Reviewer Federico Scarano - Università degli Studi della Campania - Dipartimento di Lettere e Beni Culturali
CitationI documenti diplomatici italiani, editi dal Ministero degli Esteri a cura di autorevoli storici italiani delle relazioni internazionali, rappresentano uno strumento imprescindibile per lo studio della politica estera italiana. Alla serie cronologica, quasi completa in 118 tomi per il periodo dal 1861 al 1953, si è deciso di aggiungere una nuova collana organizzata in forma tematica che coprirà gli anni successivi. È a quest’ultima che appartiene il volume in due tomi su La questione dell’Alto Adige/Südtirol dal 1964 al 1969, vale a dire dalle trattative del dicembre 1964 tra i due ministri degli Esteri italiano e austriaco (Giuseppe Saragat e Bruno Kreisky), che sembravano aver già trovato un accordo, fino all’intesa definitiva tra gli allora titolari degli Esteri Aldo Moro e Kurt Waldheim del 30 novembre 1969.
Si tratta della fase decisiva dei negoziati, contrassegnata dai gravi attentati terroristici di marca neonazista miranti a far fallire qualsiasi accordo, e dalle complicate e spesso frustranti trattative tra l’Italia e l’Austria oltre che tra il governo italiano e la Südtiroler Volkspartei, il cui leader, Silvius Magnago, era favorevole all’accordo ma doveva tener conto delle riserve di molti sudtirolesi che non avevano rinunciato all’autodeterminazione. Un periodo durante il quale il governo italiano compì ogni sforzo per giungere ad una soluzione che fosse basata sulle massime garanzie possibili per lo sviluppo culturale e l’autonomia dei sudtirolesi pur nell’ambito dello Stato italiano. I volumi sono introdotti da una lunga ed estremamente utile analisi del curatore, Francesco Lefebvre D'Ovidio, che inquadra e spiega con precisione la posizione italiana. I documenti illustrano il ruolo giocato da protagonisti italiani (anche meno noti come l’ambasciatore a Vienna Roberto Ducci) e dai governi, anche quelli seguiti all’esecutivo Moro dopo il 1968: quello molto breve di Giovanni Leone con Giuseppe Medici agli Esteri (quasi ignorato finora) e il successivo di Mariano Rumor con Pietro Nenni ministro degli Esteri. Essi confermano il ruolo fondamentale ricoperto da Aldo Moro, presidente del Consiglio dal 1963 al 1968 e ministro degli Esteri dal 1969 al 1972, il quale fece ricorso a tutte le sue doti di abilissimo mediatore e negoziatore sia per portare i membri del governo italiano sulle sue posizioni (sono note le riserve che aveva sulla questione Amintore Fanfani) sia, soprattutto, nei confronti delle richieste degli austriaci e dei sudtirolesi i quali, oltre ai propri fini reconditi, avevano scarsa fiducia nella volontà italiana di rispettare gli accordi, considerata la fama di inaffidabilità e di 'furbizia' degli italiani. Moro riteneva che fosse in gioco l’avvenire democratico dell’Italia (d. 288) e che «si possono, anzi si devono fare sacrifici per lealtà verso i cittadini di lingua tedesca, il che in sostanza, non è che lungimiranza a favore dei destini del gruppo linguistico italiano» (d. 245).
La soluzione infine trovata fu quella auspicata dal politico pugliese già dopo il fallimento del progetto Saragat-Kreisky del dicembre 1965: maggiori concessioni ai sudtirolesi nelle 137 misure previste dal cosiddetto «Pacchetto», ma anche una garanzia internazionale di queste misure (che era quella proposta dagli italiani con il ricorso alla Corte internazionale di Giustizia in caso di controversie nell’applicazione delle norme previste) non tale da assegnare all’Italia maggiori obblighi di coinvolgere gli austriaci di quelli già derivati dagli accordi De Gasperi-Gruber; l’Austria avrebbe rilasciato all’ONU la definitiva dichiarazione di chiusura della controversia solo quando tutte le norme del «Pacchetto» fossero state effettivamente applicate.
Per chiunque voglia approfondire la soluzione della questione sudtirolese, i volumi qui recensiti rappresentano un’indispensabile integrazione ed anche un progresso per la parte italiana del negoziato, rispetto ai pur importanti volumi già pubblicati dallo storico tedesco dell’Università di Innsbruck Rolf Steininger il quale, oltre ad una maggioranza di documenti austriaci e sudtirolesi, aveva edito anche documenti italiani (Akten zur Südtirol-Politik 1959–1969, 7 voll. Innsbruck, Studienverlag, 2009-2013).
I 581 documenti pubblicati per un totale di oltre 1500 pagine permettono di ricostruire con precisione l’accidentato e complesso percorso delle trattative italo-austriache e le motivazioni e gli scopi della diplomazia italiana. Per la prima volta vengono pubblicati i 16 verbali da parte italiana dei segretissimi incontri avvenuti tra i rappresentanti dei ministri degli Esteri italiano e austriaco incaricati di preparare il terreno per la soluzione (a parte i primi due del 1964, così riservati che manca qualsiasi documentazione inerente ad essi). Viene quindi pienamente illustrato il ruolo dei due negoziatori italiani, vicini a Moro, lo storico e diplomatico Mario Toscano e il diplomatico Roberto Gaja, direttore generale dell’Ufficio Affari Politici del Ministero degli Esteri che giocarono un ruolo molto importante nelle trattative. Ad avere ascendente su Moro era in particolare Mario Toscano, capo del Servizio storico e di documentazione del Ministero degli Esteri nonché collega dello statista pugliese all’Università di Roma, che pur portando avanti con decisione il punto di vista italiano si guadagnò la stima e la fiducia degli austriaci. Anche di fronte al culmine degli attentati, rappresentato dalla morte, il 25 giugno 1967, di quattro militari italiani a Cima Vallona (Porzescharte in tedesco), il governo di Roma confermò la sua volontà di non rinunciare alle misure per venire incontro alla popolazione sudtirolese e interruppe momentaneamente, ma non troncò, le trattative con l’Austria, facendo però pressioni su di essa perché finalmente agisse con decisione contro il terrorismo che trovava rifugio, appoggi e perfino guida in Austria. Gli italiani posero infatti il veto alla richiesta austriaca di associazione alla CEE finché Vienna non avesse condannato con decisione il terrorismo e preso misure efficaci per prevenirlo.
Si conferma che la Germania non era la protagonista della questione, nonostante aiuti finanziari ai sudtirolesi e l’appoggio alla loro causa da parte della maggioranza dell’opinione pubblica tedesca, e perfino simpatie verso gli attentatori di alcuni gruppi come i rappresentanti degli espulsi dai Sudeti. Per l’ambasciatore italiano Mario Luciolli, Bonn intendeva evitare il formarsi di nubi sull’orizzonte dei rapporti italo-tedeschi anche per un sincero convincimento di fare ciò nell’interesse della Germania, e travisava il problema chi in Italia affermava «che il drago contro cui combattiamo ha la testa in Germania e la coda in Austria, anziché viceversa» (d. 241).
Importante, anche se non del tutto inedita, la pubblicazione di 15 verbali del Comitato dei ministri per l’Alto Adige, riunioni dedicate alla sola questione sudtirolese, distinte dal Consiglio dei ministri, alle quali partecipavano tutti i ministri i cui dicasteri avevano competenze sulla questione, nonché i principali diplomatici ed esperti della questione.
In conclusione, si tratta di un’opera che rientra nella tradizione della serie de I Documenti Diplomatici Italiani, il cui valore scientifico è sempre stato particolarmente apprezzato dalla storiografia internazionale.