Reviewer Massimo Rospocher - Istituto Storico Italo Germanico | Fondazione Bruno Kessler
CitationNella prima età moderna, a Roma come a Napoli, Madrid e Palermo, a Lisbona come a Milano o ad Anversa, un’ampia costellazione di istituzioni ospedaliere aveva il compito di accogliere e curare gli appartenenti all’ampia categoria della «nazione spagnola» (nación española), donne e uomini che si trovassero in condizione di necessità caritativo-assistenziale. Alla storia comparata di questi ospedali delle nazioni, diffusi nei domini della Monarchia ispanica nei secoli XVI e XVII, è dedicato il volume di Elisa Novi Chavarria.
Al di là dell’importante apporto offerto alla storia ospedaliera e degli enti di assistenza, alla storia della medicina e della cura, vi sono altri aspetti del libro che contribuiscono a una migliore conoscenza della Monarchia ispanica in questi secoli nevralgici della sua storia. Identità, confini, connessioni, networks di potere e di relazioni, attività diplomatiche, circolazione delle notizie e transfert culturali, sono solo alcuni tra i molti temi trattati dall’autrice che meriterebbero un approfondimento. Mi soffermerò qui su due elementi che mi pare valga la pena mettere in luce e porre in dialogo tra loro, nel contesto della storia dell’informazione e della comunicazione: gli spazi protagonisti di questo libro (ospedali, conventi e confraternite) e gli attori sociali che li popolano (agenti diplomatici, malati, monache, soldati, speziali e viaggiatori).
Gli spazi, innanzitutto. Nel volume di Novi Chavarria esiste infatti una dimensione storiografica che è ben presente, anche se non del tutto esplicitata, e cioè la grande attenzione prestata alla natura e alle molteplici funzioni degli spazi fisici urbani, in questo caso quelli legati alla cura e all’accoglienza. Ci troviamo nel solco di quello spatial turn che ha caratterizzato la ricerca storica negli ultimi due decenni, un approccio interdisciplinare che ha coinvolto anche la storia politica e che ha determinato un ampliamento dei confini analitici dello spazio di dibattito pubblico. La rinnovata attenzione verso la materialità degli spazi politici di antico regime ha precisato una nuova morfologia storica della sfera pubblica. La nuova storia politica ha così esteso il panorama dei tradizionali luoghi del dibattito politico, che comprende ora spazi politici «ufficiali» e spazi politici informali: alle arene istituzionali – palazzi e corti – si sono aggiunti gli spazi informali della comunicazione – mercati, spezierie, botteghe dei barbieri, osterie, piazze, tipografie, strade, chiese. Nella prima età moderna erano questi i teatri di una cultura politica che favoriva l’aggregazione e l’incontro, l’interazione e la contaminazione tra gruppi sociali. Erano spazi le cui funzioni esulavano da quelle che vi assoceremmo a un primo sguardo: le spezierie erano luoghi legati alla medicina, ma anche alla trasmissione di opinioni e notizie; le botteghe dei tipografi erano associate alla produzione di libri, ma erano anche luoghi della sociabilità urbana. Si trattava dunque di spazi multifunzionali.
In tal senso, gli spazi analizzati in questo libro (gli ospedali, i conventi e le confraternite di nazione) costituiscono un esempio di tale multifunzionalità: oltre che spazi legati all’accoglienza e alla cura, sono luoghi di interazione (sociale e comunicativa) a tutti gli effetti; sono «luoghi di confronto o competizione politica» (p. 11); «sono spazi sociali di aggregazione informale» (p. 195); «spazi comunicativi di attivazione di transfer culturali» (p. 193). In virtù di questa loro funzione politica e comunicativa vanno pertanto aggiunti alla nuova topografia urbana della sfera pubblica premoderna. L’ospedale S. Pietro degli italiani a Madrid qui analizzato, il cui archivio è confluito presso l’Archivio Segreto Vaticano, rientra perfettamente nella categoria di spazio politico informale. Tra XVI e XVII secolo, infatti, l’ospedale opera anche come una sorta di sede diplomatica non ufficiale, uno spazio d’interazione politica, uno di quei nodi nei networks transnazionali di comunicazione e trasmissione delle informazioni attraverso media diversi (lo scritto, la stampa e l’oralità, ad esempio). Le informazioni e le opinioni escono poi dalle mura di questi luoghi e si propagano nei vicoli, irradiandosi nelle piazze e nelle osterie dei contesti cittadini che li circondano, nei «quartieri spagnoli limitrofi il S. Giacomo degli Spagnoli a Napoli, così come dentro e fuori gli ospedali S. Giacomo di Milano e di Palermo o il Pammatone a Genova» (p. 194), alimentando quell’oralità politica e il dibattito pubblico che coinvolge l’intera popolazione e che caratterizza la società urbana del tempo.
Oltre che nuovi luoghi urbani nei quali circolavano informazioni e opinioni politiche, l’approccio spaziale ha fatto emergere anche un nuovo ed eterogeneo pubblico della politica. Al centro dell’analisi di una nuova storia politica vi sono ora non solo le élites, ma anche le classi urbane escluse dalla gestione diretta del potere: bottegai, mercanti, popolani, notai, artigiani, speziali, barbieri. Sono questi attori sociali che popolano lo spazio politico pubblico della prima età moderna e anche le pagine del libro di Novi Chavarria. All’interno del microcosmo degli ospedali e delle confraternite, l’autrice porta alla luce una galleria di personaggi che amplia ulteriormente il catalogo dei protagonisti della sfera politica pubblica. Sono attori di varia origine sociale, culturale, linguistica e geografica: medici, infermieri, pazienti, soldati, predicatori, confessori, marinai, monaci. In questa galleria variegata di personaggi, emergono figure come quelle donne che sfruttavano la loro condizione monacale «per trasferire oggetti, lettere, dati sensibili e informazioni militari» (p. 11) da un polo all’altro dell’Impero (e, come loro, frati o monaci ingaggiati come agenti e spie). «Non è il mondo più consueto dei cosiddetti «professionisti della notizia», autori di libri, pamphlet, avisos che circolavano all’interno di circuiti privilegiati e dei loro facoltosi clienti» (p. 193) quello che viene qui ricostruito.
Per concludere, la lezione che si ricava dalla lettura di questo libro, è che questi spazi eterogeni e multifunzionali rappresentino un prisma attraverso il quale osservare fenomeni storico-culturali con implicazioni più ampie rispetto alla sola storia della medicina, dell’accoglienza e della cura. Le forti interconnessioni che maturano in questi spazi sono sicuramente d’interesse per la storia dell’alimentazione e per la storia della lingua, ad esempio, ma più in generale riguardano la definizione di una sfera politica e religiosa europea.