VII, 2024/2

Giovanni Pizzorusso

Propaganda Fide

Review by: Maria Teresa Fattori

Authors: Giovanni Pizzorusso
Title: Propaganda Fide. I. La congregazione pontificia e la giurisdizione sulle missioni
Place: Roma
Publisher: Edizioni di Storia e Letteratura
Year: 2022
ISBN: 9788893595964
URL: link to the title

Reviewer Maria Teresa Fattori

Citation
M.T. Fattori, review of Giovanni Pizzorusso, Propaganda Fide. I. La congregazione pontificia e la giurisdizione sulle missioni, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2022, in: ARO, VII, 2024, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2024/2/propaganda-fide-i-la-congregazione-pont-maria-teresa-fattori/

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Il volume che qui si presenta, primo di due, è l’opera che Giovanni Pizzorusso dedica alla congregazione curiale de Propaganda Fide. Chi è familiare con la produzione di Pizzorusso vi trova raccolti i principali saggi, pubblicati in varie sedi, che ricostruiscono gli aspetti istituzionali utili per definire il contesto della fondazione di Propaganda nei primi due secoli del suo funzionamento. Chi invece non conosce la vasta produzione storiografica dell’autore può consultare, in un unico volume, i contributi fondamentali per inquadrare le origini di Propaganda nel contesto politico, comprenderne le fonti di finanziamento, le competenze e facoltà giuridiche; infine, le connessioni con le altre istituzioni della curia romana, come i nunzi e gli ordini religiosi missionari in età moderna. Le ripetizioni o le parti comuni tra saggi sono funzionali a una piena fruizione di ogni singolo capitolo in autonomia rispetto al disegno complessivo, senza comunque appesantire una lettura integrale.

Quindici capitoli, ordinati in quattro sezioni, presentano la storia della Congregazione (nelle Avvertenze, pp. xxix-xxxi, i riferimenti ai saggi originali pubblicati tra 1997 e 2020, rivisti e aggiornati per questa edizione). Il secondo volume, in programma, intenderà invece mettere a fuoco alcuni contesti politici locali e gli aspetti culturali dell’attività di Propaganda. La lista delle abbreviazioni e l’indice dei nomi e dei luoghi citati completano l’opera.

La prima sezione è dedicata all’officium pastorale del papa e analizza la giurisdizione pontificia sulle missioni prima del 1622, anno di fondazione della Congregazione da parte di papa Gregorio XV (Ludovisi); il rapporto che unisce il papato alla diplomazia e all’attività missionaria durante il regno di Paolo V (Borghese); il contesto mondiale delle missioni in relazione alla geopolitica e agli imperi coloniali europei. Già prima che Propaganda Fide fosse istituita come congregazione stabile della curia romana, nel corso del XVI secolo, alcuni pontefici eressero commissioni temporanee, focalizzate su alcune situazioni specifiche, come la “Germania” contaminata dalla Riforma; le comunità di rito greco nel Meridione d’Italia o le tentate unioni con vescovi di rito orientale nel Vicino Oriente e nell’Europa dell’est; infine, le missioni in Africa, Asia e Americhe. Le finalità individuate in questa prima fase furono le medesime stabilite dalla politica centralizzatrice romana per Propaganda Fide, sebbene queste commissioni, diversamente da Propaganda, non diedero vita a un’attività di tipo burocratico-istituzionale ordinata. Tali congregazioni temporanee, che ebbero vari nomi, si occuparono della formazione del clero missionario secolare al di fuori del sistema del patronato regio; della stampa di libri liturgici; dei percorsi per introdurre i principi tridentini nelle comunità dei neobattezzati, con metodi apostolici, diversi da quelli inquisitoriali. Durante il pontificato di Paolo V, l’ufficio di curia che si occupava di missioni, insieme a strutture di coordinamento temporanee affidate al carmelitano scalzo Tommaso di Gesù (Pammolli), fu il Sant’Uffizio, al quale tuttavia mancava una visione complessiva e programmatica dello sviluppo missionario. Gregorio XV istituì un organismo burocratico per dirigere politicamente e dare continuità allo sviluppo delle missioni nel contesto di un progressivo indebolimento della corona spagnola a livello mondiale, dell’entrata in scena della potenza cattolica francese e del concorrente sviluppo della dimensione planetaria inglese e olandese. Insieme a questo sfondo politico, va rilevato il contesto ecclesiale che conobbe un rinnovato impegno missionario degli ordini mendicanti e monastici medievali, ma anche l’istituzione di ordini e congregazioni regolari nate ex novo che fecero dell’apostolato il centro del loro carisma.

