Reviewer Albertina Vittoria - Università degli Studi di Sassari
CitationEmma Mezzomonti è stata una donna di notevole spessore intellettuale nella cultura e nell’editoria italiane. Tuttavia era conosciuta principalmente in quanto moglie di Delio Cantimori e per il rapporto quasi simbiotico esistente tra loro.
Negli anni, lo stereotipo che considera le donne e le mogli come personaggi dietro le quinte si è venuto per fortuna sgretolando e, grazie agli studi di genere, nella storiografia le donne sono andate acquistando un profilo sempre più netto. Chi scrive ha cercato di farlo per Emma Mezzomonti e per Marcella Balboni, la moglie dell’amico di Cantimori, Gastone Manacorda, dei quali ha curato il carteggio (Amici per la storia, Roma, Carocci, 2013), perché non fossero solo ricordate come compagne di uomini illustri. Operazioni non facili, anche per la discrezione delle due donne, più semplice per Emma Mezzomonti avendo ella avuto una maggiore attività pubblica, come traduttrice dal tedesco, in particolare del Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels (Torino, Einaudi, 1948, con ristampe fino ai giorni nostri), rispetto all’amica Marcella, redattrice degli Editori Riuniti.
Di Emma Mezzomonti, inoltre, fin dalla prima biografia di Cantimori ad opera di Giovanni Miccoli (Delio Cantimori, Torino, Einaudi, 1970), si è sempre parlato per il ruolo importante svolto per l’adesione al comunismo del marito. Il suo profilo come militante clandestina comunista tuttavia non era ben definito, anche se molti protagonisti della cospirazione negli anni Trenta l’hanno ricordato, a cominciare da Giorgio Amendola, che in più occasioni l’ha definita come «parte attiva dell’organizzazione comunista» a Napoli (dove Emma Mezzomonti insegnò nel 1930-1931) e poi a Roma, dove si trasferì nel 1931 (Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976, p. 253), collegata con il centro estero del partito (Un’isola, Milano, Rizzoli, 1980, p. 144).
Il libro di Massimo Mastrogregori cerca ora di colmare questa lacuna e di mettere insieme tutti i pezzi esistenti, incrociando i ricordi dei dirigenti del Pci e degli amici di Emma, con le fonti storiografiche e documentali relative ai gruppi che si formarono a Napoli e a Roma all’inizio degli anni Trenta, tra loro collegati. Tra il 1932 e il 1933 la polizia politica scoprì queste organizzazioni e arrestò oltre 60 persone. Mezzomonti (avvertita da Napoli del pericolo) non fu colpita e riuscì a rimanere «sconosciuta alla polizia fino alla fine» (pp. 11, 59).
Oltre ai contatti più propriamente politici e all’insegnamento a scuola, Emma Mezzomonti, che, dopo la laurea in Giurisprudenza, si laureò in Letteratura tedesca alla Sapienza di Roma con Giuseppe Gabetti, avviò una collaborazione con il suo docente: compilò numerose voci per l’Enciclopedia italiana ed ebbe l’incarico dal 1932 al 1935 della segreteria dell’Istituto italiano di studi germanici presieduto da Gentile e diretto dal medesimo Gabetti. Dal 1939 infine fu comandata alla Regia Soprintendenza bibliografica e smise di insegnare a scuola.
All’istituto conobbe Delio Cantimori, che era tra gli assidui collaboratori e con il quale si sposò il 22 febbraio 1936. Emma Mezzomonti e il marito divennero un riferimento sicuro per militanti e dirigenti comunisti che venivano da Parigi in quegli anni e durante l’occupazione tedesca.
Sono eventi noti, che Mastrogregori arricchisce di ulteriori particolari. Un elemento di novità verrebbe da alcune testimonianze di Mario Brandani Mammuccari, parzialmente confermate da Pietro Grifone, entrambi protagonisti del gruppo di Roma. Tali ricordi collocavano Mezzomonti e Cantimori prima del luglio 1930 e comunque prima degli arresti del 1933 a contatto con il gruppo romano di giovani intellettuali comunisti, collegato con Emilio Sereni, Giorgio Amendola e Manlio Rossi-Doria a Napoli: questo significherebbe che la loro conoscenza non avvenne all’Istituto italiano di studi germanici ma fu precedente. Potrebbe essere un’ipotesi interessante, ma lo stesso autore non sembrerebbe convinto fino in fondo se afferma che tali elementi «non sono da accogliere senza critica», anche se «non vanno respinti» (pp. 61-62).
