pubbliche attraverso la Tv e i rotocalchi nel periodo compreso tra 1965 e 1980, appare chiaro come allo sdoganamento di nuovi modelli di comportamento nel privato, improntati a una maggiore libertà di scelta stimolata dall’esempio di alcune stars nazionali, avrebbe corrisposto per reazione nel dibattito sui rotocalchi un ritorno a modelli famigliari borghesi tradizionali. Il secondo Novecento pare essere stato, da questa interessante messe di studi, un periodo di intensi cambiamenti, forieri di nuove opportunità di vita, ma altresì bilanciati da tendenze conservatrici da leggersi come reazione al deficit di valori innescato dai mutamenti.

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