VII, 2024/1

M. Maier, M. Mesner, R. Kriechbaumer, J. Schönner (eds.)

Die Krisen der Demokratie in den 1920er und 1930er Jahren

Review by: Maddalena Guiotto

Editors: M. Maier, M. Mesner, R. Kriechbaumer, J. Schönner
Title: Die Krisen der Demokratie in den 1920er und 1930er Jahren. Spanien -Portugal - Italien - Jugoslawien - Ukraine - Ungarn - Rumänien - Polen - Österreich
Place: Wien
Publisher: Böhlau Verlag
Year: 2023
ISBN: 9783205218586
URL: link to the title

Reviewer Maddalena Guiotto - Fondazione Museo Storico del Trentino

Citation
M. Guiotto, review of M. Maier, M. Mesner, R. Kriechbaumer, J. Schönner (eds.), Die Krisen der Demokratie in den 1920er und 1930er Jahren. Spanien -Portugal - Italien - Jugoslawien - Ukraine - Ungarn - Rumänien - Polen - Österreich, Wien, Böhlau, 2023, in: ARO, VII, 2024, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2024/1/die-krisen-der-demokratie-in-den-1920er-und-1930er-jahren-maddalena-guiotto/

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Gli anni tra le due guerre mondiali in Europa furono caratterizzati da contraddizioni e ambivalenze, sconvolgimenti sociali, crisi e recessioni economiche, nonché dai violenti conflitti sociali e politici a esse collegati.

Prendendo in esame questi fenomeni e il connesso avanzare dei regimi autoritari con un focus sull’Europa meridionale e centro-orientale e un accento particolare sul caso austriaco, questo recente volume collettaneo, composto da dodici saggi, analizza le crisi della democrazia negli anni Venti e Trenta del secolo scorso nella maggior parte dei nove Paesi elencati nel titolo. Non in tutti, però, perché difficilmente si può parlare di democrazia in crisi in Ucraina, Ungheria e in parte anche in Romania; tuttavia l’esame della loro particolare situazione arricchisce il quadro della complessa condizione di instabilità dell’Europa centro-orientale. Come opportunamente sottolinea il titolo del volume, ci furono diverse crisi, come del resto c’erano state in precedenza differenti esperienze democratiche. Differenti furono anche i regimi autoritari che presero il sopravvento con il fallimento della democrazia, pur avendo tratti in comune, tra cui quello di imitare esteriormente forme del fascismo italiano, ma rimanendo però estranei a importanti elementi del regime di Mussolini.   

Il presente volume raccoglie i contributi presentati a un simposio che si è tenuto a Vienna nel novembre 2021 e completa un trittico storico pubblicato dalla austriaca Plattform zeithistorischer politischer Archive presso la casa editrice Böhlau.

È molto probabilmente legata all’attuale situazione ucraina la scelta dei curatori di iniziare il volume (diversamente dal convegno del 2021) con il contributo su Stepan Bandera di Grzegorz Rossoliński-Liebe, autore di un’ampia biografia di Bandera (1909-1959) e del culto di questa figura controversa e contradditoria ancor oggi vivo in Ucraina, in Europa e in altri continenti dove vive la diaspora ucraina. Bandera fu l’eroe criminale che per raggiungere il suo obiettivo di realizzare uno Stato ucraino indipendente non ha esitato a utilizzare qualsiasi metodo, inclusa la cooperazione con le forze naziste, l’Olocausto ucraino e gli eccidi in Polonia. Più che la questione di una democrazia in crisi, che non ci fu nell’Ucraina interbellica che sottostava a quattro Stati differenti, il saggio affronta il tema molto attuale del rapporto con il proprio passato e dell’incapacità o forse anche impossibilità di confrontarsi con esso in una realtà democratica ancora molto debole come quella ucraina degli ultimi decenni. Nel 2013-14, nei giorni dell’Euromaidan, a Leopoli come a Kiev l’immagine di Bandera era ovunque, portata non solo dai neofascisti ma anche dagli ucraini che sostenevano la democrazia e dimostravano per l’avvicinamento all’Europa e per la fine della politica pro-russa.

