Reviewer Angela De Benedictis - Università di Bologna
CitationSi tratta del frutto ultimo di una ricerca iniziata nel 1992, durante gli studi di politologia di Bee Yun presso l’Università Nazionale di Seoul, proseguita poi da un decennio di studio in Germania, con la promotion nel 2009 presso la Humboldt Universität. Dopo una prima stampa nel 2011 a Seoul, il libro è stato oggetto di ulteriore rielaborazione fino al febbraio del 2021, preceduto da saggi pubblicati tra il 2007 e il 2020.
Nella introduzione l’autore tratta del pensiero pragmatico prima del pragmatismo, il pragmatismo tardomedievale e Machiavelli (Pragmatisches Denken vor dem Pragmatismus; Der spätmittelalterliche Pragmatismus und Machiavelli; Methodische Vorbemerkung, pp. 9-43).
Il primo capitolo riguarda il «politico» nella filosofia antica (Die Öffnung des Politischen in der Philophie der Antike, pp. 44-85).
Il secondo capitolo parla del ritorno del «politico» nell’orizzonte di pensiero tardomedievale (Die Rückkehr des Politischen in den spätmittelalterlichen Denkhorizont, pp. 86-159).
Il terzo capitolo affronta il problema della trasformazione del discorso repubblicano a Firenze nel XV secolo (Die Transformation des republikanisches Diskurs in Florenz im 15. Jahrhundert, pp. 160-194).
Il quarto capitolo è dedicato al ritorno del politico in Machiavelli (Die Rückkehr des Politischen bei Machiavelli, pp. 195-255).
Nelle conclusioni l’autore ragiona su Machiavelli e il ritorno del politico, sul repubblicanesimo fiorentino, sul pragmatismo volgare e Machiavelli, sulla secolarizzazione della politica nel passaggio dal medioevo all’età moderna (Schluss. Niccolò Machiavelli und die Rückkehr des Politischen; Florentinischer Republikanismus, Vulgärpragmatismus und Machiavelli; Die Säkularisierung des Politikdiscurses im Übergang von Mittelalte zur Neuzeit, pp. 256-265).
Chiudono il volume una bibliografia che arriva fino al 2018 (pp. 273-312), un indice dei concetti (pp. 312-315), un indice dei nomi (pp. 316-318).
Nella introduzione (p. 42), l’autore spiega il perché del sottotitolo (Il ritorno del politico nel tardomedioevo), sostenendo che nell’uso linguistico odierno il concetto il politico possiede una serie di associazioni di pensiero, come autonomo campo d’azione della politica con specifiche regole, orientate all’interesse pratico e al calcolo dell’utile. In questo senso solamente il pensiero di Machiavelli può essere compreso, in quanto si differenzia dall’antico paesaggio di pensiero tardomedievale e si attua all’interno di un grande mutamento della politica e dell’avanzata del pragmatismo politico.
Inoltrandosi nel libro, però, l’attuale lettrice trova che ci si soffermi unicamente sul politico, non occupandosi della politica, ovvero di quella dimensione in cui numerosi studiosi hanno visto il pragmatismo di Machiavelli (nonché di altri momenti di altri autori precedenti Machiavelli). Questo perché l’autore non considera in alcun modo l’esperienza politica di Machiavelli, la sua presenza nelle istituzioni fiorentine, la sua partecipazione alla pratica di governo nelle diverse fasi della sua vita. E non coglie, quindi, il nesso (per dirla qui troppo sinteticamente) tra politica e storia in Machiavelli.
Eppure, si tratta di questioni che la storiografia ha da tempo analizzato. Ma tale storiografia non è tra quella su cui si basa il libro di Bee Yun, in grande prevalenza costituita da quella storiografia anglo-americana e tedesca che molto poco è interessata al problema del rapporto tra politica e storia, ma, appunto, al problema del politico.
Per fare solo alcuni esempi significativi, basta vedere che l’autore non ha tra i suoi riferimenti la Enciclopedia Machiavelliana (d’ora in poi EM) uscita nel 2014[1], dunque negli anni tra la prima edizione coreana di Wege zu Machiavelli alla revisione e al completamento per l’edizione tedesca, con una bibliografia che arriva al 2018.
Non è possibile fare tutti i paragoni possibili, anche perché – dato lo stato degli studi machiavelliani – tutti gli autori dall’antichità a Machiavelli sono compresi come voci della Enciclopedia Machiavelliana (EM).
