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IV, 2021/1

Tommaso Caliò (ed.)

Santi in posa

Review by: Ignazio Veca

Editors: Tommaso Caliò
Title: Santi in posa. L'influsso della fotografia sull'immaginario religioso
Place: Roma
Publisher: Viella
Year: 2019
ISBN: 9788833131634
URL: link to the title

Reviewer Ignazio Veca - Università di Pisa

Citation
I. Veca, review of Tommaso Caliò (ed.), Santi in posa. L'influsso della fotografia sull'immaginario religioso, Roma, Viella, 2019, in: ARO, IV, 2021, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2021/1/santi-in-posa-ignazio-veca/

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Da decenni ormai la storiografia si interroga sulla mancata scomparsa del sacro e della religione, dopo che l’assolutizzazione della profezia sul disincanto del mondo aveva fatto credere il contrario. Ma che posto hanno i santi e le devozioni nel nostro mondo modernizzato e meccanizzato? Intorno a questa domanda più precisa ruota il ricco volume collettaneo curato da Tommaso Caliò, il sesto della collana «Sanctorum. Scritture, pratiche, immagini» edita da Viella per l’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (AISSCA) e laboratorio delle più aggiornate ricerche su questi temi.

Si tratta di 15 saggi, preceduti da un intervento introduttivo del curatore, che affrontano da prospettive convergenti e attraverso altrettanti casi di studio esemplari il nodo della fotografia utilizzata per veicolare contenuti e forme agiografiche nella storia degli ultimi duecento anni. Ne sono autori studiosi di diverse generazioni che da qualche anno si dedicano alla perlustrazione di un continente ancora tutto da esplorare: le nuove forme mediatiche del religioso. È l’innovazione tecnica, a partire dall’invenzione di Daguerre e dalle trasformazioni di metà Ottocento, a scandire le coordinate cronologiche del programma di ricerca; vengono anche toccate a tratti le continuità e  le sovrapposizioni con le varie ondate di mediatizzazione che si produssero a partire dalla di poco precedente rivoluzione grafica delle incisioni a basso costo. La focalizzazione sul mezzo fotografico permette comunque di isolare e analizzare una componente che sarebbe impossibile sottovalutare, per la pervasività della sua presenza nell’immaginario collettivo e per la sua capacità di insinuarsi e dialogare con supporti diversi, come il cinema, il rotocalco e da ultimo il world wide web.

Il dossier proposto da Santi in posa si presenta come un primo catalogo estensibile e problematizzabile delle forme di ibridazione e delle profonde interconnessioni tra elaborazione devozionale e processi di mediatizzazione; prezioso anche e soprattutto per la latitudine dei casi osservati, che scandagliano verso l’alto e verso il basso la presa delle pose agiografiche sulla società. La santità analizzata nei contributi qui riuniti è per larga parte quella cattolica, con un unico sconfinamento nel campo delle religioni patriottiche – il mai esausto dossier su Garibaldi e i garibaldini riletto da Jacopo De Santis. Contributi informati sono dedicati al rapporto tra santità e rappresentazione fotografica nei culti di don Bosco (G. Della Maggiore), Bernadette Soubirous (A. Di Marco) e Teresa di Lisieux (A. Scattigno), o nella costruzione mediatica dei luoghi delle mariofanie (M. Papasidero). Un corposo contributo di Federico Ruozzi si concentra sul caso di Leone XIII, attraverso lo studio del primo cortometraggio papale del 1898 e della circolazione dei suoi singoli fotogrammi. Completano il variegato mosaico alcuni saggi sull’uso dei modelli fotografici per l’arte sacra (M. Nuzzo); sulla fotografia missionaria in Cina tra gusto esotico ed eroismo dei missionari, attraverso le poco studiate raccolte dell’Archivio fotografico del Pontificio Istituto delle Missioni Estere di Milano (M. F. Piredda); sulla fotografia antropologica (F. Petrelli); sul ruolo della fotografia nel processo di patologizzazione della santità operato dallo sguardo psichiatrico (F. Petrelli). Nel complesso, la fotografia emerge per la caratteristica di oggetto costruito e insieme di «prova» della santità grazie all’illusione naturalistica; una dialettica evidente nei numerosi esempi di santini e immaginette devozionali che fanno uso del nuovo mezzo e dei suoi compagni fedeli: il fotomontaggio e il ritocco (A. Manodori Sangredo).

