Reviewer Massimo Scandola - Université de Tours
CitationLa monografia di Rossella Ioppi s’inserisce nell’ambito disciplinare della storia culturale e documentaria degli archivi, un segmento della ricerca che ha assistito nell’ultimo decennio a un rinnovamento degli approcci e delle tematiche studiate. Più precisamente, il volume è dedicato allo studio della storia della tradizione e trasmissione della documentazione dei principi vescovi di Trento dal medioevo alla secolarizzazione del principato (1803), fino ad indagare gli assetti attuali della documentazione conservata negli archivi e nelle biblioteche. Una storia – questa dell’archivio principesco-vescovile – certamente “accidentata”, che si riflette negli assetti contemporanei assunti dalla documentazione, attualmente disponibile presso vari centri di conservazione, da Trento a Innsbruck.
Sulla scia di vicende archivistiche tanto travagliate quanto complesse da ricostruire, ove «disgregazione» e «dispersione» sembrano puntellare la storia dell’assetto documentario principesco-vescovile, numerose ricerche hanno visto la luce negli ultimi decenni col fine di ricostruire le ragioni e gli itinera delle carte dell’Archivio principesco-vescovile fra l’ultimo secolo dell’Antico Regime e l’età napoleonica. Tra questi esiti meritano d’essere menzionati quelli ospitati nella collana Fonti dell’Istituto Storico Italo-Germanico di Trento, ove certamente questa monografia ha trovato la sua sede editoriale ideale.
Il presente lavoro, pubblicato da Rossella Ioppi, rappresenta uno strumento d’indagine innovativo, perché aperto a piste di ricerca future e, al tempo stesso, capace di dialogare con la storiografia esistente.
Inoltre, come hanno ricordato gli autori della Premessa al volume, lo studio di Rossella Ioppi ha il pregio di proporre una ricostruzione filologica della storia della trasmissione documentaria, il cui esito è un’inedita ed entusiasmante «‘edizione critica’ dell’Archivio principesco-vescovile trentino». Quest’impresa è realizzata nella quasi assoluta assenza di strumenti inventariali antichi che consentissero, ove fosse stato possibile, d’abbozzare la struttura della documentazione, allorquando calcava gli scrinia dei cancellieri e officiali, oppure laddove fosse riposta nel thesaurus del principe. Per questo risulta fondamentale l’approccio scelto da Rossella Ioppi che si dimostra attento e sensibile anche ai fenomeni documentari messi in atto da ufficiali d’archivio e attuari in servizio negli offici burocratici dei territori sottoposti alla Casa d’Asburgo, nei principati vescovili alpini (in primis, Bressanone) o più in generale nei principati del Sacro Romano Impero.
Queste due diverse “anime” o prassi della sedimentazione documentaria sono state a lungo oggetto di ricerche e dibattiti – dagli studi di Robert-Henri Bautier fino agli assetti più recenti della storia della documentazione – e si rispecchiano anche nelle vicende documentarie di scrinia e officia ricostruite da Rossella Ioppi.
Le prime quattro parti del volume periodizzano la storia dell’archivio e approfondiscono le differenti congiunture che hanno scandito, dal XIV secolo alla secolarizzazione del principato vescovile (1803), le fasi di modernizzazione degli apparati cancellereschi e burocratici, nella prospettiva documentaria. Come ricorda Rossella Ioppi, le prassi di costituzione del thesaurus del principe si attestano non prima della fine del XIV secolo quando, presso la corte dei principi vescovi, si costituì il primo apparato cancelleresco ove si sedimentarono «documenti (Urkunden), atti (Akten) e registri (per lo più di natura feudale e patrimoniale)». Segue poi una disamina attenta della storia della Registratur, in concomitanza con le riforme dell’apparato cancelleresco volute da Bernardo Cles, che si avvalse delle competenze di «una compagine laica di giurisperiti e notai legata al presule da rapporti di devozione e fedeltà, talora di vera e propria amicizia». Attuari e officiali si occupavano della separata gestione di registri, atti e della corrispondenza pubblica. Nel capitolo seguente, Rossella Ioppi analizza la cancelleria principesca in età madruzziana e sottolinea così l’istituzione di nuove prassi di conservazione documentaria, sedimentatesi specialmente negli anni del principe vescovo Cristoforo Madruzzo. Infatti, proprio negli anni centrali del Cinquecento, si assiste alla stabilizzazione di due compagini amministrative: una segreteria latina/italiana e una segreteria tedesca, di cui è rimasta una cospicua documentazione a registro. Tuttavia, le prime tracce di un ordinamento per capsae risalgono soltanto agli anni Sessanta del Seicento, allorquando si modernizzarono le pratiche della cancelleria amministrativa, durante gli episcopati di Sigismondo Alfonso Thun e dei suoi successori, Francesco Alberti Poja e Giuseppe Vittorio Alberti d’Enno. Rossella Ioppi dedica un pregevolissimo focus alla stagione dei significativi mutamenti nel sistema di organizzazione della documentazione realizzatisi durante l’ultima fase della storia del principato: in particolare nel secondo Settecento, durante il principato di Pietro Vigilio Thun, quando il vecchio sistema per capsae sarà del tutto abbandonato.
