III, 2020/2

Liviana Gazzetta

Orizzonti nuovi

Review by: Alice Graziadei

Authors: Liviana Gazzetta
Title: Orizzonti nuovi. Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925)
Place: Roma
Publisher: Viella
Year: 2018
ISBN: 9788867289776
URL: link to the title

Reviewer Alice Graziadei - Università di Bologna

Citation
A. Graziadei, review of Liviana Gazzetta, Orizzonti nuovi. Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925), Roma, Viella, 2018, in: ARO, III, 2020, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2020/2/orizzonti-nuovi-alice-graziadei/

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Orizzonti nuovi di Liviana Gazzetta si pone l’ambizioso obiettivo di sintetizzare la storia del movimento delle donne in Italia tra Ottocento e Novecento. Parte della collana «Storia delle donne e di genere» della casa editrice Viella in collaborazione con la Società italiana delle storiche, il saggio dà conto del variegato e composito panorama di associazioni che presero parte ai movimenti femminili italiani dai primi decenni postunitari, attraverso l’Italia liberale e la Grande Guerra fino all’avvento del fascismo. L’analisi si dipana in una cornice temporale delimitata da due spartiacque precisi: la fondazione del periodico «La voce delle donne» nel 1865 a Parma e l’approvazione della legge sul voto amministrativo femminile nel 1925. Il volume tenta di colmare un vuoto nella storiografia italiana attingendo a fonti nuove e di varia natura, instaurando un dialogo anche con la storiografia internazionale.

Discostandosi dalla storiografia classica che descrive le esperienze di fine Ottocento come emancipazionismo, Gazzetta colloca questo primo periodo in una più ampia trattazione del femminismo italiano Otto-Novecentesco, includendo quindi nella sua lettura non solo le espressioni più radicali del movimento ma anche le sue manifestazioni più moderate. Analizzando un ampio ventaglio di voci che vanno dal femminismo moderato alla tradizione democratico-radicale, Gazzetta suggerisce di ripensare le attività teoriche e pratiche dei movimenti femminili per includere, sotto il termine «femminismo», anche tutte quelle iniziative sorte per «affermare una più piena cittadinanza e livelli superiori di autonomia femminile rispetto alla società del tempo» (p. 8).

«È la partecipazione al processo di unificazione nazionale che fa affacciare le donne alla scena politica nazionale», scrive Gazzetta. Di fatto, le protagoniste delle battaglie per l’emancipazione femminile e per l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini sono soprattutto le donne di posizioni repubblicane e mazziniane. La prima sezione del libro propone una serie di ritratti di queste figure del movimento, tra le quali spiccano Anna Maria Mozzoni e Gualberta Alaide Beccari. Attorno a quest’ultima si affiancarono in molte per lavorare come collaboratrici della rivista «La donna», fondata da Beccari nel 1868, fondamentale filo rosso di questa prima ricostruzione. L’analisi di Gazzetta delle tematiche al centro del primo femminismo si basa infatti principalmente sugli articoli scritti per questa rivista. All’avanguardia del movimento per circa un ventennio, «La donna» diventa quindi una finestra attraverso cui l’autrice ne analizza l’evoluzione, uno specchio attraverso il quale leggere eventi epocali quali l’esperienza della Comune di Parigi, o battaglie politiche come la campagna contro la prostituzione di Stato.

Per la transizione tra i decenni post-unitari e la fin de siècle, l’autrice privilegia l’analisi della connessione tra maternità e cittadinanza, nodo primario della riflessione femminista. Se la cultura del materno è centrale in entrambi i periodi, nel corso dell’Ottocento – suggerisce Gazzetta – è rintracciabile soprattutto nelle istanze di riforma della famiglia, nell’impegno femminile nel campo civile e in quello etico-politico, mentre a cavallo tra Ottocento e Novecento il maternage diventa chiave interpretativa della natura stessa del femminile (p. 92). Per contestualizzare questo passaggio e le nuove forze in gioco nella società italiana Gazzetta utilizza l’immagine della pedagogista Maria Montessori, la cui riflessione ben sintetizza le posizioni delle protagoniste del movimento femminista in questo periodo. La tensione posta dal «positivismo chiaramente deterministico» e la nuova attenzione rivolta all’infanzia svantaggiata si traduce nell’impegno concreto di Montessori a favore, per citare alcune delle iniziative alle quali l’educatrice prese parte, della riforma delle carceri minorili, dell’educazione dei frenastenici e dell’affermarsi della cultura dell’igiene (p. 88). La pedagogista, tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia, può servire anche come esempio di quella che Gazzetta definisce come la «peculiarità italiana», ovvero il progressivo accesso delle donne all’istruzione (ma non, ancora, alle professioni).

