Reviewer Ubaldo Villani Lubelli - Università del Salento
CitationL’imponente volume sulle relazioni russo-tedesche nel XX secolo dello storico tedesco Stefan Creuzberger, professore di Storia contemporanea all’Università di Rostock e Direttore del Centro di ricerca e di documentazione sulla storia della dittatura in Germania del Land Mecklenburg-Vorpommern, è stato scritto e concluso prima dell’inizio della seconda invasione dell’Ucraina da parte Federazione russa del 24 febbraio del 2022. Ciò che potrebbe sembrare un problema è in realtà un enorme vantaggio per l’autore così come per il lettore. L’analisi di Creuzberger, infatti, non risulta essere condizionata dagli eventi dell’attualità. In altri termini, l’approccio storico-politico e culturale presentato nel libro trae beneficio dal non essere emotivamente portato a leggere gli eventi del passato sulla base di vicende estremamente legate alla vacuità del presente. Eppure il lavoro di Creuzberger, nonostante una tesi di fondo suggestiva e provocatoria al tempo stesso – e che viene manifestata esplicitamente già nel titolo, ovvero Il secolo russo-tedesco. Storia di una relazione speciale – è un’opera che ha il merito di offrire gli strumenti e le conoscenze per leggere e interpretare le vicende del presente con molta più consapevolezza storica. L’argomentazione dello storico dell’Università di Rostock parte dall’idea di non ridurre il Novecento a un secolo americano ma appunto di porre l’attenzione, sin dal tardo XIX secolo, sull’influenza che la Germania e la Russia e le relazioni tra i due paesi hanno avuto sull’ordine internazionale. Il rapporto russo-tedesco ha condizionato gli eventi storici non solo della prima metà del Novecento ma ha anche, successivamente, definito alcuni equilibri della Guerra fredda. Ed anche oggi, sostiene sempre Creuzberger, malgrado i processi di globalizzazione, la Repubblica Federale tedesca riunificata e l’odierna Federazione russa sono attori politici la cui interazione politico-economica influenza le vicende internazionali. A tal proposito l’autore cita esplicitamente la guerra di Crimea del 2014 come esempio paradigmatico della dimensione internazionale delle relazioni tra i due paesi, pur nel fallimento delle attività diplomatiche: «Non ci sono quasi altri Paesi al mondo le cui relazioni bilaterali negli ultimi cento anni siano state segnate da rivoluzioni e sconvolgimenti, terrore e violenza, ma anche da separazione e comprensione» (p. 18, traduzione mia). Queste tre coppie di categorie hanno determinato più volte gli eventi mondiali e sono le categorie concettuali all’interno delle quali, secondo l’autore, dovrebbero essere comprese la complessità e l’interconnessione reciproca delle relazioni tra Russia e Germania. Coerentemente con questo metodo, il libro è diviso in cinque capitoli: tratteggiamenti (Spurensuche), rivoluzioni e sconvolgimenti, terrore e violenza, separazione e comprensione e, infine, vi è un capitolo conclusivo che si propone di trarre un bilancio del secolo russo-tedesco e, contestualmente, di definire possibili prospettive e opzioni di sviluppo delle stesse. Il libro è dotato anche di un corposo indice delle fonti e della letteratura utilizzata (pp. 607-655), di un indice dei nomi ed anche di due piccoli ma significativi apparati fotografici molto ben realizzati.
Dal punto di vista della metodologia, il libro non segue la cronologia degli eventi storici, ma è appunto diviso in capitoli tematici che, al loro interno, trattano eventi che spaziano dal tardo XIX secolo fino agli inizi del XXI secolo. In questo senso, Crezuberger si fa interprete di una prospettiva di ricerca secondo cui il Novecento sarebbe un secolo lungo e quindi in evidente contrapposizione con le note tesi riguardanti un secolo «breve» di Eric J. Hobsbawm.
Il primo capitolo, Vorwort. Spurensuche (pp. 7-19), molto breve e che si propone di essere, esplicitamente, anche una prefazione, tratteggia alcune figure, personalità e istituzioni che si sono distinte in una cooperazione concreta in ambito economico-imprenditoriale e culturale tra Germania e Russia. Qui vengono citate e raccontate vicende di imprese private, come ad esempio la fabbrica di dolci di Ferdinand Theodor von Einem fondata a Mosca nel 1851 e ancora oggi esistente, di personalità come l’imprenditore Klaus Mehnert (1906-1984), ma anche di importanti scambi culturali avvenuti in epoche diverse, dalla seconda metà dell’Ottocento fino a tutto il Novecento. L’obiettivo di questo capitolo introduttivo è di mostrare la continuità storica della forza delle relazioni russo-tedesche.
