VII, 2024/2

Giacomo Bonan, Matteo Di Tullio, Salvatore Romeo (eds.)

Imprese e Storia

Review by: Luciano Maffi

Editors: Giacomo Bonan, Matteo Di Tullio, Salvatore Romeo
Title: Imprese e Storia. Rivista dell’Associazione per gli studi storici sull’impresa, 45-46/2022
Place: Milano
Publisher: FrancoAngeli
Year: 2022
ISBN: 1590-6264
URL: link to the title

Reviewer Luciano Maffi - Università di Parma

Citation
L. Maffi, review of Giacomo Bonan, Matteo Di Tullio, Salvatore Romeo (eds.), Imprese e Storia. Rivista dell’Associazione per gli studi storici sull’impresa, 45-46/2022, Milano, FrancoAngeli, 2022, in: ARO, VII, 2024, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2024/2/imprese-e-storia-45-462022-luciano-maffi/

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«Imprese e Storia. Rivista dell’Associazione per gli Studi Storici sull’impresa», ha pubblicato nei numeri 45 (gennaio-giugno 2022) e 46 (luglio-dicembre 2022) due sezioni monografiche dedicate alle relazioni fra imprese e ambiente sul lungo periodo. La prima, quella nel n. 45, intitolata Imprese e ambiente nella storia italiana: l’età preindustriale costituita da quattro articoli. La seconda, nel n. 46, intitolata Imprese e ambiente nella storia italiana: tra Otto e Novecento, composta anch’essa da quattro articoli.

La necessità e le ragioni di questo inserto tematico sono sottolineate nella “Presentazione. Imprese e ambiente nella storia italiana: una prospettiva di lungo periodo”, dove Giacomo Bonan, Matteo Di Tullio e Salvatore Romeo, curatori di queste sezioni monografiche, sottolineano come alla storiografia italiana possa essere utile un approccio che riunisca competenze interpretative di storia d’impresa e di storia ambientale, in una congiuntura (quella attuale) in cui i vincoli di sostenibilità ambientale sono un imperativo quasi drammatico. La “Presentazione” ha il merito di sottolineare come il tema non sia nuovo alla storiografia internazionale, di cui fa una eccellente disamina, specialmente a partire dal numero monografico di «Business History» del 1999 dedicato a Business and Environment, ma insiste sul fatto che questo approccio interpretativo possa essere applicato ai casi italiani sul lungo periodo, investigando numerosi ambiti, come quelli delle relazioni fra imprenditori e attori pubblici, del rapporto tra ambiente e mercato, del nesso tra impresa e uso delle risorse naturali. Numerosi e validi studiosi lavorano, in Italia, su temi di storia ambientale e altri sui temi di impresa. Servirebbero, dunque, studiosi in grado di riunire queste due competenze, che sono foriere di importanti risultati, come testimoniano queste due sezioni monografiche.

Gli articoli pubblicati nel numero 45 sono dedicati a casi che coprono il tema dal tardo medioevo alla fine dell’età preindustriale. Il saggio di Mathieu Harsch, “L’impatto dell’attività tintoria sull’ambiente. Firenze alla fine del Medioevo”, pp. 26-49, analizza, grazie a una importante indagine archivistica, il ruolo delle materie tintorie all’interno dello spazio regionale toscano, dimostrando l’importanza di queste produzioni in relazione alla fabbricazione tessile. Accanto a una classificazione delle materie tintorie, della loro reperibilità all’interno del contesto toscano, del ruolo delle Arti di mestiere in questo ambito, e all’interazione con l’ambiente di queste produzioni, l’autore sottolinea come dal punto di vista economico questo caso di studio possa fare riferimento alla letteratura sui distretti industriali (si pensi a Becattini) che solo in anni recenti è stata “riscoperta” e applicata dagli storici preindustriali allo studio delle filiere produttive. Sarebbe stata utile una carta geografica per favorire la visualizzazione della distribuzione del fenomeno e appunto il distretto considerato. L’articolo di Matteo di Tullio, “Agricoltura capitalistica e modificazioni dell’ambiente. Boschi diffusi e biodiversità nella pianura irrigua lombarda d’età moderna”, pp. 50-75, analizza attraverso nuove chiavi interpretative un tema caro alla storiografia lombarda. Merito dell’autore è dunque quello di indagare in modo specifico gli aspetti ambientali di questa agricoltura caratterizzata da un “paesaggio domesticato” e ricco di acqua. Da molti anni Di Tullio si dedica a questi temi e si evince dalla profonda conoscenza delle fonti archivistiche e dalla capacità di analisi delle medesime, specie delle “consegne” e “riconsegne” di possessioni, grazie alle quali ha evidenziato in quest’area la presenza di “boschi diffusi”. Le fonti che ha indagato gli consentono di sottolineare come, contrariamente al fenomeno di arretramento del bosco registrato a livello catastale, gli alberi in forma di filari diventano una presenza costante nelle aziende della bassa lombarda. Molto originale la parte dedicata alla misurazione della quantità e della qualità delle essenze arboree e specialmente l’utilizzo del calcolo dell’indice di Gini per analizzare la concentrazione delle essenze medesime in un arco cronologico di quasi due secoli.

L’articolo di Claudio Lorenzini e Katia Occhi, “La gestione delle risorse boschive nelle Alpi orientali. Le imprese e i loro ruoli (secoli XVI-XVIII)”, pp. 76-106, analizza in modo eccellente, attraverso un grande lavoro di ricognizione e analisi delle fonti, il tema dei mercanti di legname. Tema ancora trascurato, nonostante il sempre maggiore interesse nei confronti delle risorse boschive e degli studi dedicati al legname come commodity. Del saggio risultano molto interessanti, dunque, l’analisi delle fonti utilizzabili per questo tipo di studi, l’indagine dei regimi di possesso delle risorse boschive e lo studio della filiera del legname, con l’impiego del trasporto lungo le vie fluviali. Il focus sui mercanti ne fa comprendere la poliedricità, le specializzazioni, le relazioni. Un saggio, dunque, molto ben costruito e che apre ulteriori prospettive di indagine: anche in questo caso, tuttavia, sarebbe risultata utile una carta geografica per poter visualizzare l’area in cui si svolgono le attività analizzate. 