In ogni caso, dall’anno del matrimonio la casa di Mezzomonti e Cantimori fu uno dei centri dell’attività cospirativa. Al tempo stesso, entrambi e prima della loro unione erano attivi nelle istituzioni culturali presiedute o dirette da Giovanni Gentile, con il quale Cantimori aveva un legame anche sul versante accademico. Per Cantimori – al di là delle polemiche di anni passati relative al suo passaggio dal fascismo al comunismo – la sua fu un’attività nicodemitica, come accadde per molti intellettuali non fascisti o antifascisti, ad eccezione di quanti emigrarono o finirono in carcere. Lo stesso vale per Emma Mezzomonti che, come altri giovani dei gruppi di cui fece parte, agiva anche all’interno della vita culturale fascista – non essendoci alternativa alle riviste e agli istituti creati dal regime –, aveva stretti rapporti con Ugo Spirito (che l’aveva aiutata negli spostamenti della sua carriera scolastica) e con Giuseppe Gabetti.
Mastrogregori sembra stupirsi di queste vicende e ritiene la situazione in parte illegale e in parte di collaborazione con personaggi di primo piano del fascismo dei due coniugi «straordinariamente ambigua» (p. 96). Non solo: la vicenda di Emma Mezzomonti dal 1930 al 1944 è definita da Mastrogregori «una storia di infiltrazione» (p. 19), con una connotazione negativa, come ce l’ha, a mio avviso, il titolo del volume, L’infiltrata.
L’autore fa riferimento alla politica avviata dal Pcd’I dopo la guerra di Etiopia, con le relazioni e i documenti di Ruggero Grieco del 1935 e del 1936, in cui si invitavano i comunisti presenti in Italia ad entrare nei sindacati fascisti, nelle organizzazioni giovanili e nelle riviste. Tuttavia non tiene presenti le ricostruzioni che da Paolo Spriano (Storia del Partito comunista italiano, vol. III, Torino, Einaudi, 1970) in avanti sono state fatte sull’argomento; né la vasta letteratura esistente sui giovani intellettuali cresciuti nel ventennio e senza rapporti con realtà differenti da quella nella quale vivevano, che di necessità svolsero la loro attività (ricca di polemiche in chiave) sui periodici e dalle tribune del fascismo.
Altro aspetto di cui sembra stupirsi l’autore riguarda il differente atteggiamento tra i due studiosi dopo la fine della guerra, rimanendo Emma Mezzomonti «in silenzio sulla sua attività clandestina tra le due guerre» (p. 87), mentre il marito continuava a tormentarsi sul proprio passato, soprattutto quando alla fine del 1956 decise di non rinnovare la tessera del Pci, al quale lei rimase iscritta. D’altronde lo scrive anche Mastrogregori che ella era «donna riservatissima, anzi piuttosto chiusa, per quanto intraprendente e dal carattere forte» (p. 19): evidentemente era una persona che non intendeva vantarsi di quello che aveva fatto in passato, come appare anche in alcuni passaggi della corrispondenza fra Cantimori e Manacorda, e nelle vicende della sua vita dopo la morte di Cantimori, quando distrusse molto materiale dell’archivio e fece di tutto perché le carte fossero custodite in modo sicuro. Della disperazione di Cantimori per il doppio errore che aveva commesso di aver creduto prima nel fascismo e poi nel comunismo (L. Mangoni, Civiltà della crisi, Roma, Viella, 2013, pp. 321-322), della decisione di non rinnovare la tessera come riconoscimento della propria «incapacità di capir bene gli ultimi svolgimenti» e come «atto di rinuncia e di ritiro» (a Manacorda, 15 dicembre 1956, in Amici per la storia, cit., p. 298), molto è stato scritto.
Questa biografia rimane parziale, a volte basata su intuizioni e congetture. Peccato anche la difficile lettura dell’apparato dei riferimenti bibliografici e archivistici. Nei fatti quella che è stata la vita politica e culturale di Emma Mezzomonti non ci viene restituita come ella meriterebbe e come, molto probabilmente, sarebbe possibile attraverso uno scavo approfondito di quella miniera costituita dalla corrispondenza di Cantimori e dalle sue lettere con la moglie conservata all’Archivio della Scuola Normale di Pisa.