Reviewer Ivan Portelli - Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia
CitationIl Mare Adriatico, per la sua collocazione geografica e per tutte le vicende che l'hanno coinvolto, può rappresentare una sorta di sintesi del Mediterraneo di cui è a tutti gli effetti una parte. La concezione storiografica del mare come spazio di civiltà, che deve molto a Fernand Braudel, ha sollecitato Egidio Ivetic a ripercorrere e sintetizzare, in una tanto poderosa quanto complessa opera, la storia dell'Adriatico.
Punto di partenza e di confronto sono i lavori di quanti si sono direttamente o indirettamente occupati di Adriatico e delle genti adriatiche cercando di coglierne la specificità (tra cui Sergio Anselmi, Sante Graciotti, Pedrag Matvejević, Pierre Cabanes nonché lo stesso Fernand Braudel), oltre a sollecitazioni interpretative derivanti dal confronto di questa realtà con quella di altri bacini marittimi, e anche dalla personale esperienza dell'autore. Egli infatti rende partecipe il lettore del proprio legame con l'Adriatico, mare su cui si affaccia la propria terra d'origine, che lo ha spinto a scrivere questo lavoro.
Un mare è uno spazio geografico ed è anche uno spazio di civiltà. E, riferendoci all'Adriatico, bisogna necessariamente parlare al plurale. Adriatico inteso come «mare delle convergenze» ma anche «spazio di contemplazione» delle diverse civiltà che vi si sono affacciate: «un Mediterraneo in scala ridotta», «luogo d'incontro tra vicende che hanno avuto epicentri lontani», «un'area di mediazione tra diversità», «testimone silente dello scorrere di civiltà». Ivetic propone diverse definizioni per riuscire a sintetizzare in una narrazione unitaria una storia che racchiude in sé una naturale complessità, vista la pluralità di popolazioni, lingue e situazioni politico-economiche e culturali che compongono la realtà adriatica.
Questo bacino, questo pezzo di Mediterraneo, si pone geograficamente e anche idealmente al centro del mare più ampio. Luogo d'incontro/scontro per eccellenza, mare che, sulla scorta di Braudel, possiamo considerare «pianura liquida», fonte di sostentamento e luogo di scambio e di vie commerciali, ma anche «isola» o «penisola» liquida se guardiamo, ribaltando la prospettiva abituale, alle coste che raccolgono in sé una eccezionale mole di varietà culturali e politiche, un tempo come oggi, quando, ad esempio, ben sette dei dieci Stati del Mediterraneo europeo si affacciano sull'Adriatico.
Se possiamo intravvedere una specificità adriatica, una civiltà adriatica la dovremmo rintracciare proprio nella complessità dell'articolazione della sua storia. Stretto tra la penisola italiana da un lato e quella penisola balcanica dall'altro, l'Adriatico al suo vertice settentrionale si avvicina alle Alpi e alla Mitteleuropa: non sono solo ambiti geografici, ma aree che sottendono un intrico di popolazioni, lingue, situazioni politiche tutt'altro che semplice da cogliere.
Impresa notevole voler stringere in relativamente poche pagine millenni di storia (o meglio di storie) e una pluralità davvero incredibile di contesti. A volte il lettore non pratico di questa realtà può trovarsi spaesato davanti alla complessità e alle diversità che queste pagine raccontano. Utile (e significativo) quindi il glossario toponomastico posto alla fine con i nomi dei luoghi declinati nelle varie lingue d'uso, associato ad una essenziale cartografia storica. Ed è anche significativa la necessità che l'autore ha nelle prime pagine di definire e descrivere lo spazio geografico e antropico: qui, forse più che in altri contesti, solo una conoscenza precisa riesce ad introdurre i tanti percorsi che vi si sviluppano.