Ma, se si considera Savonarola, di cui Bee Yun parla a proposito della crisi del repubblicanesimo a Firenze pp. 186-194, e si legge la voce di Jean-Louis Fournel e Jean-Claude Zancarini Savonarola, Girolamo (EM, II, pp. 487-491), è evidente, a mio parere, che manca in Bee Yun l’analisi dell’esperienza politica coeva. Lo stesso vale per un concetto chiave come quello di necessità, di cui l’Autore si occupa alle pp. 243-249 del libro come nuova ermeneutica della politica in Machiavelli, e si confronta la sua lettura con la riflessione sullo stesso concetto da parte di Denis Fachard, fortuna, nel I volume della EM, alle pp. 568-573 (in cui si parla anche di necessità e virtù). E non a caso, mi pare. Significativo il silenzio dell’Autore su una fonte che ora sappiamo indispensabile per la comprensione della politica fiorentina, le Consulte e Pratiche, sulle quali la voce redatta da Denis Fachard Consulte e Pratiche della Repubblica fiorentina (EM, I, pp. 342-348).
Per non parlare, poi, del problema dello "stato" in relazione a quella ragion di Stato di cui Machiavelli è stato considerato iniziatore proprio da studiosi del politico, dei quali l’autore scrive nell’introduzione (pp. 11-14). Il confronto con le pagine dedicate a «stato» da Romain Descendre nella EM (II, pp. 570-576) mostrano chiaramente la differenza di impostazione.
Infine, uno scritto di Machiavelli di cui Bee Yun parla a proposito della sua proposta di riforma della Repubblica fiorentina dell’inizio degli anni Venti, il Discursus florentinarum rerum (pp. 204-208). Nella EM si trova la voce relativa, redatta dallo studioso che ormai anni ne fa aveva stabilito il testo, Jean-Jacques Marchand, Discursus florentinarum rerum (EM, I, pp. 471-474). Che la proposta di Machiavelli riguardi specifiche istituzioni fiorentine, come il Gran Consiglio, in Wege zu Machiavelli non è neppure menzionato. Lo stesso vale per l’importante introduzione di Jean-Claude Zancarini alla traduzione francese del Discursus, sulla base del testo stabilito da Marchand, introduzione nella quale, pure, è chiaro che il Gran Consiglio è l’istituzione che permette all’universale dei cittadini di partecipare direttamente al governo della Repubblica[2].
I noti editori italiani o francofoni delle opere di Machiavelli, con i loro apparati critici, sono assenti dalla bibliografia di Bee Yun, come pure fondamentali biografie su Machiavelli pubblicate fino al 2018. Penso, ad esempio, a Giorgio Inglese, Per Machiavelli. L’arte dello stato, la cognizione delle storie (Roma, 2006); a Corrado Vivanti, Niccolò Machiavelli. I tempi della politica (Roma, 2008). O a una monografia che, per il solo titolo, avrebbe potuto attirare l’attenzione di Bee Yun, quella di Gennaro Maria Barbuto, Antinomie della politica. Saggio su Machiavelli (Napoli, 2007). E si potrebbe continuare con molti altri titoli.
Anche la bibliografia in lingua inglese, però, non sempre è aggiornata. Nella rivista in lingua inglese «Italian Culture» del 2014, un fascicolo dedicato a Machiavelli (vol.32, Iss.2), il saggio di Diego Quaglioni, Machiavelli, the Prince, and the Idea of Justice (pp. 110-121) e quello di Jean-Louis Fournel, Is The Prince Really a Political Treatise? A Discussion of Machiavelli’s Motivations for Writing The Prince (pp. 85-97) pongono fondati interrogativi sulla questione della separazione tra etica e politica, che pure appartiene ai problemi affrontati dal libro di Bee Yun. Quaglioni lo ha sottolineato a proposito del concetto di «prudenza» e di quanto Erica Benner ha analizzato nel suo libro (in inglese) Machiavelli’s Ethics del 2009, e del rapporto di «prudenza» con «giustizia». Benner non è nella bibliografia di Bee Yun. Jean-Louis Fournel rimette in forse il fatto che Il Principe possa essere considerato un trattato politico classico, prendendo in esame il genere di scrittura al quale appartiene Il Principe, ripercorrendo l’esperienza dell’autore durante il periodo del lavoro in cancelleria.
Concludendo, si deve riconoscere a Wege zu Machiavelli l’impegno di una ricerca importante, nonostante le critiche qui rivolte. Un libro certamente significativo come esempio di lettura politologica di Machiavelli e, tanto più, considerato che si tratta di uno studioso proveniente dalla cultura non occidentale. Ma un libro che, nonostante tutto, non si addentra in una concezione del pragmatismo inteso come, invece, è stato inteso dagli studiosi di Machiavelli che qui ho richiamato.
[1]Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2014.
[2]Discursus florentinarum rerum et autres textes politiques, traduction, introduction et notes de Jean-Claude Zancarini, text italien établi par Jean-Jacques Marchand, Neuville-sur-Saône, Éditions Chemins de Traverse, 2015.