Con il secondo saggio sulla Spagna si entra invece in pieno nell’argomento del libro. Walther L. Bernecker intitola a ragione il suo contributo Il doppio crollo della democrazia nel periodo interbellico. La Spagna fu l’unico Paese europeo nel quale per due volte un intervento militare diretto pose fine al “vecchio ordine”. Nel 1923 crollò il sistema del liberalismo oligarchico, seguito dal colpo di Stato e dalla dittatura militare di Primo de Rivera (1923-1930). Dopo cinque anni turbolenti di democrazia parlamentare guidata dai repubblicani e socialisti (1931-1936) il sistema democratico cadde e ci fu la rivolta militare guidata dai generali, tra i quali Francisco Franco. Per quanto il putsch fosse fallito, si allargò tuttavia in una guerra civile distruttiva, a causa soprattutto delle condizioni internazionali, e vennero poi portate al potere le forze della destra nazionalista.

Bernecker illustra anche la particolare situazione del Portogallo: Dalla democrazia liberale alla dittatura corporativa. Anche in Portogallo un colpo di Stato militare pose fine alla democratica ma precarissima Prima repubblica (1910-1926). Si instaurò un’instabile dittatura militare di transizione che perse sempre più il consenso sociale, finché nel 1932 Salazar venne nominato Presidente del Consiglio e diede inizio al cosiddetto Estado Novo e a una nuova epoca: il salazarismo. Salazar sviluppò un sistema dittatoriale come esperto di economia e finanza e non come militare, ma fece affidamento su un potere dittatoriale precedentemente creato dai militari. La costituzione del 1933 definiva l’Estado Novo come una “repubblica unificata e corporativa”. Come in Spagna anche in Portogallo gli storici sono divisi tra coloro che vedono nell’Estado Novo una variante di una dittatura autoritaria e coloro che invece l’avvicinano ai sistemi totalitari-fascisti.

Nel contributo sulla Crisi della democrazia liberale in Italia dopo la Prima guerra mondiale e la presa del potere del fascismo Federico Scarano descrive in modo approfondito le dinamiche economiche, e soprattutto politiche e sociali, che iniziarono nell’immediato dopoguerra e culminarono con l’avvento al potere dei fascisti di Benito Mussolini. Il saggio si conclude con un approfondimento delle similitudini tra la crisi della democrazia liberale italiana e quella della democratica Repubblica di Weimar.

Diversamente dai Paesi finora considerati il Regno dei serbi, croati e sloveni (SHS) era uno Stato nazionale nato dopo e in seguito alla Prima guerra mondiale. Dal 1929 si chiamò Jugoslavia. Si riconobbe inizialmente nel sistema giuridico e costituzionale liberale, nell’ordine economico capitalista e nella cultura borghese. Tuttavia le molteplici difficoltà strutturali portarono in maniera crescente all’instabilità politica e a duri conflitti ideologici. Anche lo Stato slavo meridionale passò dagli anni Venti in poi a un regime dittatoriale. Marie-Janine Calic descrive nel suo contributo il percorso della Jugoslavia dal parlamentarismo alla dittatura regia e sottolinea che il regime di re Alessandro si distinse in molti modi dal fascismo e dal nazionalsocialismo. Era un regime antidemocratico e repressivo, ma non aveva caratteristiche totalitarie e ricordava per certi versi la breve dittatura personale instaurata nel 1938 dal sovrano rumeno approfittando della situazione burrascosa delle forze politiche corrotte. Florian Kührer-Wielach affronta i fattori endogeni ed esogeni che contribuirono al fallimento del processo di democratizzazione in Romania. Si chiede in che misura si possa parlare in Romania di una «democrazia in crisi». La condizione per una tale crisi presuppone l’esistenza di strutture democratiche e di una realtà democratica. E difatti – scrive Kührer-Wielach – ci furono nel periodo interbellico rumeno tentativi di democratizzazione che tuttavia vennero minati alle origini dalle contraddizioni e incongruenze della realtà giuridica, amministrativa e politica.