La narrazione procede per ampie scansioni cronologiche, nel tentativo di offrire una chiave di lettura per il mosaico di storie che si intersecano, a partire dagli albori della civiltà o meglio da quando le tracce e le testimonianze umane ci permettono di fare memoria storica. Poi Roma, Bisanzio e le diverse migrazioni/invasioni: si susseguono storie di popoli, imperi, regioni, città, commerci e guerre. Si sentono le tante lingue che nel tempo si intrecciano e si sedimentano sulle sponde (e in un mare le coste hanno questa ambivalente funzione di interscambio tra la terra e l'acqua, che ha una propria autonoma dimensione); vediamo acque dominate da navi, come ad esempio quelle veneziane, mentre sulle coste incidono padroni, stati e culture a volte molto lontani e al tempo stesso in comunicazione. Non è un caso che nel racconto Ivetic abbia più volte bisogno di differenziare i nuclei narrativi ricorrendo alla dimensione politica. Avremo quindi un Adriatico veneziano come anche uno asburgico o uno ottomano... e così via.
Alla lunga emerge una differenza forte tra la costa orientale e quella occidentale, tra la Dalmazia sospesa tra spinte così diverse e l'Italia peninsulare.
La costa orientale, balcanica, appare costantemente contesa e tormentata. Abitata da genti che padroneggiano o si relazionano abitualmente con più lingue e culture (latina, slava, ottomana), che sono state a lungo soggette a poteri lontani se non lontanissimi, o che hanno orgogliosamente difeso la propria indipendenza (Ragusa/Dubrovnik). Città, paesi, luoghi che nella molteplicità dei loro nomi raccontano tutte queste vicende. Una costa, quella orientale, sulla quale le identità linguistiche (italiano/veneto, tedesco, sloveno, serbo-croato, albanese e greco) si intrecciano con quelle religiose (cattolicesimo, ortodossia e islam) oltre che con provenienze o legami tutt'altro che scontati (si pensi agli uscocchi). La costa occidentale, da questo punto di vista, presenta una minor complessità, pur riconoscendovi molte varietà regionali e locali e pur trovando in Venezia una protagonista di questa storia.
La complessità e la pluralità sono cifre comuni per ripercorrere una storia che ha per sua natura tratti non unitari. Per quanto emergano elementi di comunanza (le città «bianche», i rapporti commerciali tra una sponda e l'altra), l'Adriatico è un mare verso cui convergono prospettive, aspettative, mire ben diverse.
L'affermarsi dei nazionalismi e la formazione a partire dal XIX secolo di nuove compagini statali, che negli ultimi due secoli descrivono percorsi quanto mai complessi, getta una luce pesante su queste terre. Emerge ampiamente il tema della «questione adriatica» come anche le vicende belliche del primo e soprattutto del secondo conflitto mondiale e delle relative conseguenze. Da questo punto di vista Ivetic riesce a tracciare un racconto che descrive con rapida oggettività le tortuose vicende della storia più recente, mettendo in luce e affiancando con il dovuto equilibrio le diverse prospettive.
La narrazione arriva fino alle soglie dell'oggi, quando l'Adriatico è ancora uno spazio di frontiera (ora dell'Unione Europea) e la sua costa orientale continua a essere una delle aree politicamente più frammentate al mondo.
L'autore si sforza di raccontare e condensare questa impressionante pluralità in pagine di sintesi, che a volte può sembrare fin troppo serrata, dovendo far riferimento a una mole davvero spropositata di testi in lingue assai diverse, e portando il lettore a districarsi in un mare (letteralmente parlando) di località, genti, dinamiche che vantano storie molto peculiari. Verrebbe da pensare che esistano contemporaneamente tanti 'Adriatici': romano, latino, slavo, tedesco; cattolico, ortodosso, mussulmano; veneto, napoletano, pontificio, ottomano, asburgico.
Questo lavoro ha il pregio di proporre una sintesi di storie e storiografie molto diverse e non sempre in comunicazione fra loro, di offrire un percorso e chiavi di lettura di un contesto oltremodo articolato e sfuggente per chi dall'esterno si avvicini a questa ampia e plurale regione. Emerge la realtà intricata di una regione storica per sua natura plurale, con articolazioni non sempre facili da cogliere, fatte di nessi e contrasti, sovrapposizioni e rotture, frontiere aperte e burrascose ad un tempo. Una storia che non può che essere colta nella sua dimensione plurale.