Reviewer Marialuisa Lucia Sergio - Università Roma Tre
CitationLa figura di Celestino Endrici, principe vescovo di Trento, è stata a lungo oggetto di studi frammentari e parziali. Le ricerche preesistenti, spesso limitate a brevi profili biografici o a descrizioni apologetiche, si sono concentrate su aspetti specifici della sua vita, come il coinvolgimento nella Grande Guerra. La storiografia trentina ha generalmente interpretato l'episcopato di Endrici attraverso la lente del problema nazionale, con una visione monotematica che ha trascurato aspetti fondamentali, quali la questione sociale e il rapporto Stato-Chiesa, così come quella di lingua tedesca ha offerto un'interpretazione spesso non meno unilaterale, imputando al vescovo tendenze irredentiste all’origine di una sua presunta acquiescenza alle politiche di snazionalizzazione attuate dal fascismo.
Nonostante il rinnovamento storiografico avviato nel 1991 dal convegno organizzato dal Centro di Cultura Antonio Rosmini (cfr. gli atti curati da Umberto Corsini), nel segno di nuovi filoni di ricerca come l'identità del Trentino asburgico, l'esperienza del partito popolare e il rapporto con De Gasperi, è a lungo mancata una ricostruzione unitaria della parabola di Endrici che superasse il limite degli studi settoriali.
La monografia di Camilla Tenaglia Celestino Endrici. Un principe vescovo in Italia (1918-1940), Bologna, Il Mulino, 2023, scaturita da una ricerca dottorale successivamente ampliata, contribuisce a colmare questa lacuna, offrendo un'analisi più complessa e articolata del suo episcopato.
Attraverso l'analisi di un vasto repertorio di fonti archivistiche, Tenaglia colloca l’episcopato di Endrici (1904-1940) nel contesto più ampio dei cambiamenti politici, sociali e culturali del suo tempo, fra il lento tramonto della Corona austroungarica e la brutale affermazione del volto totalitario del fascismo. Endrici emerge come un leader religioso e politico dotato di grande carisma, capace di navigare tra le tensioni di un'epoca segnata dalla disintegrazione dell’impero asburgico quale ultimo baluardo dell'Antico Regime, alle prese con le rivendicazioni di entità multietniche in cerca di forme di un’integrazione costituzionale più solide di un mero vincolo dinastico, e il progetto di annessione del Trentino all’Italia liberale. Endrici, inizialmente chiamato a sostenere lo sforzo bellico dall'autorità imperiale, si limita a un’adesione formale, rifiutando un coinvolgimento più attivo. La sua opposizione ai movimenti germanizzatori, che lo conduce all’internamento nell’abbazia viennese di Heiligenkreuz sotto stretta sorveglianza, lo proietta nel "mito" di martire irredentista, abilmente alimentato dallo stesso Endrici con l’operazione editoriale de Il vescovo di Trento e il governo austriaco durante la guerra europea, libro pubblicato nel 1919 da Don Vigilio Zanolini, nell’intento di costruire l’immagine di un vessillo dell’italianità della provincia che avrebbe autorevolmente imposto l’autorità episcopale come interlocutrice dello Stato italiano (pp. 72-77).
L'autrice analizza dunque le vicende connesse al funzionamento della gestione territoriale della nuova provincia italiana, rivolgendo l'attenzione verso istituzioni e figure finora poco studiate, come la Giunta provinciale straordinaria e il sacerdote-giurista Giovanni Chelodi, per soffermarsi successivamente sull'operato del vescovo durante la transizione al periodo fascista.
Attraverso una lettura che ridimensiona la questione nazionale a vantaggio di altre problematiche, connesse in particolare al ruolo della Chiesa nella società, come la relazione fra gerarchia ecclesiastica e associazionismo laico, Tenaglia mette in luce l’impegno del vescovo nel respingere ogni sovrapposizione fra le organizzazioni cattoliche e quelle del regime. Ben prima del conflitto Stato-Chiesa del 1931, il Trentino sperimenta infatti il «ciclone devastatore» della violenza fascista contro i circoli cattolici, già a partire dalla primavera del 1924 con l’irruzione degli squadristi in camicia nera nella sede giovanile di Cembra. È appunto il vescovo che tenta di opporre un argine all’irreggimentazione totalitaria della vita civile e religiosa, non senza affrontare una «via crucis snervante», come egli stesso afferma dopo un colloquio con il sottosegretario al ministero degli Esteri Dino Grandi nel novembre 1926 (p. 164).