Il secondo capitolo, Revolution und Umbruch (pp. 21-208), è incentrato, almeno nella prima parte, sui legami tra le casate dei due imperi nel XIX secolo. Qui l’autore evidenzia i tentativi che furono attuati da Guglielmo II di convincere Nicola II, zar di Russia e cugino dell’imperatore tedesco, a far venir meno l’alleanza franco-russa. Anche in questo capitolo si ripercorrono i floridi interscambi economico-commerciali tra i due paesi fino alla Grande Guerra. Creuzberger pone altresì in risalto come gli scambi economici con la Germania fossero spesso visti con scetticismo negli ambienti nazionalisti russi in quanto venivano percepiti come una forma di dominio tedesco in senso economico e culturale. Una parte di questo capitolo è dedicata a descrivere l’immagine collettiva della Russia in Germania. Qui emerge un quadro contraddittorio, oscillante tra russofobia e russofilia, in cui si prendono in considerazione, principalmente, tre aspetti: il lavoro degli emigranti tedeschi nelle aree territoriali baltiche, l’accoglienza degli scrittori russi in Germania e, infine, la difficile collaborazione tra i socialdemocratici tedeschi e russi. Coerentemente con la linea interpretativa di fondo, ovvero quella caratterizzata da «Revolution und Umbruch», l’interesse dell’autore qui si concentra su eventi storici che hanno segnato delle cesure storiche importanti. E così i temi trattati sono la Prima guerra mondiale e l’importanza che ha avuto per la Rivoluzione bolscevica del 1917, la pace di Brest-Litovsk del 1918, il patto Molotov-Ribbentrop, la costruzione del socialismo dopo la Seconda guerra mondiale nella Germania Orientale, i differenti approcci alla politica estera di Adenauer e Brandt fino ad arrivare alla riunificazione tedesca.
Sorprende, in questo capitolo, l’assenza di riferimenti puntuali e precisi alle aspirazioni di indipendenza di polacchi, ucraini, finlandesi e baltici soprattutto tra la fine della Prima guerra mondiale e gli anni Venti. Il caso dell’Ucraina indubbiamente avrebbe richiesto forse una trattazione più attenta – viene sì citata ma senza che si svolga alcun approfondimento specifico e comunque soprattutto in relazione al ruolo delle truppe tedesche come fattore di liberazione dall’invasione bolscevica dell’Ucraina nel 1918 (pp. 229-233). In questo senso, si percepisce il limite di una prospettiva russo-tedesca in quanto si perdono di vista alcuni processi politici generali.
Il terzo capitolo, Terror und Gewalt (pp. 209-356), inizia con l’incontro tra tedeschi e russi nell’agosto del 1914 nella Prussia orientale. In questo contesto si affrontano i problemi delle violenze perpetrate degli uni sugli altri. L’autore passa poi a confrontare analogie e soprattutto differenze delle forme del terrore e della violenza durante la Seconda guerra mondiale. In tale trattazione l’autore tende a utilizzare spiegazioni ricavate dalle percezioni culturali reciproche, spesso frutto di luoghi comuni o di veri e propri errori. In generale, in questa parte, pur trattata con una certa ampiezza, manca una ricostruzione storica chiara delle relazioni russo-tedesche negli anni immediatamente precedenti alla Seconda guerra mondiale. Non manca, invece, un riferimento a una reciproca attrazione tra due figure diverse ma con tratti comuni, come Hitler e Stalin, sebbene i due non si siano mai incontrati. Rimando qui anche all’apparato fotografico che riporta anche alcune vignette su Hitler e Stalin.
Una parte del capitolo è dedicata alle comuni violenze, tedesche e russe, perpetrare in modo sistematico in Polonia. Infine, l’autore si concentra sulla rielaborazione storica durante la Repubblica Federale tedesca, in particolare negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, circa le violenze e gli stermini commessi dai nazionalsocialisti nei confronti dei russi, contestualmente al riconoscimento delle proprie colpe e responsabilità avvenuto in Germania nei confronti dei crimini commessi ad Auschwitz con il processo di Francoforte degli anni Sessanta.
Molto importante e ben congegnato è anche l’utilizzo in chiave nazionalista, nella Russia post-sovietica, del ricordo delle vittime del nazionalsocialismo. Nella ricostruzione russa si tace ovviamente dei crimini perpetrati anche dall’Armata Rossa. Nella narrazione russa (anche se si può forse parlare di vera e propria propaganda) «il successo militare sulla Germania hitleriana viene stilizzato con orgoglio come il più importante evento della storia russa del XX secolo, senza prendere in considerazione anche il lato negativo per la popolazione di allora… Che la guerra fu una vittoria dello stalinismo, che consolidò la dittatura totalitaria e la repressione da parte dell’Unione Sovietica non rientra nel ricordo collettivo» (p. 353, traduzione mia).
