Reviewer Nicola Camilleri - Università degli Studi di Padova
CitationCosa accadde dei territori che erano stati colonie italiane dopo la fine del dominio coloniale? Che tipo di rapporti politici ed economici si instaurarono tra le ex colonie e lo Stato italiano, divenuto una repubblica dopo l’esperienza drammatica del fascismo e del conflitto mondiale? Come gestì l’Italia, sconfitta in guerra, la sua decolonizzazione di fronte ad altri paesi europei e nel contesto della politica internazionale? Un libro recente ha affrontato alcune di queste domande prendendo in esame un evento poco noto, il cosiddetto eccidio di Mogadiscio, che occorse l’11 gennaio 1948 e vide morire circa cinquanta italiani e una decina di somali, e regalandone una lettura molto informata e ricca di sfaccettature.
Gli autori del volume sono Annalisa Urbano e Antonio Varsori. La prima, studiosa della storia politica e sociale dell’Africa specialmente negli anni della decolonizzazione, con una particolare competenza maturata nello studio della Somalia; il secondo, storico delle relazioni internazionali con un’illustre esperienza di didattica e ricerca nel campo della storia della politica internazionale, soprattutto del XX secolo. Dai profili dei due autori si evince già la caratteristica principale del volume, cioè la convergenza di due campi disciplinari diversi, perseguita tramite l’alternarsi di due sguardi, uno più vicino alle dinamiche sociali e politiche somale, l’altro maggiormente interessato a inserire queste nel contesto diplomatico.
Come è noto, la Somalia, già protettorato, poi colonia italiana, infine parte dell’Impero fascista dell’Africa Orientale Italiana, passò sotto il controllo della British Military Administration (BMA) dopo la vittoriosa campagna militare inglese durante la Seconda guerra mondiale. Spettò poi alle potenze vincitrici del conflitto decidere cosa ne sarebbe stato della Somalia così come delle altre colonie dell’ex Impero italiano – un compito tutt’altro che facile, tanto che si rese necessaria la costituzione di una commissione incaricata di sondare la volontà delle popolazioni locali. All’inizio le posizioni principali erano essenzialmente due: quella della Gran Bretagna, interessata, per ragioni strategiche, a sostituire l’Italia nei suoi ex possedimenti coloniali; e quella dell’Italia, intenzionata a ‘ritornare in Africa’ per non perdere prestigio internazionale e per riconciliarsi con i suoi ex possedimenti assecondando lo stereotipo, infondato, di un colonialismo italiano benevolo rispetto ad altri colonialismi europei. Queste due posizioni erano rappresentate dai più diversi uomini politici ma non solo, perché, nel caso italiano, a giocare un ruolo importante fu anche la comunità di ex coloni ancora residenti in Somalia dopo la fine del dominio coloniale. In aggiunta a ciò, di fronte alle rivendicazioni europee, la stessa società somala si articolava in maniera varia, dando vita a movimenti politici autonomi; tra questi, il più noto fu la Somali Youth League (SYL) con posizioni fortemente anti-italiane. Ad inserirsi nella discussione sulla destinazione delle ex colonie italiane vi furono anche le altre potenze vincitrici e agenzie internazionali, come l’ONU. Il libro riesce a inserire questo complesso gioco di interessi di politica internazionale nell’ancora più complesso scenario della nascente polarizzazione tra il blocco sovietico e il blocco atlantico. È soprattutto in quel contesto che si giocò la partita sul destino delle colonie italiane.
Ma perché si verificò l’eccidio di Mogadiscio e quali conseguenze ebbe, per citare il titolo, «fra decolonizzazione e guerra fredda»? Determinante fu la visita da Mogadiscio della succitata commissione, iniziata i primi di gennaio del 1948. Essa fu vista sia dalla SYL, sostenuta dagli inglesi, sia dai somali favorevoli invece alla presenza italiana come l’occasione per dare visibilità alle loro posizioni. Quando queste si associarono tuttavia ad aperte provocazioni, il dibattito si esacerbò in tal modo che la violenza fisica ebbe il sopravvento. In seguito a un attacco alla sede della SYL da parte dei somali filoitaliani, alcuni sostenitori della SYL reagirono colpendo mortalmente numerosi membri della comunità italiana (e alcuni somali), danneggiandone le proprietà e saccheggiandone i negozi. Le responsabilità della polizia e, in generale, della BMA nella gestione dei disordini divennero il principale capo d’accusa sul tavolo diplomatico tra Italia e Gran Bretagna. In effetti, il libro evidenzia l’inadeguatezza di entrambi i paesi di fronte alle esistenti tensioni interne alla società somala (p. 104). Nei tempi a venire le relazioni tra Italia e Gran Bretagna furono tesissime e solo le elezioni dell’aprile 1948 e il posizionamento italiano nell’aria atlantica ne modificarono il corso, determinando un lento riavvicinamento dei due paesi. La via verso compromesso fu spianata dagli Stati Uniti e dalla Francia e l’eccidio di Mogadiscio fu presto archiviato. La polarizzazione della Guerra fredda poneva sfide maggiori alle grandi potenze e la Somalia apparve presto alla Gran Bretagna un paese, nonostante tutto, poco meritevole di ulteriori attenzioni. Le condizioni erano ormai mature per l’instaurazione dell’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia che durò dal 1950 al 1960.
Il libro di Annalisa Urbano e Antonio Varsori analizza un periodo di tempo breva ma decisivo per gli sviluppi della politica mondiale del Novecento, e lo fa concentrandosi su uno luogo del Sud globale, decentrando così meritoriamente lo sguardo sulla Guerra fredda. Dell’eccidio di Mogadiscio è rimasto pochissimo nella memoria collettiva dell’Italia repubblicana: volentieri si sarebbe letto di più su questo vuoto. Tuttavia, per la varietà delle fonti utilizzate, il loro uso scrupoloso, la capacità di integrare lo sguardo locale e quello globale, questo volume è una lettura istruttiva per chiunque si interessi degli scenari globali che seguirono al colonialismo europeo.