Non sono passate sotto silenzio nemmeno le fasi più complesse degli itinera della documentazione “disgregata” e “dispersa”: questa seconda storia dell’archivio è iniziata nel 1805 e si è protratta durante Ottocento e Novecento. Precisamente, questi momenti della storia archivistica sono ricostruiti dal capitolo quarto al sesto: la loro individuazione è stata possibile grazie all’«analisi incrociata di repertori antichi e coevi, elenchi di consistenza e protocolli di trasferimento tra Trento e gli istituti archivistici». In particolare, lo schema n° 4 restituisce e riassume in modo visivo e chiarissimo la storia della dispersione dell’archivio principesco vescovile tra i secoli XVIII e XIX; inoltre, evidenzia gli spostamenti dei fondi documentari da Innsbruck a Vienna nel 1805, dopo la secolarizzazione del principato, fino all’Ungheria, a Timisoara in Romania e a Monaco di Baviera.
In questi frangenti, la “storia delle carte” interseca anche la storia delle biblioteche e di quei “segugi” e collezionisti della documentazione degli antichi Stati italiani ormai dissolti. Questi eruditi, per lo più giudici e funzionari dell’amministrazione austriaca, come lo furono Antonio Mazzetti e di Andreas Alois Dipauli, arricchirono le loro “biblioteche tematiche” di registri d’archivio, pergamene e fascicoli. Tuttavia, come spiega egregiamente Rossella Ioppi, la storia della documentazione intercetta anche la Grande Storia e le operazioni di recupero della documentazione messe in atto a seguito dei trattati di pace della Prima guerra mondiale.
Ritengo capitale, infine, sottolineare la rilevanza del capitolo 7, che propone, in chiusura di volume, un «esperimento di ricomposizione virtuale» del complesso documentario nel XVIII; l’albero “archivistico” restituisce il complesso documentario «in cinque partizioni – Cancelleria di corte, Consiglio aulico di giustizia, Ufficio camerale, Segreteria di Gabinetto, Ufficio spirituale –, corrispondenti alle articolazioni burocratico-amministrative esistenti nel Settecento a livello centrale». Il Settecento non è soltanto il secolo ove s’assiste alla burocratizzazione articolata degli apparati statali delle grandi monarchie europee; ma è anche un “secolo cerniera” ove il documento d’Antico Regime, soprattutto nelle sue forme complesse, seriali e composite, mantiene ancora le proprie fattezze giuridiche, ma al tempo stesso muta il proprio habitus e diventa, da Muratori in avanti, anche oggetto secolarizzato e desacralizzato da studiare e pubblicare, nonché fonte storica.
Certamente, la ricerca di Rossella Ioppi ha il pregevolissimo merito di aver dato nuova linfa e, al tempo stesso, unità a un segmento della ricerca, quello della storia della documentazione del principato-vescovile di Trento, che da decenni mette a confronto storici economici e sociali, storici della documentazione, paleografi e archivisti. Questo studio suggella, inoltre, la felice collaborazione tra l’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler e il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.