Ogni saggio della prima sezione, dunque, mostra come modelli economici o strumenti quantitativi propri delle scienze sociali possano essere utilizzati per gettare luce su fenomeni o meccanismi tipici dell’età moderna, dai distretti industriali all’indice di Gini.

Gli articoli pubblicati nel numero 46 sono dedicati a casi che coprono il tema nei secoli XIX e XX.  Il saggio di Giacomo Bonan, “Pionieri nella frontiera del legname? I commercianti di legname in Italia settentrionale durante l’industrializzazione”, pp. 63-91, è efficacemente costruito sulle coordinate interpretative e sugli approcci disciplinari della global history e della environmental history, a cui l’autore fa adeguato riferimento nella sua introduzione. Il tema analizzato è quello del legname come commodity, considerato nelle sue differenti destinazioni d’uso sia nell’età preindustriale sia in quella dell’industrializzazione, con specifico focus sulla trasformazione del mercato del legname nel corso della “prima onda della globalizzazione”. Ottimo ed efficace anche lo specifico focus su due traiettorie imprenditoriali differenti fra loro: i Feltrinelli e i Lazzaris. In questo caso, a mio avviso, sarebbe stata utile qualche tabella o grafico che consentisse di visualizzare la commodity legname in termini di quantità e prezzi.

Gli altri tre articoli della sezione pubblicata nel numero 46 sono, invece, dedicati al Novecento. In essi emerge chiaramente il problema ambientale, la sua origine, il suo dibattito, nella misura in cui lo intendiamo attualmente, come pensiero ecologico e come pensiero economico. Si tratta di tre articoli di grande valore, nei quali si fa emergere la questione proprio in relazione ad alcuni “colossi” d’impresa di alcuni fra i settori più sensibili per questioni ambientali, fra cui la produzione e la distribuzione di energia (ENI) e chimica (Montedison), nonché l’atteggiamento dell’IRI negli anni Settanta davanti alla sfida ecologica.

Il saggio di Silvia Pizzirani, “Oro nero, politica verde? Eni, ambiente ed energia dal secondo dopoguerra”, pp. 92-123, fa emergere in modo chiaro le strategie dell’Eni, fin dalla sua fondazione, in relazione ai temi dell’ambiente. L’autrice ben indaga il contesto di quegli anni, caratterizzato dal desiderio di sviluppo non solo dei settori industriali, ma anche dalla voglia di crescita dei consumi e di benessere per strati sempre più vasti della popolazione, sostenuta dalla visione sociale di numerosi partiti, fra cui quella parte della DC in cui Enrico Mattei si riconosceva. In modo efficace e chiaro l’articolo analizza l’uso che l’ENI fa di pubblicità cartacea e di filmati documentari per raggiungere il vasto pubblico al fine di spiegare, quasi con approccio pedagogico, gli scopi dell’Ente, che era leader nella produzione e distribuzione di idrocarburi. Molto ben costruita anche la parte sugli anni Settanta, in cui contemporaneamente si manifestarono le crisi petrolifere e le prime istanze ambientaliste, con la consapevolezza della scarsa sostenibilità di molte attività produttive, nonché la proiezione internazionale dell’ENI a favore di politiche sostenibili fin dalle loro origini.

L’articolo di Andrea Ostuni, “Una grande impresa di fronte a nuove sensibilità. Montedison e la questione ecologica nei primi anni Settanta”, pp. 124-146, illustra in modo equilibrato e chiaro la complessità delle azioni che un colosso della chimica deve mettere in campo in relazione alle tematiche ambientali. Emerge il ruolo, che potremmo definire ambiguo, di Eugenio Cefis, in relazione alla vicenda di Scarlino, ma anche in relazione ai tentativi di dare delle risposte alle nuove sensibilità ambientali che emersero in Italia negli anni Settanta. L’autore fa una disamina di alcune pubblicazioni di una collana di studi sull’“ambiente” edite dalla Montedison che avevano lo scopo di far conoscere le produzioni dell’impresa e il loro impatto sugli ecosistemi. Come mette bene in luce Ostuni, si trattava di un’operazione che dimostrava chiaramente l’attenzione ambientale dell’impresa. Nell’articolo poi mette in relazione l’operato della società con l’attore pubblico e l’evoluzione della normativa (per esempio la legge Merli).

Il saggio di Salvatore Romeo, “L’Iri davanti alla sfida ecologica (1970-1979)”, pp. 147-177, sviluppa in modo efficace le relazioni fra istituzioni, imprese e sviluppo della sensibilità nei confronti dell’ambiente, in anni in cui anche la normativa si evolve e, nel contempo, si vissero profonde crisi energetiche. Anche in questo caso l’autore dimostra di fare un ampio uso di fonti e riesce a contestualizzarle in modo molto efficace.

Forse per questa parte novecentesca si sarebbe potuto ipotizzare anche un saggio dedicato a un’impresa di dimensioni differenti e magari non di produzione di energia o chimica, per misurare gli stessi elementi in un contesto produttivo differente. Intendo, ad esempio, un'impresa agroalimentare. Inoltre, sempre in relazione a questi ultimi articoli, non risultano così evidenti gli impatti economici di queste azioni sulle imprese, mentre è sviluppato in modo ottimo l’aspetto ambientale, culturale e sociale.

 

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