IV, 2021/2

Marcella Aglietti, Mathieu Grenet, Fabrice Jesné (eds.)

Consoli e consolati italiani dagli stati preunitari al fascismo (1802-1945)

Review by: Federico Melotto

Editors: Marcella Aglietti, Mathieu Grenet, Fabrice Jesné
Title: Consoli e consolati italiani dagli stati preunitari al fascismo (1802-1945)
Place: Roma
Publisher: École française de Rome
Year: 2020
ISBN: 9782728314164
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Reviewer Federico Melotto - Università di Verona

Citation
F. Melotto, review of Marcella Aglietti, Mathieu Grenet, Fabrice Jesné (eds.), Consoli e consolati italiani dagli stati preunitari al fascismo (1802-1945), Roma, École française de Rome, 2020, in: ARO, IV, 2021, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/2/consoli-e-consolati-italiani-dagli-stati-preunitari-al-fascismo-1802-1945-federico-melotto/

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Il volume riunisce tredici corposi saggi – alcuni in francese, altri in italiano – il cui testo era stato precedentemente discusso nel corso di una giornata di studio organizzata presso l'École française de Rome nel settembre del 2016. Il libro – scrivono i curatori – «nasce dall’idea di utilizzare un luogo non-luogo, quale è 'l’Italia fuori dall’Italia', quale osservatorio per studiare la formazione dell’Italia contemporanea attraverso la storia dell’amministrazione consolare, istituzione la cui prerogativa e ragion d’essere è proprio quella di tutelare i 'nazionali' presenti fuori dai confini patri». I vari contributi coprono un arco cronologico molto ampio poiché analizzano l’attività consolare «italiana» dall’inizio dell'Ottocento, cioè da quando gli stati preunitari subirono il primo, determinante, influsso francese, fino alla fine della Seconda guerra mondiale. L’orizzonte temporale particolarmente esteso costituisce una prima, indubbia, caratteristica meritevole del volume perché consente di mettere in relazione tra loro, segnalandone, esplicitamente o implicitamente, linee di continuità o di discontinuità, tre fasi della storia politica, culturale e istituzionale italiana: quella preunitaria, quella liberale e quella fascista. Il piano geografico prescelto, invece, corrisponde all’area mediterranea, «culla dell’attività consolare». Tale scelta, anche se per certi versi obbligata, costituisce forse un piccolo limite. Ma su questo torneremo.

La domanda di partenza, alla quale tutti i contributi hanno cercato di rispondere, pur con approcci diversi, era dunque la seguente: quale fu il ruolo dei consoli nel complesso processo di doppia nazionalizzazione – quella dell’amministrazione degli Affari esteri e quella degli italiani all’estero – che caratterizzò il caso italiano? L’interrogativo, davvero stimolante, ha rappresentato dunque una premessa metodologica destinata a offrire numerosi spunti di analisi e soprattutto ha consentito di integrare le competenze specifiche della storia delle istituzioni con quelle maturate nell’alveo della cosiddetta «nuova storia del Risorgimento». Questo ha permesso, quasi sempre, di far emergere la soggettività e il protagonismo dei consoli e delle reti consolari mettendo così in luce un altro importante aspetto positivo della ricerca: il fatto di delineare le diverse tipologie degli approcci professionali dei vari protagonisti dell’attività consolare.

Il caso italiano, relativamente poco studiato, si è presentato ai ricercatori coinvolti con almeno due specificità degne di nota: da un lato vi era la velocità con cui i sei stati preunitari erano diventati, nel corso del XIX secolo, un unico Stato. Di queste realtà statuali, però, almeno tre, Regno di Napoli, Repubblica di Venezia e Regno di Sardegna, vantavano un’importante rete consolare in funzione dei loro commerci, portatrice – è stato sottolineato – di competenze e tradizioni professionali delle quali occorre tenere conto. Dall’altro lato vi era anche un notevole elemento caratterizzante che riguardava la «pluralità delle diaspore», poiché nel secolo e mezzo preso in esame la mobilità delle persone era diventata di massa andando oltre gli spostamenti commerciali o l’esilio politico, che pure, è bene sottolinearlo, nel processo di nazionalizzazione, ha rivestito un ruolo importante come dimostrano vari studi su questo tema.

Un altro aspetto interessante che emerge dal complesso degli studi proposti riguarda il fatto che «l’assenza di un riferimento a uno stesso Stato» non impedì «l’affermazione di pratiche comuni di sociabilità, nonostante la diversità delle affiliazioni amministrative e delle lingue». In altre parole, all’estero, gli italiani si frequentavano anche prima che l’Italia esistesse come realtà statuale. Lo fecero sicuramente a partire dal 1848-1849 quando iniziò ad ardere più forte la fiammella nazional-patriottica e poi in seguito alla grande diaspora politica che segnò la fine del biennio rivoluzionario, così come emerge nitidamente proprio dallo studio delle fonti consolari.

I primi sei contributi hanno certamente il merito di ricostruire il complesso processo di reductio ad unum della polifonica rete consolare degli stati preunitari; il nuovo apparato unitario, però, si dimostrò fortemente debitore dell’esperienza precedente traendo da essa numerosi insegnamenti. «Una transizione unitaria», dunque, complessa e articolata che si snodò attraverso il lungo Ottocento.

Lo studio del periodo post-unitario e dello Stato liberale, ne sono consapevoli anche gli stessi curatori, avrebbe forse meritato maggiore attenzione magari indagando altri snodi cruciali della storia dell’Italia unita. L’attenzione si è focalizzata sul caso del Consolato generale di Marsiglia, sull’esperienza dei dragomanni in servizio presso l’Impero ottomano e sul caso particolare dell’Egitto, cui sono dedicati addirittura due saggi. Ovviamente, gli approfondimenti hanno riguardato aree nelle quali esistevano consistenti comunità di italiani. Proprio per questo, forse, indagare il profilo di alcune esperienze consolari d’oltreoceano (Stati Uniti, Brasile e Argentina, per citare solo i casi maggiori) avrebbe consentito di svolgere un proficuo confronto con alcuni dei contesti nei quali, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e poi via via, in misura sempre maggiore tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo, si formarono importantissime comunità italiane. I quattro contributi dedicati agli anni compresi tra l’unità d’Italia e l’avvento al potere del fascismo, contribuiscono comunque a far emergere i percorsi delle carriere dei consoli e le loro strategie individuali così come quelle delle persone che ruotavano attorno ad essi.

Il volume dedica infine tre saggi al periodo fascista. Questi riguardano lo spazio imperiale francese nel Mediterraneo occidentale, territori nei quali insistevano gruppi consistenti di italiani. Qui l’analisi riguarda le modalità con le quali il nuovo corso fascista modificò l’istituto consolare e si sofferma sull’entità dell’intervento fascistizzante del personale, sulle strategie messe in atto per controllare le comunità italiane all’estero, sulla propaganda realizzata dal consolato e sulla reale capacità di incidere sull’opinione pubblica nazionale all’estero.

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