Il quarto capitolo, Abgrenzung und Verständigung (pp. 357-547), riprende la storia e l’importanza del Trattato di Rapallo (1922), sul quale il Deutsches Reich e la Russia sovietica raggiunsero un accordo bilaterale a margine della Conferenza di Genova. In realtà, il Trattato di Rapallo ricorre spesso nel libro. Si tratta, del resto, di un dei più rilevanti fatti storici per quanto riguarda la cooperazione e la reciproca comprensione tra Germania e Russia nel XX secolo. Dopo un’ampia e dettagliata analisi del Trattato e dei suoi effetti, l’autore dedica una parte del capitolo agli anni Trenta e, in particolare, prima al patto di non aggressione tra Germania e Polonia del 1934, che mise in discussione il progetto della Russia di sfruttare i diffusi sentimenti anti-polacchi in Germania. La risposta russa furono gli accordi con Francia e Cecoslovacchia. La tesi di Creuzberger è che Stalin cercò un canale di comunicazione con Adolf Hitler sfruttando le forti relazioni economiche e, anche, le richieste tedesche nella Conferenza di Monaco del 1938. Questo contesto creò un sostrato politico anche per il patto di spartizione della Polonia del 1939.
Una parte consistente di questo capitolo è dedicata al secondo dopoguerra e alla stagione dell’occupazione sovietica dei territori orientali della Germania che contribuì a creare una percezione fortemente negativa dei russi. A questo si collega, evidentemente, la parte dedicata a Konrad Adenauer e alle sue posizioni antisovietiche. La Ost-Ausschuss der Deutschen Wirtschaft, fondata del 1952, agì come ponte tra la Germania Occidentale e l’Unione Sovietica. Otto Wolff von Amerongen, presidente di questa commissione, insieme ad altri industriali, contribuì a preparare il terreno per l’intensificazione degli affari bilaterali, che resero possibile anche un clima di cooperazione politica. In questo contesto, viene ricordato anche Klaus Mehnert, giornalista, scrittore e accademico tedesco, ma nato a Mosca, che fu corrispondente a Mosca e fu anche autore, nel 1958, del libro Der Sowjetmensch che ebbe un discreto successo nella Germania Occidentale e che diffuse una prospettiva diversa dell’Unione sovietica ed in particolare cercò di veicolare le sofferenze subite dal popolo sovietico durante la Seconda guerra mondiale per mano dei dei nazionalsocialisti. Vengono qui ricordati anche altri giornalisti che contribuirono a veicolare un’immagine differenziata del mondo sovietico, come per esempio Hermann Pörzgen, corrispondente della «Frankfurter Allgemeine Zeitung», e Gerd Ruge, corrispondente della «ARD».
Un’altra sezione di questo capitolo si concentra sulla Ostpolitik di Willy Brandt e sulle relazioni nell’era di Gorbaciov. Creuzberger ne descrive gli inizi faticosi con la delusione di Brandt rispetto agli incontri con Breznew fino agli accordi di Helsinki del 1975 e, successivamente, con Schmidt cancelliere, il rinnovato dialogo dopo l’irrigidimento causato dall’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979 fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e al crollo dell’Unione Sovietica del 1991.
Nella parte finale l’autore tratta gli anni più recenti, ovvero i cancellierati di Kohl, di Schröder e di Merkel. Qui l’autore evidenzia la forte cooperazione economica che si sviluppò al tempo in cui governarono, rispettivamente in Germania e Russia, Kohl e Gorbaciov, tanto da fornire un quadro complessivo in cui la Repubblica Federale tedesca risulta essere il più importante partner dell’Unione Sovietica. Crezuberger evidenzia a ragione come proprio con Kohl si rafforzi la cooperazione tra Germania e Russia (anche nella fase in cui la Russia fu governata da Eltsin) in funzione anche di avvicinare la Russia post-sovietica all’Europa[1]. Si tratta di un processo che nasceva dalla storia del Novecento delle relazioni russo-tedesche e che si è poi consolidato ulteriormente prima con Schröder e, infine, anche con Merkel. In questo contesto, i singoli cancellieri hanno solo dato un tratto diverso a una collaborazione che aveva una lunga storia economica, politica e culturale, quella appunto descritta nel libro. In questo senso, il messaggio di fondo del libro non è esplicito ma è comunque evidente: il legame tra Russia e Germania è talmente profondo che anche nelle crisi (come quella del 2022) non si può prescindere da un’interpretazione delle rispettive prese di posizione senza considerare la complessità del patrimonio storico, culturale e politico nonché gli interessi economici che uniscono questi due popoli.