Endrici rimane fortemente convinto della necessità di un tessuto associazionistico vitale, coerente con la visione ecclesiale che l'aveva spinto a promuovere un'azione pastorale non più limitata al sostegno delle fasce sociali più deboli, ma orientata verso una più ampia partecipazione politica, affidata all'iniziativa di una nuova classe dirigente laica, di cui De Gasperi era stato l'esponente più significativo. Di notevole interesse è la corrispondenza con un gruppo di fedeli collaboratori, con i quali mantiene frequenti contatti e che lo supportano nella sua azione.
Il libro si avvale dei documenti reperiti presso l’Archivio Diocesano Tridentino, l’Archivio Diocesano di Bressanone e l’Archivio Centrale dello Stato, tra cui si segnalano le carte di Luigi Credaro, Commissario Generale Civile della Venezia Tridentina; nonché delle carte dell’Archivio storico del Ministero degli Affari esteri e di quelle provenienti dall’Archivio Apostolico Vaticano e dal fondo della Segreteria di Stato. Da questo punto di vista, sarebbe stato interessante approfondire ulteriormente alcuni aspetti, alla luce della recente apertura degli archivi vaticani di Pio XII. Ad esempio, la corrispondenza di mons. Endrici relativa all'interdizione del tedesco per il catechismo e le funzioni liturgiche, che offre spunti di riflessione sulla posizione della Chiesa di fronte al progetto fascista di politicizzazione del culto (cfr. la lettera di Endrici al card. Eugenio Pacelli, 27 dicembre 1930, citata nell'Introduzione in A. De Gasperi, Diario 1930-1943, Bologna, il Mulino 2018, p. 58) o ancora, similmente, il carteggio degli anni Trenta in cui Endrici rievoca la minaccia rappresentata dalla diffusione dell'hitlerismo nella regione transfrontaliera (cfr. lettera del 26 maggio 1934 a mons. Giuseppe Pizzardo, citata nel Diario di cui sopra, pp. 60-61), o infine la corrispondenza tra l'Ambasciata d'Italia e mons. Enrico Montalbetti, il quale manifesta il proprio rifiuto a collaborare con i fascisti nell'azione di isolamento e persecuzione politica contro De Gasperi (ibidem, p. 61).
Il libro di Tenaglia, in ogni caso, non manca di evidenziare l’azione dell’episcopato trentino nel mitigare i processi di italianizzazione forzata della popolazione di lingua tedesca e insieme nel fronteggiare le sfide poste dalla crescente propaganda nazista nel territorio, intervenendo infine per tutelare i diritti delle comunità locali costrette a fronteggiare il difficile dilemma delle "opzioni".
In definitiva il libro ricostruisce meriti e, al tempo stesso, ambivalenze del tentativo del vescovo di contenere gli eccessi del fascismo, limitato tuttavia dal progressivo deteriorarsi delle sue condizioni di salute e dalle pressioni del vertice ecclesiastico, poco incline a scontrarsi apertamente con il regime.
La corrispondenza utilizzata dall'autrice rivela in Endrici piuttosto la volontà di separare il fascismo locale, con le sue connotazioni più anticlericali e violente, dal regime nazionale e dalla figura stessa del duce, uomo della provvidenza, al punto che – scrive Tenaglia –, si delinea «una posizione complessa che non può assolutamente essere fraintesa con l’antifascismo» (p. 226).
In questo senso il volume apre nuove piste di ricerca che non potranno non prendere le mosse, in linea con l’approccio del volume di Tenaglia, dal riconoscimento della necessità di superare una prospettiva esclusivamente locale per comprendere pienamente la complessità della dimensione politica e sociale dell'episcopato trentino.