VII, 2024/2

Andrea Di Michele

Terra italiana

Review by: Giulio Taccetti

Authors: Andrea Di Michele
Title: Terra italiana. Possedere il suolo per assicurare i confini 1915–1954
Place: Roma-Bari
Publisher: Laterza
Year: 2023
ISBN: 9788858152119
URL: link to the title

Reviewer Giulio Taccetti

Citation
G. Taccetti, review of Andrea Di Michele, Terra italiana. Possedere il suolo per assicurare i confini 1915–1954, Roma-Bari, Laterza, 2023, in: ARO, VII, 2024, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2024/2/terra-italiana-giulio-taccetti/

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Come si conciliava la presunta italianità delle terre che all’indomani della Prima guerra mondiale erano state annesse al Regno d’Italia (Alto Adige/Sudtirolo, Venezia Giulia, Istria e alcune zone della Dalmazia) con le diverse lingue di chi le abitava? Questi uomini e queste donne (in maggioranza croati, sloveni e tedeschi) erano da considerarsi come una presenza indebita o invece come degli italiani snazionalizzati, da ricondurre alla lingua italiana e alla nazione a cui appartenevano? Quali politiche attuare per possedere, concretamente, la terra in queste zone?

Sono queste le domande alle quali il volume di Andrea Di Michele, Terra italiana. Possedere il suolo per assicurare i confini 1915-1954 (Roma-Bari, Laterza, 2023) cerca di dare risposta. Di Michele, professore associato presso la Libera Università di Bolzano non è certamente nuovo a questi temi. L’autore bolzanino ha dedicato altre due convincenti monografie alla storia sociale e culturale dei confini nord-orientali del Paese: L’italianizzazione imperfetta. L’amministrazione pubblica dell’Alto Adige tra Italia liberale e fascismo (Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2003), e Tra due divise. La Grande Guerra degli italiani d’Austria (Roma-Bari, Laterza, 2018), in cui si ricostruiscono i trascorsi avventurosi, vissuti in lunghi anni passati tra guerra, prigionia e complicati ritorni, dei centomila sudditi dell’Impero asburgico appartenenti alla minoranza italiana.

Basata su un imponente corpus documentario, la narrazione di Terra italiana si snoda in cinque capitoli che in maniera diacronica coprono la storia dei territori del confine nord-orientale (con un focus particolare sull’Alto Adige/Sudtirolo) fra gli anni che vanno dalla conclusione della Prima guerra mondiale ai primi governi democristiani. Sottolineando le continuità fra retorica nazionalista (l’apostolo dell’irredentismo Ettore Tolomei è ripreso in più di un’occasione nel volume), mondo liberale e fascismo, nel primo capitolo – anticipato per alcuni temi dall’autore nel saggio The Fascist View of ‘Allogeni’ in the Border Regions, in «Journal of Modern Italian Studies», 28, 2023, 1, pp. 90-112 – si ricostruiscono gli atteggiamenti ambivalenti dell’Italia liberale prima, e fascista poi, in riferimento agli allogeni, presentati talvolta come nemici, talvolta come persone da ri-nazionalizzare, ridiscutendo in tal senso i termini di quell’interpretazione storiografica che vuole il fascismo sempre e comunque avverso a qualsiasi tipo di minoranza, con una conseguente difficoltà nel tracciare i confini di ciò che rappresentava l’“italianità”.

Nel secondo l’attenzione si focalizza sugli anni Venti e sull’avvio, vero e proprio, delle politiche di possesso del territorio. Proprio in questo decennio fu affidato all’Opera nazionale combattenti (Onc) il compito di realizzare un piano per rafforzare la presenza italiana al confine. Questa strategia era la risposta al nuovo protagonismo della Germania sul piano internazionale, indirizzato alla difesa delle minoranze tedesche all’estero. Non è una questione di secondo piano perché Mussolini già nel 1911 aveva dato alle stampe per i Quaderni della Voce – esperienza editoriale che nasceva dagli indirizzi programmatici della rivista fiorentina «La Voce», fondata nel 1908 da Giuseppe Prezzolini – Il Trentino veduto da un socialista, in cui ricostruiva e tracciava le possibili soluzioni per la questione tridentina riscontrando che «L’avvenire prossimo del Trentino è lo status quo cogli inevitabili alti e bassi di reazione e di libertà che caratterizzano il regime politico borghese», poiché l’anima dei trentini «non è rivoluzionaria, ma conservatrice, misoneista. Subisce, ma non crea» (Il Trentino veduto da un socialista, Firenze, La voce, 1911, pp. 81-82). I piani dell’Onc fallirono allorché si intaccarono i rapporti politici internazionali con i paesi di lingua tedesca e gli interessi terrieri dei possidenti allogeni, quest’ultimi utili per un segmento dell’establishment fascista per avvicinare la popolazione al regime.