Come chiarisce il curatore, ciò che interessa è qui il passaggio alla «fotografia devozionale», e cioè la progressiva formazione di una narrazione della santità incentrata sui nuovi mezzi tecnici e che investe ideatori, produttori e fruitori del riconoscimento devozionale. È un’accezione larga dell’oggetto di studio, che non si accontenta del rimando a una semplice dimensione trascendente delle immagini ma vuole indagare le tracce della santità in un insieme molto più ampio di fonti – dalla fotografia-santino al fotogiornalismo, dal ritratto al fotomontaggio, dall’ex voto agli esempi più materialistici di reliquie con il loro sfruttamento commerciale – nella consapevolezza che la fotografia e gli altri nuovi mezzi di comunicazione con cui è in dialogo siano stati tutt’altro che incapaci di innovare l’iconografia cristiana. Non mutano quindi soltanto le rappresentazioni del sacro, ma il sacro stesso.

L’invenzione si legò infatti precocissimamente alla devozione, come mostra il primo tentativo di Carlo Jest di riprodurre la Sindone di Torino e la successiva riproduzione di Secondo Pia del 1898: come sottolinea Andrea Nicolotti, la nuova tecnica fu all’origine della moderna sindonologia poiché «la fotografia è come un’ostensione permanente» (p. 255): attraverso la tecnica del negativo fotografico si era passati inoltre, nell’immaginario devozionale, da una reliquia al vero volto di Cristo. E come nota Paolo Cozzo, l’incontro tra un oggetto di origine tardo-medievale e le moderne tecniche di riproduzione ha permesso di superare il problema stesso dell’autenticità in quanto l’immagine appare dotata di una forza intrinseca che può fare a meno del tradizionale contatto con la reliquia. Fu così che santi e culti rielaborarono il «congegno propagandistico di natura associativa» (p. 446) tipico delle moderne celebrità, come dimostra il «culto bulldozer» di Padre Pio riletto da Pasquale Palmieri attraverso il fotogiornalismo.

Se il sottotitolo suggerisce un movimento unidirezionale («l’influsso») dal mezzo all’immaginario agiografico, la lettura dei testi svela in realtà la complessità di questo rapporto. Non sono solo le innovazioni tecnologiche a riconfigurare il culto e le pratiche devozionali, ma anche queste ultime a loro volta agiscono sui mezzi, sollecitandone usi e trasformazioni non trascurabili. Per fare un solo esempio, è la forza della devozione per Maria Goretti che spinge a ricercare – in assenza di un'immagine autentica della santa – altri referenti figurati al fine di puntellare il «sistema agiografico» imbastito intorno a lei, sollecitando lo sviluppo della cultura di massa del dopoguerra intorno all’attrice Ines Orsini che ne interpretò il ruolo in un film di successo, o alle fotografie e ai  fotoromanzi dedicati alla madre e al suo assassino divenuto «santo penitente» (M. Giacomini e A. Serra).

Lo storico del cristianesimo non può che essere colpito dall’evoluzione della santità fotografata: dopo secoli in cui l’autorità ecclesiastica ha tentato di controllare l’immaginazione agiografica, questa sembra prendere definitivamente il sopravvento a cavallo della celluloide, vincendo di slancio la continua guerra di movimento del sacro sull’onda della nuova pretesa di veridicità della fotografia; e il fatto è che questo arrembaggio appare come una tentazione anche per i detentori ufficiali del sacro. Altre prospettive sono senz’altro percorribili, basti pensare alla formazione di culture convergenti e alla inter-e trans-medialità – onnipresente, anche se non sempre tematizzata in questa raccolta – o alla costruzione degli eventi mediatici cara a Elihu Katz. Questa silloge rivela tutto l’interesse per le grandi trasformazioni che hanno riplasmato la sensibilità religiosa nelle società contemporanee, mostrando come il vecchio e il nuovo si compenetrino.

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