Reviewer Antonio Varsori - Università di Padova
CitationProbabilmente stimolati dagli eventi in Ucraina nel volgere di un anno sono apparsi numerosi studi sulla Russia. Al di là dei volumi, spesso di taglio giornalistico, dedicati al conflitto in corso e alle sue origini, non sono mancati contributi di carattere storico sulla politica estera russa, sia in periodo zarista, sia in quello sovietico, nonché sulle relazioni italo-russe. In questa ultima categoria rientra il libro di Giulia Bianchi sui rapporti tra Roma e San Pietroburgo nel breve, ma intenso e complesso periodo che va dall’accordo di Racconigi del 1909 sino allo scoppio del primo conflitto mondiale. L’autrice parte dalla considerazione che sino agli inizi del ‘900 per l’impero zarista l’Italia rappresentasse un attore secondario nel concerto delle potenze europee: sia fra i politici, sia fra i diplomatici russi il Regno sabaudo era considerato una nazione debole e inaffidabile, certo non una potenza da trattare alla pari; d’altro canto Roma faceva parte della Triplice Alleanza, quindi di quel raggruppamento di stati che, nella visione di San Pietroburgo, era valutata come un potenziale nemico. Quanto ai responsabili della politica estera italiana, la Russia appariva nel complesso distante, non solo dal punto di vista geografico, ma anche politico, economico e sociale. La situazione parve però mutare dopo il 1908, in particolare con l’annessione da parte di Vienna della Bosnia Erzegovina e del crescente contrasto tra la Russia e l’Austria-Ungheria intorno all’influenza sui Balcani di fronte alla sempre più evidente crisi dell’Impero Ottomano. Ma anche a Roma vi erano crescenti mire nei riguardi di questa parte dell’Europa e, nonostante l’apparente legame rappresentato dalla Triplice Alleanza, i contrasti tra l’Italia e l’Impero asburgico apparivano evidenti. Non è dunque un caso che, sulla base di una comunanza di interessi a proposito dei Balcani si manifestasse un riavvicinamento fra Roma e San Pietroburgo, sancito dagli accordi di Racconigi e dalla nomina al ministero degli affari esteri russo di Sergej Dmitrievic Sazonov, il quale parve riporre una certa fiducia nel riavvicinamento all’Italia, nella convinzione che fosse possibile indebolire la Triplice Alleanza.
In realtà, come dimostrato dall’autrice, se l’amicizia con l’Impero zarista poteva risultare un utile contrappeso nei confronti di Vienna nei Balcani e una utile assicurazione circa l’obiettivo di espansione in Tripolitania, non parve mai esserci l’intenzione di porre in discussione l’alleanza con Berlino e con Vienna. Questo atteggiamento cauto trovò piena espressione nella politica verso la Russia perseguita dal responsabile della Consulta, Antonino di San Giuliano. Lo studio di Giulia Bianchi prova come nel complesso il riavvicinamento italo-russo giocasse soprattutto a favore degli interessi italiani. Nel corso della guerra italo-turca, infatti, il governo di Roma si dovette confrontare in più di un’occasione con i timori dei propri alleati, nonché dei membri dell’Intesa, circa l’eventualità che l’azione italiana potesse provocare la crisi definitiva dell’Impero Ottomano e intorno alle iniziative militari dell’Italia nel Mediterraneo orientale, viste come il sintomo di un pericoloso espansionismo del Regno sabaudo. Vi furono dunque vari tentativi di mediazione miranti a porre un deciso freno all’azione militare italiana. In varie occasioni l’intervento russo si rivelò importante per consentire al governo di Roma di proseguire nelle sue scelte strategiche e l’Italia poté contare costantemente sull’appoggio diplomatico di San Pietroburgo, ove si sperava che sarebbe stato possibile sfruttare le difficoltà della Porta nella prospettiva balcanica.
Le successive guerre balcaniche, secondo l’autrice, misero in luce i limiti della collaborazione italo-russa, soprattutto per ciò che concerneva il futuro dell’Albania e le ambizioni della Serbia a conseguire uno sbocco sull’Adriatico. In questi frangenti la prudenza del ministro degli Esteri italiano ebbe modo di rivelarsi in più di un’occasione, con tutta probabilità deludendo le aspettative di San Pietroburgo. Di San Giuliano infatti fece comprendere che, a dispetto dei contrastanti interessi esistenti nei rapporti con Vienna, da parte italiana non vi era l’intenzione di porre in discussione la Triplice Alleanza, anzi la soluzione del problema rappresentato dal futuro dell’Albania venne raggiunta attraverso il dialogo e la ricerca del compromesso fra lo stato italiano e l’Austria-Ungheria. Ciò non impedì comunque alle autorità russe di cercare i contatti con il governo italiano e da parte di quest’ultimo di mantenere buone relazioni con San Pietroburgo, senza però compiere eccessive concessioni.
L’uccisione dell’erede al trono asburgico a Sarajevo innescò il processo che avrebbe condotto allo scoppio del primo conflitto mondiale. L’ultimo capitolo del volume è infatti dedicato a questi eventi, per quanto l’Italia svolse nel complesso un ruolo marginale, mentre la Russia avrebbe avuto una parte fondamentale nelle origini della “grande guerra”.
Lo studio di Giulia Bianchi rappresenta un utile contributo alla conoscenza dei rapporti politico-diplomatici fra l’Impero zarista e l’Italia liberale ed è basato su un’attenta utilizzazione delle fonti primarie, fra cui spicca l’interessante documentazione proveniente dagli archivi russi.