Il periodo del cosiddetto «femminismo pratico», oggetto di una maggiore attenzione storiografica, è anche quello che viene maggiormente esaminato da Gazzetta. Se nella prima sezione una lettura del conflitto di classe all’interno del movimento è infatti trascurata, l’autrice vaglia questo aspetto nella seconda parte del volume grazie a un uso approfondito di diverse fonti e alla sua chiara dimestichezza con la letteratura secondaria italiana. Confrontandosi con il riformismo giolittiano, il femminismo d’inizio secolo si concretizzò in nuovi servizi d’assistenza e in tentativi di riforma delle istituzioni, spesso sotto forma di associazioni che avevano come obiettivo principale quello di ampliare la base della cittadinanza. In questo contesto – suggerisce Gazzetta – quelle che prima erano per lo più realtà locali, sia cittadine sia regionali, si ampliarono fino a raggiungere una dimensione nazionale. In particolare, il Consiglio nazionale delle donne italiane (Cndi), l’Unione femminile nazionale (Ufn), l’Associazione nazionale per la donna presero campo portando avanti, spesso attraverso collaborazioni trasversali, importanti battaglie quali la tutela delle lavoratrici e la valorizzazione dell’artigianato locale fin alla formazione di comitati pro-voto.

Gazzetta propone inoltre un’analisi ben documentata degli sforzi per la mobilitazione anticoloniale e pacifista dell’ultimo decennio dell’Ottocento da parte di varie leghe femminili, che, forti della tradizione dell’emancipazionismo democratico-radicale, manifestarono per il ritiro immediato delle truppe dall’avventura coloniale crispina. Partendo da testi come Sotto altri cieli di Catia Papa, Gazzetta offre una lettura attenta delle manifestazioni antimperialistiche guidate da femministe come Virginia Nathan e Giacinta Martini Marescotti. Tale analisi le permette di rintracciare una forte peculiarità del femminismo italiano, vale a dire le radici nella costituzione dello Stato nazionale, che al movimento aveva dato una sorta di «imprinting emotivo di base», un elemento fondativo (p. 174). Se, perciò, nei decenni post-unitari un afflato democratico, umanitario e anticoloniale spinse le varie organizzazioni femminili a manifestare contro l’impresa coloniale, la guerra di Libia prima e il movimento irredentista poi favorirono «la nascita di un nazionalismo femminile di matrice politica» che spostò l’asse della riflessione di molte organizzazioni e associazioni «su temi sempre più identitari e proiettati su uno scenario internazionale, spesso filogovernativi» (pp. 176-177). Gazzetta individua dunque nei primi anni della seconda decade del Novecento un cambiamento radicale all’interno del movimento femminile determinato da innumerevoli fattori tra i quali l'intervento in Libia e l’avviarsi del movimento irredentista menzionati in precedenza, ma anche la scissione sull’insegnamento della religione al primo Congresso femminile del 1908 e le diverse posizioni nei confronti dell’entrata in guerra.

Orizzonti nuovi fornisce una panoramica della realtà composita del primo femminismo italiano, un universo di orientamenti e correnti spesso divergenti tra loro che lottarono per l’affermazione dei diritti civili e politici delle donne. Il testo si avvale di alcune analisi comparate; tra le più citate vi è Globalizing feminisms, 1789-1945 di Karen Offen per i decenni post-unitari, anche se una maggiore inclusione di opere simili avrebbe notevolmente arricchito il volume specialmente per l’età giolittiana, rispetto alla quale testi come Atlantic Crossings di Daniel T. Rogers o The Transatlantic Kindergarten di Ann Taylor Allen, per citarne solo alcuni, hanno ormai dimostrato i limiti di un’analisi dell’attivismo femminile entro i confini dello stato-nazione. Ciò nonostante, l’opera di Gazzetta offre un’importante riflessione che non mancherà di arricchire il dibattito sui diritti delle donne, in un’epoca, come è la nostra, nella quale le differenze di genere informano profondamente il sociale e il politico.

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