Nella seconda parte dell’opera, quattro capitoli analizzano il meccanismo istituzionale di Propaganda: le finanze (lo stato temporale) che il dicastero poté amministrare per le missioni; le figure di vertice, quali i cardinali e i segretari dei primi ottant’anni di funzionamento; il ruolo giocato dai nunzi in relazione alle missioni e Propaganda; infine, la relazione della Congregazione con il Sant’Uffizio. L’autore chiarisce i limiti entro i quali le pretese universalistiche di Roma si mossero, ovvero le esigue risorse finanziarie alle quali poté attingere Propaganda (il grosso del bilancio di Propaganda era la tassa sugli anelli del valore di 500 scudi per anello) e qualche lascito testamentario e una gestione amministrativa che investiva in luoghi di monti e poco altro. Anche la presentazione del personale ecclesiastico chiarisce l’impostazione data ai compiti della congregazione, che ebbe articolazioni centrali – i cardinali prefetti e i segretari della Congregazione – e periferiche – i nunzi apostolici e una galassia di referenti ufficiali o casuali, spesso appartenenti a ordini religiosi, a volte, ma non sempre, italiani. I 14 nunzi furono comunque il principale elemento di continuità dell’azione di Propaganda nei luoghi dell’attività missionaria, perché i funzionari avevano poteri e facoltà per gestire episcopati, clero e fedeli, ma anche perché erano stabilmente e continuativamente presenti in loco per raccogliere informazioni e consentire la revisione dei progetti missionari in corso. Dopo il fallimento del progetto di insediare un nunzio pontificio nelle Indie, per via dell’opposizione del sovrano spagnolo, il segretario Francesco Ingoli (attivo a Propaganda dalla fondazione al 1649, anno della sua morte) divise il mondo allora conosciuto in tredici aree e le affidò alla responsabilità di una specifica nunziatura. Tale organizzazione territoriale influenzò quella più tarda delle missioni protestanti. Gli ambiti e compiti affidati ai nunzi e, per loro tramite, ai vescovi furono la raccolta di informazioni sulla presenza di ebrei, scismatici, eretici e infedeli; la supervisione sui collegi missionari; la raccolta di finanziamenti; la concessione di facoltà speciali ai missionari di passaggio e la loro stessa ospitalità nei percorsi di andata o ritorno dalle terre di missione; lo smistamento della corrispondenza per i missionari; la trasmissione a questi ultimi di libri, oggetti liturgici e denaro (quest’ultimo aspetto poteva avvenire anche tramite mercanti di fiducia); infine, la mediazione diplomatica vera e propria con i sovrani di stanza. Vista l’ampiezza dei compiti affidati ai nunzi in ambito religioso, non stupisce che il progetto di allargamento universale del potere papale abbia previsto l’alleanza stretta tra Propaganda e la rete delle nunziature. Non sorprendono ugualmente le numerose sovrapposizioni tra la materia missionaria e l’Inquisizione. Alle controversie e alle forme di collaborazione tra le due congregazioni è infatti dedicato un intero capitolo, che analizza l’intervento del Sant’Uffizio in materia di missioni e i rapporti con le missioni prima e dopo il 1622. L’Inquisizione si arrogò dal 1658 l’esclusiva competenza sulle facoltà straordinarie da dare ai missionari e, aspetto indagato dalla storiografia dall’apertura dell’archivio storico del Sant’Uffizio, sui dubbi teologici, sacramentali e morali originati dal contatto con la diversità religiosa e culturale. Pizzorusso offre una ricca panoramica delle fonti e dei dossier presenti nell’archivio dell’una e dell’altra congregazione di interesse missionario. Riti, matrimoni misti, dubbi di ogni genere, questioni di schiavitù, traduzioni di formule rituali furono analizzati dai qualificatori e consultori del Sant’Uffizio e affidati a Propaganda per la comunicazione ai missionari; le risoluzioni ai dubia, dal 1680 redatti nella forma di “instructiones non definitiones”, costituirono una giurisprudenza casistica che lasciò margini di adeguamento e successiva revisione al Sant’Uffizio stesso.

