Reviewer Cecilia Molesini - Università degli studi Padova
CitationDurante la Guerra fredda, Berlino ha rappresentato il cuore pulsante d’Europa. Divisa, ricostruita, occupata, è stata per oltre quarant’anni lo specchio di due ideologie opposte e rivali. Ancora oggi, passeggiando per il centro della città, possiamo apprezzare gli echi di questo passato, che Francesca Zilio ci permette di comprendere nel loro significato storico. Il pregio del libro, però, risiede soprattutto nel fatto che conduce il lettore anche ai margini della città, dove si trovano le tracce più visibili – ma perlopiù sconosciute ai visitatori e ai turisti – di un mondo ormai scomparso.
Il volume, uscito in occasione dei trent’anni dalla riunificazione tedesca, è un progetto di public history molto ben riuscito che dimostra come, attraverso determinati canali, la storia possa essere trasmessa a tutte e a tutti. È infatti a partire da quattro itinerari di viaggio corredati da fotografie e mappe e raccontati con un linguaggio semplice ma preciso e curato, che l’autrice permette di immergersi nella storia recente di Berlino e della Germania.
All’interno del volume particolare attenzione è rivolta all’architettura, potente strumento di propaganda su entrambi i versanti del Muro, e al linguaggio, anch’esso piegato alle necessità della Guerra fredda. La maestosa Karl-Marx Allee, costruita a partire dal 1949 in onore di Stalin, è un chiaro esempio di come l’architettura fu utilizzata per dare prestigio e legittimazione alla neonata Repubblica Democratica tedesca (DDR). Questo importante viale costituisce lo scheletro del primo itinerario proposto dall’autrice, che conduce il lettore dall’ex Centrale della Stasi, nel quartiere di Lichtenberg, fino ad Alexanderplatz, centro di quella che fu la capitale socialista. Se l’inizio di questo percorso ci porta all’interno delle stanze più buie e scomode della storia della DDR (Museo della Stasi), proseguendo incontriamo i luoghi che costituivano il cuore della vita sociale e culturale di Berlino Est: il Cinema Kosmos, la Karl-Marx-Buchhandlung, il Cafè Sybille e tanti altri.
A differenza del primo itinerario, completamente dedicato alla «nuova capitale socialista», il secondo abbraccia anche momenti della storia tedesca precedenti alla Seconda guerra mondiale, ovvero i periodi imperiale, repubblicano e nazionalsocialista. L’architettura composita e gli edifici distrutti, riutilizzati, ricostruiti – ai quali Zilio fa riferimento lungo il percorso dal Municipio Rosso al memoriale della Topografia del Terrore – rispecchiano la stratificazione di obiettivi e ideologie che hanno modificato lo stesso luogo in epoche diverse. Un esempio interessante, tra i molti riportati dall’autrice, è quello del Castello di Berlino. A differenza di altri edifici della città, esso non fu completamente distrutto durante la Seconda guerra mondiale, tuttavia nel 1950 fu raso al suolo per affermare l’esplicita presa di distanza della DDR dal passato imperiale e nazista. Ciò nonostante, il balcone del Castello fu conservato e inserito sulla facciata del palazzo del Consiglio di Stato della DDR, poiché si narrava che da quel balcone Karl Liebknecht avesse annunciato la nascita della Repubblica (socialista). Liebknecht, tra i fondatori del partito comunista tedesco e promotore della rivoluzione socialista in Germania, incarnava infatti gli ideali su cui si fondava la neonata Repubblica Democratica tedesca e ne divenne presto un simbolo. Anche la scelta di erigere nel 1976, dove prima sorgeva il Castello, il Palazzo della Repubblica, sede della Camera del Popolo e «Casa del Popolo», fu significativa e per nulla casuale.
L’intento politico e simbolico di mostrare un distacco con la storia precedente è evidente anche dopo la riunificazione, quando molti edifici e monumenti rappresentativi della DDR furono abbattuti suscitando in diversi casi grande dibattito a livello pubblico. Lungo il terzo itinerario, che ci porta dal Castello di Schönhausen a Piazza del 9 Novembre 1989, Zilio racconta di alcuni luoghi della cosiddetta «Germania di Pankow» – appellativo utilizzato dagli occidentali per delegittimare la DDR – che furono abbandonati o distrutti dopo la riunificazione. Il complesso di Wandlitz, ad esempio, dove dopo la costruzione del Muro furono trasferiti i dirigenti della Germania socialista, è stato solo di recente rivalutato e considerato parte del patrimonio culturale tedesco.
Da questi tre itinerari si evince come la Berlino della Guerra fredda fosse fondamentalmente Berlino Est. Dopo il 1945, infatti, buona parte del centro storico della città fu inserito nella zona di occupazione sovietica. L’ultimo percorso rimedia almeno in parte a questo sbilanciamento. Berlino Ovest, definita la «Berlino degli Alleati», viene ripercorsa da Checkpoint Charlie all’aeroporto di Tempelhof. Nelle tappe che si susseguono, emergono considerazioni interessanti sulle funzioni del linguaggio fortemente ideologizzato della Guerra fredda. Il caso più emblematico riguarda la definizione dei collegamenti tra le due città che gli Alleati occidentali definivano «checkpoints» (punti di controllo), mentre i sovietici li chiamavano «Grenzübergangsstellen» (luoghi di attraversamento del confine), ad indicare nel primo caso il mancato riconoscimento dell’esistenza di due Stati distinti su suolo tedesco. Insieme all’Appendice, quest’ultimo capitolo toglie quei dubbi che chiunque abbia studiato la storia di Berlino e della Germania contemporanea si è posto almeno una volta. Il Muro divideva solo le due città? Non si poteva fuggire da Berlino Est attraversando la Sprea o i tunnel delle metropolitane? In che modo i tedeschi occidentali raggiungevano Berlino Ovest dovendo attraversare il territorio della Repubblica Democratica tedesca?
In definitiva il volume, oltre a soddisfare molte curiosità, costituisce uno strumento prezioso per chiunque voglia avvicinarsi o approfondire la storia tedesca contemporanea attraverso un viaggio originale, culturale e storico nella Berlino di oggi.