Reviewer Matteo Calcagni - European University Institute
CitationI possedimenti imperiali nel Mediterraneo, le border zones, come osservatorio privilegiato per investigare il policentrico mondo asburgico da una nuova prospettiva storiografica, distante dagli studi classici sui fasti della corte imperiale e sulla politica continentale asburgica in età moderna: è così che potrebbe riassumersi l’obiettivo del pregevole volume curato da Stefan Hanß e Dorothea McEwan, all’interno della cornice delle iniziative editoriali del progetto europeo «COST Action People in Motion: Entangled Histories of Displacement across the Mediterranean (1492-1923)». Il volume raccoglie i contributi di un convegno ospitato dall’Austrian Pilgrim Hospice di Gerusalemme nel settembre 2018 (The Habsburg Mediterranean, 1500-1800).
La posizione espressa nella premessa dai due curatori, e condivisa da tutti gli autori del volume, è chiara e innovativa: alla base di questo lavoro c’è la fusione della assemblage theory, in cui le parti di un insieme sono in costante e fluida relazione tra loro, e della thalassography, lo studio delle interazioni umane con il mare, portando così alla ribalta un’ampia discussione metodologica sulla oceanic history e le connected histories. Considerando tutti questi aspetti, gli autori del volume hanno mostrato come l’Impero asburgico fosse inevitabilmente parte della scena mediterranea sebbene questo non avesse praticamente sbocchi sul mare, a parte il porto di Trieste. Particolare attenzione è stata dedicata ai popoli dei domini asburgici che vissero il Mediterraneo come uno spazio capace di generare non solo conflitti ma anche opportunità, scambi e continue interconnessioni.
Il volume è strutturato in tre parti. La prima parte, «Negotiating the Habsburg Mediterranean», è costituita da tre saggi (Michael J. Levin, Eric R. Dursteler, Alexander Koller) che prendono in considerazione le interazioni degli Asburgo con altre potenze territoriali: il primo riguarda le negoziazioni tra l’imperatore Carlo V e suo figlio Filippo II di Spagna sullo status politico di Genova, che, pur essendo alleata indispensabile della Spagna nel Mediterraneo, insisteva sulla propria indipendenza. Il secondo ripercorre la fallita campagna degli Asburgo del 1596 per conquistare la fortezza di Clissa, rivelando come il confine veneto-ottomano in Dalmazia fosse un importante crocevia culturale che trascendeva le divisioni politiche e religiose della regione. Il terzo analizza le complesse relazioni degli Asburgo con gli Uscocchi, un popolo slavo e cattolico, stabilitosi sulla costa croata dell’Adriatico, sotto la protezione di Vienna, e dedito alla pirateria. Nel loro insieme, i contributi della prima parte scandagliano l’impegno militare e diplomatico sostenuto dagli Asburgo d’Austria nel Mediterraneo.
La seconda parte, la più ampia delle tre sezioni, si intitola «Flows of People» e comprende sei saggi che analizzano la struttura concettuale di un vero e proprio «Habsburg Mediterranean» che, attraverso un percorso complesso ma affascinante, connetteva le culture del mare al cuore dell’Europa centrale. I lavori di questa sezione, pongono particolare enfasi sulla circolazione di persone 'ordinarie', ovvero di quei soggetti che, pur non appartenendo ai ranghi abbienti della società di antico regime, furono in grado, per professione o motivazione personale, di viaggiare e agire come mediatori culturali tra il mondo asburgico e quello mediterraneo. Il primo saggio (Emanuel Buttigieg) considera gli spazi simbolici condivisi tra Asburgo e Ospitalieri attraverso le interazioni tra i sudditi asburgici e i Cavalieri di Malta; il secondo (Katherine Bond) tratta di un soldato semplice dell’esercito di Carlo V, Christoph von Sternsee, e delle sue dettagliate annotazioni sui popoli del Mediterraneo; il terzo (Géza Pálffy) introduce un mercenario italiano, Sforza Pallavicini, che combatteva per l’Austria contro gli Ottomani in Ungheria e fu l’artefice delle fortificazioni di Györ, città ungherese strategica per i domini asburgici orientali. Degni di nota sono anche i saggi di Sundar Henny e Mordechay Lewy, che parlano di pellegrini in Terra Santa, e quello di Tobias P. Graf su Yūsuf Ḥubaysh, uno dei «principi» arabi che riuscirono a farsi strada nell’Europa centrale del tardo Settecento grazie ai passaporti di viaggio concessi dagli Asburgo.
La terza ed ultima parte del volume, intitolata «Flows of Material and Intellectual Culture», si compone di tre saggi, tutti incentrati su materialità e circolazione di oggetti ed idee. Il saggio di Stefan Hanß tratta della raccolta e dello studio di oggetti ottomani presso l’ambasciata imperiale (elçi han) di Istanbul, un microcosmo in cui «the Habsburg Mediterranean materialised in ways that connected the Holy Roman Empire with the material culture of the Ottoman Empire and the broader Mediterranean world» (p. 257). Nel secondo contributo alla sezione, Václav Bůžek sottolinea l’importanza delle reti commerciali marittime e l’uso delle «comunicazioni simboliche» che esse imbastivano, come, ad esempio, il dono dei due elefanti Emmanuel e Süleyman offerto da Filippo II di Spagna all’imperatore Massimiliano II per rafforzare i legami tra le corti asburgiche. L’ultimo e importante saggio, a firma di Dorothea McEwan, esplora le teorie giuridiche e le relazioni diplomatiche necessarie al mantenimento delle proprietà cattoliche nelle terre dell’Impero ottomano.
L’intenzione dei curatori e degli autori di questo innovativo volume non è quella di rivalutare gli Asburgo d’Austria come una potenza mediterranea. Piuttosto, The Habsburg Mediterranean intende presentare i domini asburgici attraverso una nuova prospettiva transculturale: tramite l’intricato e vivace scenario mediterraneo, il volume si concentra infatti sulle fittissime connessioni che innervarono la multiforme società asburgica, indagandone i processi di interazione con le altre regioni del Mediterraneo e mettendo così in discussione la centralità assoluta dei confini continentali dell’Impero. Nelle parole di Stefan Hanß e Dorothea McEwan, ciò significa presentare il Mediterraneo «as a crucial part of the social and cultural fabric of the early modern Habsburg world» (p. 11), ricollegandolo così (e forse avvicinandolo) a Vienna, Budapest e Praga.