Al quadro giuridico è dedicata la terza parte del volume, che analizza appunto lo statuto giuridico dei missionari; i modi e tempi della plantatio ecclesiae nelle aree di missione; la duplice fedeltà dei missionari tra monarchie coloniali e universalismo. Vescovi e vicari apostolici con titolo episcopale furono i destinatari privilegiati delle facoltà conferite da Propaganda e concesse dal Sant’Uffizio; essi si trovavano al vertice della gerarchia ecclesiastica delle missioni ai quali i religiosi, protagonisti per altri versi dell’azione, dovevano rispondere di abusi e comportamenti inadeguati. L’opzione privilegiata di Propaganda tese dunque sia alla costituzione di una gerarchia episcopale, sia alla formazione del clero indigeno per perpetuare e mantenere le chiese territoriali in aree missionarie. Resta però vero, al di là delle tendenze di lungo periodo, il pluralismo istituzionale che implicava forme di giurisdizione “personale”, e non territoriale, sul modello del clero di diversi riti latini e orientali compresenti nello stesso territorio. Se comunque Propaganda tese, nella sua azione secolare, a creare uniformità e impiantare una struttura giuridica di stampo Tridentino, essa, raccordandosi anche con le congregazioni del Concilio e del Sant’Uffizio, mise a punto un temporaneo pluralismo giuridico, poiché la «geografia delle missioni» fu «il terreno del privilegio» (p. 217, citando Eutimio Sastre Santos) degli adattamenti alle svariate realtà locali e delle analogie tra casi provenienti da differenti geografie. La duplice fedeltà dei missionari, sudditi di sovrani cattolici e fedeli al papa e dunque soggetti alla giurisdizione della Congregazione, fu una dottrina, più che una prassi concreta, nella quale i singoli attori e Propaganda agirono di volta in volta per mantenere un difficile equilibrio o per nascondere la propria partigianeria per l’uno o per l’altro potere. Tra le tante ipotesi e proposte strategie, la soluzione messa in pratica fu quella di scegliere dei vicari apostolici che, anche appartenenti a ordini religiosi, fossero nativi della penisola italica, avendo essi «più dello spirito di Roma» (p. 243).

La quarta e ultima parte dell’opera è dedicato alla relazione tra Propaganda e gli ordini missionari, proponendo uno schema generale dei diversi livelli di conflittualità e controllo e arrivando, dal punto di vista cronologico, ai primi tre decenni del XIX secolo. Pizzorusso chiarisce come la Congregazione si contrappose ad alcuni ordini, quando giudicò la rivalità tra ordini e, infine, come gestì la conflittualità interna allo stesso ordine di fronte a tematiche missionarie o ai dubbi causati dal medesimo imperativo apostolico. Un capitolo suggerisce piste di ricerca e approfondimenti che, a partire dall’archivio di Propaganda, possano contribuire alla storia missionaria degli ordini, sia per rileggerne le vicende su un piano comparativo, sia per inserirne la storiografia, solitamente settoriale e limitata geograficamente a singole aree, in un quadro più generale. In questo contesto, l’autore approfondisce questioni legate sia all’ordine dei cappuccini, in particolare ai missionari della provincia umbra, sia alla Compagnia di Gesù, che, al contrario, ebbe un rapporto difficile e conflittuale col dicastero romano. Mentre l’ordine serafico fu particolarmente prediletto dalla Congregazione per la sua struttura decentrata e la disponibilità a collaborare, la Compagnia di Gesù ebbe con Propaganda una conflittualità istituzionale dal 1622 fino al 1773, anno della soppressione decretata da Clemente XIV, e successivamente alla ricostituzione voluta da Pio VII nel 1814.

L’opera seleziona e aggiorna il meglio della produzione dei quasi trent’anni di ricerca di Giovanni Pizzorusso, ma si presta ad essere un’opera aperta, capace di stimolare future ricerche e connessioni, con precise indicazioni archivistiche. Una scrittura cristallina accompagna il lettore in un’analisi complessiva che risulta priva di una conclusione definitiva. Infatti, insieme ai risultati delle proprie indagini, l’autore ha indicato spazi che possono essere aperti ad ulteriori analisi, come, ad esempio, il rapporto con il complesso e vasto mondo degli ordini regolari o la relazione tra Propaganda ed altri organismi curiali. Il volume è imprescindibile per chi voglia avvicinarsi al mondo delle missioni cattoliche di età moderna. Impeccabile la veste editoriale.

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