Reviewer Monica Fioravanzo - Università degli Studi di Padova
CitationIl volume curato da Christoph Cornelissen e da Gabriele D’Ottavio, La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità, evidenzia già nel titolo l’obiettivo di offrire della parabola sociale, politica e culturale della Repubblica di Weimar una lettura differente rispetto a molte, se non persino alla maggior parte delle interpretazioni che, anche in sede storiografica, sono state date di “Weimar”. E differente, senza dubbio, rispetto all’immagine che l’esperienza della prima Repubblica tedesca del Novecento ha avuto e forse ancora ha nell’opinione pubblica, nella politica e nei media: nella loro densa introduzione, i due curatori accennano appunto al cosiddetto «complesso di Weimar», una “sindrome” che avrebbe condizionato persino il dibattito politico su valori liberali e democratici, con ricadute sulle valutazioni stesse delle forme e dei modi della democrazia del governo di Bonn.
La finalità che curatori e autori si sono posti è stata quindi un’indagine della Repubblica di Weimar che non movesse dalla sua fine precoce o dalla riflessione sulle cause della “caduta” e della crisi, alla luce della conseguente ascesa del regime nazionalsocialista, ma che ne valutasse i molti e articolati caratteri – le peculiarità economiche, politiche, sociali, culturali – “in sé”, nel loro affermarsi e nel loro svolgersi, in continuità o rottura sia con il passato sia con il contesto internazionale, e quindi con un giudizio volto a comprenderne, oltre che i limiti, potenzialità e obiettivi raggiunti.
Come Cornelissen e D’Ottavio non mancano di ricordare, nel medesimo orizzonte si mossero alcuni studi che, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, avevano posto l’accento sulla dimensione intellettuale e avanguardistica della cultura dell’epoca “weimariana” (i curatori menzionano appunto Peter Gay, Reinhard Blomert e Detlev J. Peukert). Nondimeno, fra le opere di questi autori e il profilo del presente volume si rileva una differenza, che ne costituisce l’elemento nuovo e peculiare, e in questo senso pionieristico.
Diversamente dalle opere ricordate, volte o a indagare in prevalenza la dimensione culturale e artistica, oppure contrassegnate da un più generale impronta interpretativa, il volume offre al lettore italiano «uno spaccato della riflessione storiografica critica sulla Repubblica di Weimar» per «problematizzare l’esperienza di Weimar come parte integrante della storia della democrazia e della modernità in Germania» (p. 15), attraverso le sue molteplici sfaccettature.
Si vuole superare una cultura del ricordo negativo, porre in luce l’importanza “positiva e propositiva” dell’esperienza di Weimar – appunto nel sottotitolo: Democrazia e modernità – evitando nel contempo di cadere in un anacronistico e fuorviante appiattimento sul presente.
Un obiettivo complesso, perseguito attraverso l’approfondimento di sei aspetti, ciascuno corrispondente a una sezione del volume: la sfera politica e istituzionale (Costituzione e Rivoluzione); la dimensione lato sensu sociale (Società postbellica e cultura politica); la questione economica in chiave nazionale e globale (Crisi economica e crisi sociale); il tema dei diritti (Aspirazioni individuali e diritti collettivi); la sfera politica in chiave ideologica (Dimensione globale e prospettiva europea); e infine il nodo del rapporto con il presente (Eredità e attualità). Tracciano questo cammino, oltre ai due curatori, tredici studiosi e studiose non soltanto provenienti da varie università europee (italiane, tedesche, nonché nederlandesi e inglesi), ma anche di diversa età, di differente livello di progressione e ambito di specializzazione. Un aspetto che consente quindi di “affrontare” il tema da angolature differenti, con sensibilità non necessariamente coincidenti fra loro, e quindi con una maggiore ricchezza prospettica. Per il numero elevato dei saggi e degli autori, in questa sede non è possibile, salvo qualche riferimento, richiamare singolarmente ciascuno dei contributi, ma sembra piuttosto opportuno evidenziare le linee interpretative che emergono dal loro insieme. Uno degli aspetti più rilevanti del volume è il fatto che autrici e autori abbiano saputo incentrare la loro analisi nel quadro e nel clima storico del primo dopoguerra e degli anni Venti, dando voce alle fonti, ai protagonisti, al dibattito, così da recuperare la complessità del contesto, quale appariva e si prospettava ai contemporanei.
Sul piano della società e della politica, l’attenzione alle fonti e al contesto, ha permesso di cogliere la compresenza di fenomeni apparentemente contrapposti, ma che appunto coesistevano, quali il processo di liberalizzazione e quello invece di militarizzazione della società, la celebrazione simbolica e rituale di Weimar e le opposizioni invece alla Repubblica, alcune persino in nome di una prospettiva europeista (cfr. Conze).
Questa stessa prospettiva ha consentito ad Andreas Wirsching di sottolineare, attraverso l’analisi della Costituzione di Weimar, i valori democratici del testo del ’19, poi riemersi nel Grundgesetz e quindi nel processo di riunificazione. Un filo rosso “democratico” al quale non fu estranea l’esperienza rivoluzionaria del 1918, seppure fallita, e che il testo appunto ha ricondotto alla sua sfaccettata e niente affatto omogenea articolazione (Gallus).
Quanto alla prospettiva internazionale e transnazionale con cui si è guardato in questo volume a Weimar, essa è apparsa particolarmente proficua sul piano dell’analisi economica, là dove ha evidenziato i limiti di una lettura schiacciata sull’interconnessione economica fra gli stati-nazione, che ha spesso condotto a parlare tout-court di un univoco processo di de-globalizzazione che avrebbe coinvolto la Repubblica, con l’effetto di trascurare fenomeni economici e finanziari di carattere invece globale. Particolarmente fecondo lo sguardo sulla mentalità e sui diritti, che ha posto in rilievo l’affermazione delle aspirazioni alla libertà individuale durante la Repubblica sia sul piano dei diritti dei singoli, sul piano lavorativo e personale, sia rispetto alla questione cruciale dell’equiparazione giuridica delle donne. Tutti aspetti importanti, che sopravvissero – sia pure con difficoltà e “nascosti” – alla dittatura nazista.
In sintesi, il volume, a partire da un esame attento della realtà di Weimar, se apre ad una prospettiva diacronica, che consente di cogliere le continuità riemerse nel secondo dopoguerra, approfondisce la dimensione sincronica e transnazionale, inserendo la parabola weimariana nel più complesso e articolato orizzonte della cultura e della storia di un’epoca e di una generazione, ben oltre i confini della Germania.