Reviewer Anna Grillini - Istituto Storico Italo Germanico | Fondazione Bruno Kessler
CitationIl volume curato da Dario De Santis, con la prefazione di Barbara Bracco, rappresenta un’importante sintesi degli studi affrontati sulla storia della psichiatria e della neurologia italiana nei primi anni del Novecento; il marcato accento sugli anni della Grande Guerra non è certo casuale ed è il risultato del fiorente dibattito degli ultimi anni. I quattordici saggi che compongono il volume sono corredati da cinque contributi di stampo archivistico tesi a fornire un ritratto il più possibile completo del rapporto tra guerra e scienze della mente in Italia dai primi anni del Novecento fino alle soglie del secondo conflitto mondiale.
I contributi di Peloso, Milazzo, Scarabellati e Paolella restituiscono un importante quadro di insieme dell’approccio psichiatrico ai principali temi che la Grande Guerra pose agli psichiatri: l’eziologia del trauma, le prime esperienze sul campo, l’approccio ossessivo e perentorio sulla simulazione. Proseguendo, il contributo di Piccoli esplora il ruolo degli alienisti nei tribunali: un tema, questo, ancora non abbastanza indagato e che permette di approfondire nuovi aspetti sia della professione medico-psichiatrica sia del fenomeno della diserzione, una questione analizzata in modo solo apparentemente esaustivo. Da questo contributo emerge come la figura del perito psichiatra sia perlopiù assente dagli atti dei processi per il reato di passaggio al nemico, a causa dell’evidente componente volitiva e premeditata dell’atto mentre nei casi di diserzione verso l’interno la perizia sullo stato mentale dell’imputato diventa fondamentale.
Tra i saggi che compongono il volume spicca in maniera particolare quello di Castiello d’Antonio, che affronta il tema della valutazione (assessment) della personalità nell’ambito dei ruoli di responsabilità organizzativa in cui certamente rientrano quelli di leadership militare. Ripercorrendo la storia della psicologia militare dai suoi albori fino alle prospettive odierne, l’autore auspica una concezione della materia in senso più ampio, riconoscendo l’importanza dell’interdisciplinarietà tra psicologia clinica, sociale, del lavoro, generale e/o applicata. I temi della leadership e della followership emergono prepotentemente fin dalle origini della psicologia militare, conservando la loro importanza attraverso i conflitti e concentrandosi non solamente nello studio del soldato in sé ma anche nell’analisi dell’ambiente socio-culturale, familiare e militare. In questo contesto, la collaborazione tra professionisti psicologi e psichiatri risulta di primaria importanza non solo nell’assistenza sanitaria quotidiana ma anche nella ricerca.
Staiti propone il caso studio di Vincenzo D’Aquila, internato presso i manicomi di Udine e Siena, che lascia testimonianza del proprio travaglio interiore in un’autobiografia e di cui l’autore del saggio è riuscito a rinvenire la cartella clinica. Il memoriale, pubblicato a New York nel 1930, ripercorre l’esperienza di vita di un italoamericano rientrato in patria per combattere come volontario e ricoverato in manicomio per nove mesi.
Attraverso i contributi di Montalla e Campanile si entra nel campo delle lesioni al cranio, ripercorrendo prima le tappe del ricovero, della riabilitazione e del ritorno al lavoro e successivamente quelle dell’evoluzione della neurochirurgia, anche attraverso la figura di Lorenzo Bonomo con le sue lezioni di traumatologia, svolte proprio sulla linea del fronte. L’assistenza alle vittime di lesioni craniche e/o nervose è oggetto anche del contributo di Dibattista e De Frenza, che partendo dall’organizzazione del servizio neuropsichiatrico italiano arrivano a descrivere l’opera e le terapie di Gaetano Boschi per l’assistenza ai militari con lievi sintomi mentali o lesioni neurologiche. Tra i pazienti dell’illustre medico figurano anche artisti come De Chirico, De Pisis e Carrà.
Terapia e rieducazione sono centrali nei saggi di Palitano e Traetta, mentre l’ultimo contributo percorre le tappe dell’organizzazione militare in tema di prostituzione e prevenzione delle malattie veneree; in questo contesto è analizzata anche la nascita della terapia malarica per la neurosifilide.
Tra gli aspetti più interessati del volume vi è senz’altro il carattere interdisciplinare, che coinvolge autori di diversa formazione e professione e che segue l’impostazione dei testi collettanei come quelli curati da Nicola Labanca (Guerra e disabilità. Mutilati e invalidi italiani e primo conflitto mondiale, 2016) e da Paolo Francesco Peloso e Chiara Bombardieri (Il conflitto e i traumi. Psichiatria e Prima guerra mondiale, 2019). Il rapporto tra guerra e scienze della mente è proposto in diverse chiavi di lettura: le molteplici forme psico-fisiche che può assumere il trauma della guerra; i giudizi medici, spesso sovrapposti a quelli morali; l’organizzazione dell’assistenza sanitaria militare ma anche i racconti dei sopravvissuti e di chi li ha accompagnati nel loro cammino.
A corredo del volume è presente una sezione dedicata ai «documenti», dove sono raccolti saggi incentrati sulle fonti archivistiche per la storia delle scienze della mente. Dagli esempi di cartelle cliniche, alla descrizione delle istituzioni psichiatriche attraverso i loro archivi fino a una perizia su un disertore, questa ultima sezione rappresenta la degna conclusione di un volume ricco di spunti, di materiale documentale e di rigore.