Nel suo contributo sull’Ungheria dal titolo esplicito Nessuna democrazia e ciò nonostante crisi Béla Rásky arriva subito al dunque della situazione ungherese interbellica, affermando che nel Paese non ci furono crisi della democrazia, per il semplice motivo che non c’era democrazia, ma ci furono invece molte crisi politiche, economiche e sociali. Tranne un periodo di pochi mesi immediatamente successivo al crollo della monarchia danubiana, l’Ungheria nel periodo tra le due guerre fu una monarchia parlamentare. Al posto di un re nel 1920 il Parlamento elesse un reggente, l’ammiraglio Horthy, che mantenne l’incarico fino al 1946. Il suo potere come capo dello Stato si accrebbe notevolmente nel corso degli anni. Nel suo articolo Rásky traccia un ampio quadro dei complessi equilibri di potere politici, delle crisi economiche e sociali soprattutto a partire dagli anni Trenta.

Nel suo saggio sulla Polonia Stefanie Zloch sostiene che si debbano distinguere due tipi di crisi: una che riguardò la costellazione politica democratica polacca prima del 1926 e l’altra che, in contrasto con questa, venne innescata dalla graduale transizione dal regime democratico a quello autoritario dopo il 1926. Secondo l’autrice l’esempio della Polonia nel periodo tra le due guerre è di particolare interesse perché qui, rapportata all’entusiasmo e ai risultati politico-costituzionali dell’ondata di democratizzazione subito dopo la Prima guerra mondiale, la caduta ad opera del colpo di Stato di Jozef Piłsudski e del successivo regime autoritario fu probabilmente la più netta nell’Europa centro-orientale.

Gli ultimi quattro contributi riguardano l’Austria, Paese al quale i curatori del volume hanno dedicato particolare attenzione. In Austria il tramonto della democrazia nel 1933-34 avvenne in seguito a una lunga crisi iniziata già negli anni Venti, come è descritto in maniera efficace nel saggio di Helmut Wohnout sulla Critica della democrazia nel cattolicesimo politico e nel Partito cristianosociale. Wohnout sottolinea lo scetticismo dei cristianosociali nei confronti del nuovo sistema politico repubblicano. Dall’incendio del Palazzo di Giustizia (15 luglio 1927) in poi ci fu un allontanamento dai principi democratici fondamentali e anche Seipel cominciò a evocare una “vera democrazia” basata su un forte potere esecutivo, in contrasto con la “democrazia formale “della Costituzione del 1920. Quest’ultima viene approfonditamente analizzata, confrontandola con quella tedesca di Weimar, nel contributo di Michael Gehler che illustra non solo i principi democratici delle due Costituzioni ma anche le lacune e debolezze che dagli anni Trenta permisero che la democrazia venisse minata in Germania come in Austria. Wohnout conclude infatti descrivendo il graduale allontanamento dalla via democratica e il crescente desiderio di una soluzione autoritaria nello schieramento cristianosociale degli anni Trenta. Nel suo contributo Wolfgang Maderthaner sostiene che i progetti di riorganizzazione sociale e le strategie di legittimazione dell’austrofascismo erano autoritari, dittatoriali, legittimisti, corporativi e soprattutto premoderni, nel senso di contrapporsi alla moderna società industriale e alla socialdemocrazia che la rappresentava. Come la dittatura di Salazar anche quella di Dollfuß nacque sulla scia dello scenario di crisi della Grande depressione del 1929. Il tema “Stato e religione” in Austria viene affrontato da una prospettiva storico-giuridica da Stefan Schima che indaga le continuità e i rivolgimenti nel rapporto tra il nuovo Stato repubblicano e la Chiesa.

Il volume che ha come filo conduttore il tema delle crisi della democrazia in ben nove Paesi europei del periodo interbellico, tema che si presta particolarmente a un confronto tra i diversi sviluppi negli Stati considerati, ha il pregio di offrire spunti e stimoli per ulteriori approfondimenti che si auspica avvengano in chiave comparativa, che è quella che può dare risultati più proficui e che viene purtroppo praticata ancora troppo poco dagli storici.   

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