Con l’ascesa al potere di Adolf Hitler e soprattutto con l’Anschuluss e l’annessione dei Sudeti (1938) il rischio di “perdere” i territori di lingua tedesca si fece concreto e le risposte del regime fascista puntarono a rafforzare il possesso della terra in funzione difensiva, agevolando la formazione della piccola proprietà mediante l’azione dell’Ente di rinascita agraria per le tre Venezie. Soprattutto in questa fase, ricostruita con dovizia di particolari nel capitolo terzo, risultò centrale l’importanza del rapporto con gli stati confinanti nonché la dimensione che ebbe la politica estera sull’evoluzione dell’azione del governo Mussolini. Le politiche messe in campo dal regime mostrarono sempre più il loro carattere “difensivo”, declinato anche e soprattutto secondo logiche militari, come la costruzione del Vallo alpino del littorio, o indirizzate ad accogliere i sudtirolesi iscritti al Partito fascista nell’alveo dell’amministrazione dello Stato: così facendo l’autore mostra come l’adesione al regime rappresentasse la discriminante per decretare l’ingresso all’interno del perimetro della nazione. Nel quarto capitolo Di Michele analizzando gli accordi italo-tedeschi sull’Alto Adige del 1939, le politiche condotte a livello locale dalle autorità italiane e germaniche, e i conseguenti risultati dell’Opzione in cui l'86% dei sudtirolesi decise di espatriare, rileva come il successo tedesco nell’operazione avesse messo in discussione, di fatto, la sovranità italiana sull’Alto Adige/Sudtirolo ben prima dell’occupazione avvenuta nel 1943-1945.

Nel quinto e ultimo capito l’autore sottolinea i forti elementi di continuità esistenti fra le politiche programmatiche nazionaliste, fasciste e infine repubblicane. Con la fine del secondo conflitto mondiale nacquero timori sulla sopravvivenza stessa della presenza italiana in Alto Adige/Sudtirolo. Per diverso tempo l’Ente di rinascita agraria per le tre Venezie bloccò le vendite dei beni incamerati tramite l’opzione agli allogeni. Soltanto alla metà degli anni Cinquanta, e più precisamente nel 1954, le proprietà più isolate furono sbloccate e i ricavi utilizzati in funzione di rafforzare la presenza italiana sul territorio.

Analizzando le politiche per la conquista e il possesso del suolo, Terra italiana fa risaltare un quadro estremamente dinamico in cui lo sguardo sulle minoranze linguistiche (in particolare quella di lingua tedesca) ne esce apertamente ridefinito nell’indeterminatezza dell’idea stessa di italianità, la quale nel quarantennio preso in considerazione dall’autore oscillò e non si presentò mai regimentata in rigidi schemi. Rimane una curiosità: cosa avvenne dopo lo spartiacque del 1954? Nello snodo decisivo del secondo dopoguerra – con l’accordo De Gasperi-Gruber, nonché guardando all’altra sponda adriatica con la distensione fra Unione sovietica e Jugoslavia seguita alla morte di Stalin – come reagirono quelle componenti che vissero la conquista e il possesso del suolo come una forzatura, sviluppando anche forti sentimenti autonomisti (ad esempio il Befreiungsausschuss Südtirol)? È una domanda che ovviamente non può trovare risposta nel volume preso in esame, ma speriamo che quest’ultimo possa fornire una solida basa di partenza per chi vorrà indagare il dipanarsi della storia in queste regioni di confine: una storia che vede il volume di Andrea Di Michele un’opera obbligata per comprendere i nessi e le implicazioni culturali, sociali e politiche che vanno ben al di là delle così dette “aree marginali del Paese”.

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