Il quinto e ultimo capitolo, Deutsch-russisches Jahrhundert. Bilanz und Optionen (pp. 549-562), è un capitolo conclusivo in cui Creuzberger mette in evidenza la rilevanza della Germania per la storia della Russia. In estrema sintesi: la Germania è stata l’ostetrica (Geburtshelfer) della Rivoluzione d’Ottobre del 1917; ha svolto un ruolo significativo stabilizzando il potere sovietico, essendo stato il primo paese occidentale a riconoscere il regime; l’ascesa dell’Unione Sovietica a potenza mondiale iniziò con il patto del 1939, certamente interrotta dall’invasione tedesca del 1941, ma altresì completata con la vittoria sulla Germania nel 1945. Al contrario, la politica repressiva di Stalin nella Repubblica Democratica tedesca costituì un ulteriore fattore di integrazione occidentale della Repubblica Federale. In conclusione di questo capitolo Creuzberger si occupa, evidentemente, anche di eventi più legati agli sviluppi recenti delle relazioni tra Germania e Russia. L’autore – pur non potendo evidentemente citare la recente guerra in Ucraina perché il libro è stato finito prima dell’inizio della guerra – sostiene chiaramente che la base di qualsiasi relazione con la Russia deve fondarsi non esclusivamente sulle relazioni con la leadership politica ma, fondamentalmente, con la società civile, perché nessuna leadership politica è eterna. La Germania dovrebbe mantenere sempre aperto un dialogo diretto con Mosca per la sua importanza storica e geopolitica, senza tuttavia mostrare cedimenti sui diritti e sulle mire espansionistiche russe. In questo resta dunque fondamentale continuare a dialogare con quelle personalità o circoli politici (probabilmente al momento marginali) che si spendono per una società aperta e tollerante.
Das deutsch-russische Jahrhundert. Geschichte einer besonderen Beziehung è un libro molto ambizioso e, nel complesso, è ben scritto e scientificamente riuscito; offre un quadro di insieme esaustivo e storicamente fedele. Le fonti utilizzate, la ricostruzione storica e la letteratura secondaria citata sono talmente ampie e articolate che si tratta di un lavoro importante che avrà una centralità negli studi tedeschi (e russi) sulle relazioni della Germania non solo con la Russia ma in generale con l’area territoriale a Est della Repubblica Federale. Anche lo stile di Creuzberg è certamente di gradevole lettura e rivela un approccio dotto e consapevole del materiale utilizzato. Si tratta, inoltre, di un’opera che può essere letta da un lettore non necessariamente specializzato. Voler ricostruire oltre un secolo di storia delle relazioni russo-tedesche è comunque un’impresa ardua e, probabilmente richiederebbe una trattazione ancora più ampia di quanto già non rappresenti il libro di Creuzberger (quasi settecento pagine). Una sintesi veramente esaustiva, in questi casi, è quasi impossibile e restano inevitabilmente aspetti e problemi non trattati o semplicemente accennati.
C’è solo un aspetto non convince nel libro di Creuzberger ed è la scelta tematica che spesso rende difficoltoso l’orientamento tematico e storico. La divisione basata su macro-argomenti (o categorie interpretative) all’interno dei quali si ricostruiscono cronologicamente i fatti storici è probabilmente nata dalla volontà dell’autore di offrire una rappresentazione originale rispetto alle ricerche precedenti, ma il risultato finale non convince del tutto in quanto a tratti il lettore si smarrisce nell’ampia gamma di informazioni storiche e politiche offerte. In questo senso, il filo conduttore complessivo risulta troppo condizionato dalle categorie interpretative che, per forza di cose, sono una scelta arbitraria dell’autore.
[1] La letteratura sul tema è molto ampia rimando però a due articoli che lo fanno da una prospettiva tedesca e sono quindi pertinenti rispetto al tema del libro e della recensione: L. Crump, A Missed Opportunity for a New Europe? The End of the Cold War and its Consequences for Western European Relations with Russia, in E. Braat - P. Corduwener (edd), 1989 and the West. Western Europe Since the End of the Cold War, London - New York, Routledge, 2020, pp. 188-206 e J. Himmelreich, Russlands asiatisches Gewalterbe, in «Neue Zürcher Zeitung», 30 agosto 2022, n° 201, p. 7.